MILANO – In un mondo ancora alle prese con la pandemia, l’Ico guarda sin d’ora agli scenari post-Covid e post-Brexit. L’evento online di giovedì 28 gennaio ha celebrato il rientro a tempo di record del Regno Unito nell’Organizzazione: lo strumento di ratifica è stato presentato il 31 dicembre. Ed è stato l’occasione per presentare a centinaia di addetti ai lavori, connessi via Zoom, il nuovo report di sviluppo (Cdr2020). A fare gli onori casa, il presidente del Consiglio internazionale del caffè, l’irlandese John Muldowney.
E il direttore esecutivo dell’Ico José Sette, che non è voluto mancare all’evento, pur essendo convalescente dal Covid.
Victoria Prentis – sottosegretaria di stato all’agricoltura, la pesca e l’agroalimentare – ha ribadito il rinnovato impegno del Regno Unito, nella sua nuova veste di paese membro importatore.
“Continueremo a operare con gli altri paesi membri a favore del settore globale del caffè e della sua sostenibilità” ha dichiarato Prentis nell’indirizzo di apertura.
Un comparto che vale 11 miliardi di sterline
Parlando a nome del settore privato, il direttore esecutivo della British Coffee Association, Paul Rooke, ha ribadito l’importanza economica del comparto del caffè di oltremanica, che dà lavoro a 150 mila persone. E che generava un fatturato di 11 miliardi di sterline all’anno (12,4 miliardi di euro), prima del Covid.
Il Regno Unito è il primo mercato europeo per le caffetterie a marchio. Secondo una recentissima stima della Bca, i sudditi di sua maestà britannica bevono, ogni anno, 37 miliardi di tazze di caffè.
Sette ha ripercorso a grandi linee le tappe della storia dell’Ico legate a doppio filo alla capitale britannica, sede dell’Organizzazione sin dalla sua nascita.
Migliora la situazione in Honduras e Nicaragua
In un breve intervento di benvenuto, l’ambasciatore dell’Honduras a Londra Ivan Romero-Martinez ha fatto il punto sullo stato del settore del caffè nel suo paese, il più colpito dagli uragani Eta e Iota.
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