MILANO – Anno nuovo, stessa trama, ma per fortuna solo a metà. Anche a gennaio è stato il meteo brasiliano a infliggere i mali di pancia peggiori agli operatori del settore.
Come osserva il report mensile Ico – diffuso nel pomeriggio di ieri – l’andamento del tempo nelle aree caffearie del massimo produttore mondiale si conferma il principale driver dei prezzi.
Partito da un minimo di 140,57 cents per libbra il 2 gennaio, l’indicatore giornaliero ha raggiunto, a metà mese (14 gennaio), un massimo di 155,40 cents, a seguito della siccità in Brasile.
Per un attimo si è temuto di dover rivivere l’escalation dei prezzi già sperimentata lo scorso anno. Poi il migliorare della situazione, con il ritorno delle piogge, ha contribuito a sgonfiare la bolla e l’indicatore è sceso, a fine mese, a 143,43 cents, per risalire parzialmente in questo primo scorcio di febbraio.
Cessato l’allarme, la situazione rimane comunque sotto osservazione. I livelli delle precipitazioni – nota il report – rimangono al di sotto delle medie e questo in una fase decisiva per lo sviluppo del raccolto 2015/16.
Ricordiamo che il Brasile si trova a fare i conti attualmente con la più grave crisi idrica degli ultimi 80 anni, che sta avendo gravi ripercussioni – oltre che sull’agricoltura – anche sulla produzione energetica, l’industria e commerci. L’acqua è razionata tre ore al giorno persino a San Paolo, la capitale economica e finanziaria del paese.
Il clima ha contribuito al diffondersi della scolite del caffè, che ha raggiunto livelli di infestazione tali da determinare la proclamazione dello stato di emergenza fitosanitaria negli stati di San Paolo ed Espírito Santo.
Tornando all’andamento dei prezzi, la media mensile dell’indicatore composto segna un ulteriore calo dell’1,6% e scende ai minimi degli ultimi 11 mesi. Più marcate le flessioni degli arabica, con colombiani dolci, altri dolci e brasiliani naturali in calo, rispettivamente, del 2,6%, 1,9% e 1,8.
Marginale il calo dei robusta, che arretrano dello 0,4% mantenendosi comunque al di sopra della soglia dei 98 cents. New York e Londra (media della seconda e terza scadenza) perdono rispettivamente il 2,6% e lo 0,6%.
L’andamento sopra descritto si riflette nella volatilità, che torna a essere elevata (8,8%), con coefficienti in doppia cifra per altri dolci, brasiliani naturali e Ice.
La stima sulla produzione mondiale è lievemente ritoccata al rialzo rispetto al report del mese scorso (+200 mila sacchi) a 141,62 milioni di sacchi, in calo del 3,6% rispetto al 2014/15.
I dati disaggregati evidenziano un incremento dei raccolti in Africa (+4,7%) e Messico & America centrale (+2,9%), a fronte dei cali previsti in Asia & Oceania (-4,3%) e sud America (-6,8%).
L’evoluzione dell’entità delle scorte certificate ricalca i trend recenti, con gli stock Ice ancora in calo a 2,55 milioni di sacchi e quelli del Liffe in ulteriore risalita a 2,35 milioni di sacchi: quasi 9 volte tanto rispetto ai minimi della primavera 2014.
L’export mondiale di caffè in tutte le forme ha raggiunto, nell’anno solare 2014, un totale di 111,7 milioni di sacchi.
Nel report si sostiene che tale valore è il massimo mai registrato nella storia. Ma detta affermazione contrasta con le statistiche riportate sul sito Ico, dalle quali risulta che le esportazioni mondiali sarebbero state, nell’anno solare 2012, di 113,157 milioni di sacchi.
Per i dati disaggregati sull’export 2014, vi rimandiamo all’analisi pubblicata da Comunicaffè a inizio mese. Il report completo (file pdf) è scaricabile a questo link.