MILANO – Un grande lutto nel mondo del caffè. Ci ha lasciato il Signor Gian Luigi Nora, aveva 89 anni. La notizia ci ha raggiunto mentre eravamo nello stand di Ofi con Giorgio Grasso, Alessandro Mazzocco e Simone Pecora suo giovane aiutante nel laboratorio Arc. Eravamo molto legati a Nora, da quando Giorgio Talso ci invitò in azienda più di 20 anni fà.
Avevamo subito messo nel titolo “grande esperto di caffè”. Ma lo abbiamo altrettanto immediatamente tolto quel “grande”. Perché tanti anni fa Nora si arrabbiò molto, e non ce la mando a dire, quando titolammo con l’aggettivo che non gli piaceva. Nora era così: sempre diretto, sempre netto: come solo lui poteva esserlo in una materia che padroneggiava come pochi. Così Nora era molto noto a tantissimi addetti ai lavori per le sue qualità umane e professionali.
Gian Luigi Nora è stato per anni una presenza fissa per Comunicaffè e per noi una guida. Non soltanto i suoi interventi ma, in particolare, i consigli. Sottili, puntuali, facili da capire e assimilare: quelli che soltanto un maestro può dare. Grazie a Nora, che abbiamo sentito ancora pochi mesi fa, abbiamo evitato, non avete letto tanti errori. Con Nora si doveva crescere in fretta, altrimenti era inflessibile. Un aiuto decisivo, per noi e per i lettori. Che in gran numero apprezzarono sempre la pubblicazione a puntate dei libri di Nora sul caffè.
Dalla redazione le sentite condoglianze alla famiglia tutta.
Grazie Signor Gian Luigi Nora, che la terra le sia lieve.
Per ricordare Nora, che frequentò queste colonne sia come lettore sia come nostro collaboratore e autore di tanti articoli e interventi in dibattiti, pubblichiamo due dei suoi numerosi interventi su Comunicaffè: il primo sul tema sempre di attualità dell’espresso italiano, il secondo sulla certificazione sempre dell’espresso italiano, per Nora impossibile. E poi un video, a tema caffè.
Autore di manuale di successo sul caffè, Nora aveva 89 anni essendo nato a Modena l’8 gennaio del 1934.
Ma chi era Gian Luigi Nora. Emigra giovanissimo con i genitori prima in Uruguay poi in Brasile dove, all’età di soli 15 anni inizia a lavorare nel settore caffeicolo, produzione e preparazione. A 18 anni è già alle dipendenze del maggio esportatore brasiliano dell’epoca: la Anderson & Clayton.
Nel 1959 Nora passa all’Istituto brasiliano del caffè, un ente governativo, che dopo poco tempo le invia in Italia dove, con il compito di assaggiatore e assistente alle pubbliche relazioni, contribuisce all’organizzazione degli uffici di Milano e dei depositi di caffè a Trieste.
Nel 1973 Nora si concede una breve pausa, di soli tre anni, dal mondo del caffè. In questo periodo viene assunto dal Banco do Brasil per collaborare all’apertura della sede di Milano della banca con l’incarico di responsabile dell’ufficio estero e segretario generale. Con questi due incarichi Nora matura importanti esperienze nel commercio internazionale e nella finanza.
Ma Nora non aveva scordato il suo primo amore, il caffè. Così, nel 1976, rientra nel suo mondo, come dirigente delle Aziende riunite caffè di Milano dove trasferisce la sua esperienza nei caffè brasiliani ed ha contemporaneamente modo di arricchire la sua cultura specifica con i caffè di numerose origini.
Ed è proprio in questi anni passati nel trade che Gian Luigi Nora diventa un personaggio molto noto nel settore. Questo perché i contatti con i Paesi produttori di tutto il mondo e contemporaneamente con i Paesi consumatori lo rendono un personaggio speciale nel comparto caffeicolo.
Ma Nora non si fermò al trade. Sì perché dopo alcuni anni comincia a dedicarsi al parte tecnica, supervisionando il reparto controllo qualità. Attività alla quale affiancò sempre la formazione dei più giovani, corsi e consulenze, sempre nell’ambito delle Aziende riunite caffè.
In questo periodo Gian Luigi Nora mise a disposizione tutta la sua scienza e la sua esperienza e la passione per la stesura di un prezioso manuale “Il caffè, classificazione, assaggio, tostatura” uscito sia in italiano sua in inglese in tre successive edizioni, sempre subito esaurite. Un lavoro meticoloso perché pubblicò meticolose classificazioni, le caratteristiche commerciali. Senza trascurare la documentazione fotografica dei differenti tipi di caffè di ogni origine.
Con l’articolo che trovate di seguito Gian Luigi Nora aveva presentato su Comunicaffè la pubblicazione di tutte le schede della terza edizione del suo libro, dopo che erano state pubblicate anche le precedenti.
“L’espresso italiano è soltanto il risultato. Ma l’esame deve iniziare dalla
materia prima”
di Gian Luigi Nora
Sul notiziario quotidiano trovo le più svariate notizie sul caffè, con le immancabili polemiche tra i vari personaggi che parlano quasi sempre dell’espresso italiano, dei vari concorsi e contest in giro per il mondo, con qualche rammarico perché che i vincitori sono sempre e soltanto baristi stranieri.
Comunque vada il caffè espresso italiano rimane sempre al centro del nostro universo anche perché è stato e continua ad essere il motore trainante nell’espansione dei consumi ed un simbolo dell’Italia nel mondo come la pizza e la Ferrari.
Per avere un buon espresso italiano bisogna tuttavia che l’intera filiera, dal seme alla tazzina, funzioni a perfezione. Visto che quasi tutti, dagli Istituti Internazionali per Assaggiatori, alle Università che hanno scoperto come sfruttare il filone caffè, oltre che operatori del settore i quali si occupano prevalentemente del prodotto finale e della formazione del barista, ho pensato che non guasterebbe trattare un poco anche della materia prima.
Così ho pensato di raccogliere e pubblicare su Comunicaffè una serie di cartelle riguardanti la classificazione merceologica dei principali caffè trattati nel mercato internazionale con dati tecnici ufficiali forniti dai paesi produttori e da conoscenze personali maturate nel corso di una lunga attività professionale di trader, classificatore ed assaggiatore di caffè iniziata molti anni or sono nelle piantagioni di caffè del Paranà.
Con questo non penso di dar fondo all’universo scibile sulle tante particolarità di questo prodotto, mi propongo soltanto di presentare una raccolta di dati che risulti di facile consultazione e possa essere d’aiuto a chi desideri approfondire le proprie conoscenze sul nostro amato caffè.
Gian Luigi Nora
“Ecco perché certificare una bevanda come l’espresso è impossibile” “Quello che si può fare è migliorare sempre la qualità”
Intervento al convegno del Sic del 22 ottobre 2007
di Gianluigi Nora
Se devo essere sincero la certificazione di una bevanda come l’espresso è impossibile da standardizzare.
Perché abbiamo chi fa l’espresso in Alto Adige chi a Canicattì, con caffè differenti, tostature diverse.
Per cui quale è l’espresso migliore, quello che deve essere giusto? Ci sono delle regole secondo le quali servono tanti secondi, millilitri, pressione e temperatura. Ma per certificare una cosa bisogna che si siano delle regole precise e occorre che ci siano delle sanzioni. Perché se vado in un bar e mi preparano un caffè fatto male al massimo posso darlo indietro e dire non mi piace, non torno più. E’ molto aleatorio.
Stesso discorso per il cappuccino. Ormai l’espresso è diventato anche sinonimo di prodotto italiano. È stato quello che negli ultimi 10 anni ha spinto i consumi mondiali, ha spinto interessi ed ha portato le esportazioni di caffè tostato italiano, macchinari e tante cose in giro per il mondo.
Per questo è sicuramente un prodotto che può essere considerato italiano, ma non essendo
l’Italia produttrice di caffè diciamo che abbiamo avuto la bravura di avere questa immagine nel mondo e di svilupparla.
Però non possiamo esigere dagli altri che vogliono fare l’espresso che sia uguale a quello che facciamo in Italia. Ho dei cinesi che vengono da me e mi chiedono una miscela per l’espresso. La preparo ma loro aggiungono mezzo litro di latte e il cappuccino non è più come il nostro.
Dare delle regole?
E poi che ne facciamo. Sia chi vende il crudo sia i torrefattori sia chi si occupa di macchinari hanno un loro primario interesse commerciale. Non siamo qui per cantare l’inno nazionale a proposito dell’espresso italiano, dobbiamo fare le cose bene.
Quello che si può fare è migliorare sempre le nostre qualità, comprare sempre buoni caffè, comprare buoni macchinari e fare formazione nei giovani, insegnare a conoscere il caffè, a saperli miscelare, tostare – che è un aspetto fondamentale -.
L’espresso e il cappuccino italiano andranno avanti da soli perché è impossibile regolarizzarli.
Chi poi si incarica di controllare? Diamo tutto in mano allo Stato? Dio ce ne liberi. Non possiamo. Ricordo che in Italia abbiamo a 10 chilometri di distanza dialetti diversi. E vogliamo che tutti bevano lo stesso cappuccino.
E all’estero? Fanno l’espresso in Spagna: una tazza piena con una sottilissima crema bianca. Quello, per loro, è l’espresso. Tuttavia se comprano la macchina da bar in Italia
e una tostatrice italiana a noi va bene. Perché dobbiamo vendere il nostro sistema. Gli spagnoli non ci hanno mai imposto come fare la paella, basta la ricetta.
Trovo che qualsiasi sforzo che qualsiasi azienda o consorzio facciano per migliorare la formazione del personale e nella selezione del caffè sia lodevole. Ma stabilire standard che poi non verranno rispettati sia un po’ parlare al vento. Si devono fare passi concreti”.
Gian Luigi Nora interviene sull’articolo di Howard Shultz, ex presidente di Starbucks.
“Caffè scarso in Italia? Non so quali abbia assaggiato e dove”
“Che poi per il Robusta il caffè sia anche acido è una novità”
di Gian Luigi Nora
MILANO – Ho letto sul Comunicaffe International l’articolo titolato “Howard Schultz
Transformation Agenda Communication” nel quale il Presidente della Starbucks fa dei
commenti sugli espressi bevuti in un suo recente viaggio in Italia.
Mentre elogia l’abilità e la professionalità dei baristi, (questo mi fa anche molto piacere come Giudice certificato della Scae) lo stesso si lamenta della qualità delle bevande assaggiate per il fatto che, secondo lui, le miscele espresso italiane contengono anche caffè robusta.
Questo secondo lui avviene per aumentare i guadagni a scapito della qualità. I caffè assaggiati lasciano un forte, acido e in qualche modo aspro sapore ai bordi della lingua.
Tale sapore è sgradevole ed indesiderabile ed è stato trovato dal Signor Schultz prominente in quasi tutti i caffè assaggiati.
Non so quali caffè il Signor Shultz abbia assaggiato, che poi a causa del ROBUSTA il caffè sia anche acido questo mi suona nuovo.
Di solito il robusta, se non è lavato, può avere delle tonalità di legnoso e terroso e qualche
volta un fondo asprigno ma di acido non credo proprio.
Anche in Italia molti operatori presentano miscele 100% ARABICA, altri utilizzano alte
percentuali di Arabica tagliate con un poco di Robusta lavato (che oggi costa più di tanti
arabica) per poter avere corposità e crema molto richiesti nel nostro mercato, robusta che
hanno sapori tendenti al cioccolatoso.
Quanto al blending (miscelazione) e alla tostatura del caffè per espresso credo che ancora
l’Italia venga presa ad esempio nei mercati emergenti.
Non a caso sembrerebbe che lo stesso Signor Shultz abbia preso lo spunto, per creare il suo Starbucks, proprio dopo aver degustato un caffè a Milano.
Una volta feci osservare ad uno di loro che il loro caffè era bruciato e pertanto poco corposo e molto amaro.
La risposta fu “but in America we are not coffee drinkers, but milk drinkers”, “ma in America non siamo bevitori di caffè, ma bevitori di latte”.
Non a caso riceviamo da tutto il mondo richieste per training di personale per l’assaggio dei
caffè di origine (controllo qualità), per il blending destinato alla formulazione di miscele per
caffè espresso, per la tostatura differenziata per caffè filtro, alla turca e espresso, e alla
formazione di baristi e specialisti in caffetteria e LATTE ART.
Nonostante tutto, il caffè italiano è così cattivo che nel 2006 (ultimo dato statistico disponibile) abbiamo esportato, caffè (in tutte le forme) per Euro 553.573.419 con che ci siamo pagati ben il 75,88% del costo globale delle importazioni di caffè in Italia (in tutte le forme).
Il che non mi sembra poco.
Sempre nel 2006 del totale delle importazioni italiane di caffè soltanto il 33,43% è stata di
Robusta. Questo pure vuol dire che la qualità media del caffè italiano sta migliorando con il
Brasile naturale che ha raggiunto il 38,51% ed i Milds+Colombiani che hanno attinto il
28,06%.
Sicuramente si può migliorare ancora.
Buon lavoro a tutti
Gian Luigi Nora
Cliccando sul link sotto si entra in una pagina di Linkedin con un un video di Gian Luigi Nora dal titolo: “Una vita nel caffè”.