BERGAMO – Volevano boicottarlo, ma gli hanno solo fatto pubblicità. In una mattina venti persone hanno contattato la pagina Facebook del bar «Colazione da Tiffany» di Bergamo e hanno chiesto l’amicizia. In un’altra decina si sono fermate al bar di via San Bernardino a fare i complimenti al titolare per l’arredamento del locale, ispirato più a Benito Mussolini che ad Audrey Hepburn.
Ritratti e figurine del Duce, motti che si immaginano proclamati dal voce stentorea dall’apposito balcone, bandiere della Repubblica Sociale e della X Mas, fasci littori sparsi qua e là: ce n’è abbastanza per fare inorridire chi ha del Ventennio un’idea meno idilliaca del titolare Vinicio Morzenti.
Come alcuni clienti che dopo esserci entrati per caso ne sono usciti indignati (e qualcuno ha scritto anche al nostro giornale).
O gli anonimi che hanno inondato le cassette della posta del quartiere di inviti a reagire alla glorificazione del fascismo messa in scena dal locale, diventato luogo di ritrovo dei militanti di Casa Pound.
«Ma la gente è dalla mia parte, io non sono contro nessuno, a partire dagli immigrati – commenta Morzenti -. Lo si è visto anche dalle persone che sono venute a portarmi la loro solidarietà. A chi distribuisce questi volantini dico solo: fatevi avanti e parliamone insieme».
Non tutti sono così ben disposti. Martino Signori, vicepresidente provinciale dell’Associazione nazionale partigiani è stupefatto: «Non sapevo che a Bergamo potesse esistere un locale del genere. A casa sua uno può fare quello che vuole ma un locale pubblico deve rispettare la Costituzione e la legge, che sull’apologia del fascismo è molto chiara. Spero che la questura intervenga al più presto per far togliere i simboli fascisti».
Anche lo stesso questore Girolamo Fabiano è sorpreso: «Conosciamo il locale perché essendo aperto 24 ore al giorno le nostre pattuglie effettuano dei passaggi, ma non ne conoscevamo l’interno. Ora faremo le nostre verifiche».
Dubbioso l’assessore alla Sicurezza Sergio Gandi: «Le valutazioni sulla legalità o meno dell’esposizione di certi simboli le lascio alla questura. Certo non è il primo locale ad ostentare oggetti legati a quell’ideologia, che combatto, e quindi non mi stupisco. Ma posso dire che quello del titolare è un fascismo un po’ particolare, visto che il suo bar è uno dei più frequentati dagli immigrati della zona. Ed è anche quello del quartiere che dà meno problemi legati alla sicurezza».
Poco interessato al problema il capogruppo leghista Alberto Ribolla: «Ci sono anche i bar che espongono Che Guevara e nessuno dice niente. Nel proprio locale ognuno può fare quello che vuole, e se ne assume le responsabilità».
Intanto nel quartiere non sembra esserci molta voglia di boicottaggio. Di fronte alla questione la maggior parte di residenti e passanti alza le spalle. Ma c’è un simpatizzante: «Vivo alle Cinque vie ma vado apposta fino a quel bar perché sono d’accordo con ciò che esprime».
E c’è anche un negoziante che fa l’opposto: «Mi sono trovato davanti la faccia di Mussolini la prima volta che sono entrato. Adesso se devo bere un caffè preferisco fare un po’ di strada in più e andare da un’altra parte pur di non rivederlo».