Racchiudere settant’anni di storia in una torta è impresa un po’ ardua. Ci è riuscito il giovane pasticciere di Foligno Andrea Restuccia, 23 anni, che con la sua creazione, Perla Nera, si è aggiudicato il concorso, presieduto da Ernst Knam, con il quale Icam, la storica azienda cioccolatiera italiana nata a Lecco nel 1946, ha festeggiato all’Eurochocolate di Perugia il suo 70° anniversario di attività.
Restuccia con la sua torta ha voluto rendere omaggio a Carolina Vanini pioniera, insieme al marito Silvio Agostoni, di un’avventura che oggi è un’eccellenza italiana con un fatturato, in crescita, di quasi 140 milioni di euro, e la leadership nella produzione di cioccolato biologico e nei progetti di sostenibilità.
Nel nuovo stabilimento di Orsenigo, in provincia di Como, aperto nel 2010, vengono lavorate ogni anno 20 mila tonnellate di cacao, destinate a coprire ogni segmento del mercato, dai semilavorati al prodotto finito.
E qui occorre fare un passo indietro. È il 1946, l’Italia è agli albori della Repubblica. La guerra è appena finita, c’è un fermento nuovo, la voglia di ripartire. Viene brevettata la Vespa, il 5 maggio nasce la schedina del Totocalcio (una colonna da indovinare a 30 lire) e il sarto francese Louis Reard presenta alla piscina Molitor di Parigi un nuovo costume da bagno, destinato a cambiare radicalmente, e per sempre, la moda estiva femminile: il bikini.
A Morbegno, in Valtellina, Silvio Agostoni, insieme alla moglie Carolina Vanini, rileva un piccolo laboratorio di dolci e impastando farina di castagne si fa un nome con la Torta Montanina e la sua piccola Icam (Industria Cioccolato e Affini Morbegno). Quando Silvio non c’è più, ad affiancare l’audace Carolina arrivano i suoi due fratelli, Giancarlo e Urbano, sopravvissuti alla campagna di Russia (e Giancarlo anche alla detenzione in un campo di concentramento in Germania).
«Adesso siamo alla terza generazione», racconta Giovanni Agostoni, direttore commerciale di Icam, uno dei nipoti del Fondatore, «abbiamo detto no a offerte di investitori cinesi perché crediamo che l’azienda, che è nata in famiglia, debba restare all’interno della famiglia anche se il management è misto. Dal 2010 dei quasi trenta nipoti Agostoni solo quattro sono entrati in azienda con ruoli peraltro molto diversi».
Un modello virtuoso (e in controtendenza) nell’Italia dove il familismo amorale porta alla disgregazione e alla chiusura moltissime aziende nate in epoche lontane dal sacrificio e della genialità dei loro fondatori.
Icam, dopo 70 anni, è saldamente nelle mani della famiglia Agostoni, anche se, precisa Giovanni, «abbiamo ricevuto diverse offerte da investitori esteri». E mette in pratica un modello di business dal volto umano che coniuga l’alta qualità, indispensabile per competere sul mercato, e la sostenibilità.
«Ci appassionava l’idea di entrare direttamente in contatto con chi coltiva e produce il cacao», racconta Agostoni, «e quindi abbiamo iniziato ad occuparci di tutta la filiera del cacao, dalla coltivazione alla trasformazione fino alla lavorazione finale».
Da questa filosofia, nata negli anni Settanta (e ben prima che l’equo solidale diventasse di moda) grazie all’intuizione di Angelo Agostoni, primogenito di Silvio e oggi presidente dell’azienda, sono nate preziose alleanze tra Icam e i coltivatori di cacao.
In Perù la collaborazione con le cooperative locali, come con la Acopagro cui aderiscono oltre duemila campesinos, ha portato, grazie anche al supporto governativo, a una massiccia riconversione dalle piantagioni di coca a quelle di cacao; quella con la cooperativa Aprocam, nel distretto di Bagua, nella regione di Amazonas, dove esiste una qualità di cacao eccellente che discende da varietà coltivate già 5 mila anni fa dalla cultura Mayo-Chincipe, ha valorizzato il cacao locale.
Nel 1989 nella Repubblica Dominicana Angelo stringe un’allenaza con la Conacado, una cooperativa che produce cacao di bassa qualità. Oggi quel caco è riconosciuto dall’Authority del settore fra le migliori qualità al mondo, la Conacado è il maggior produttore mondiale di cacao biologico e la Icam è leader di mercato in questo settore.
Nel 2010 Icam arriva in Uganda, a Bundibugyo per la precisione (FOTO in alto), dove il cacao era coltivato male, fermentato ancora peggio (in casa o sui tetti esposto a pioggia e insetti) e pagato di conseguenza, cioè pochissimo, dai compratori che cercavano di abbassare il prezzo il più possibile. Le coltivazioni erano divise in miriadi di piccoli appezzamenti. L’arrivo di Icam cambia la vita a migliaia di contadini.
Sorge un centro di qualità per la raccolta, la fermentazione e l’essiccazione di un cacao sostenibile e sempre più amato dal mercato internazionale. A dirigere i lavoratori c’è un giovane italiano, Fabio Giomo, arrivato in Africa dal Veneto come cooperante che alla fine sposa un’ugandese e inizia ad imparare tutto sul cacao. Icam-Uganda è nata così. Oggi coinvolge 3.800 contadini.
«L’idea è semplice», dice Giovanni Agostoni, «andiamo a comprare il cacao direttamente dal produttore saltando il trader perché ci interessa la qualità e i contadini guadagnano di più vendendolo direttamente a noi. E poi i coltivatori hanno la sicurezza di avere un acquirente fisso che ogni anno compra il loro prodotto». Il modello di Icam, insomma, è un esempio virtuoso di impresa sociale che si basa su una gestione “etica” dei rapporti stipulati con i coltivatori, che restano proprietari e responsabili delle loro terre.
A Perugia si è festeggiato anche questo.
Antonio Sanfra