L’AQUILA – “Non trovavo un lavoro, non vedevo prospettive. Poi ho incontrato chi mi ha dato un’opportunità. Ora guadagno un buono stipendio e il mio sogno un giorno è quello di ricevere in premio una Ferrari”.
Vitha Group riunisce grazie alla speranza
Sono le parole, sincopate dalla commozione, di uno dei 4 mila giovani che gremiscono la mega-sala dell’Hotel Mariott di Roma. L’occasione è la convention di Vitha Group. Il colosso italiano della vendita diretta di cialde di caffè, prodotti per il benessere, per la casa e per la persona.
In esse si legge in filigrana un trattato sul lavoro
Esso cambia nell’era liquida e post-industriale, sui sogni e gli sforzi dei giovani in un Paese, l’Italia, ingessato dalle rendite di posizione; dalle disuguaglianze sempre più marcate, dall’inossidabile gerontocrazia diffusa.
E dove il tasso di occupazione, 57 per cento, è tra i più bassi d’Europa. Mentre i poveri superano oramai i 4,7 milioni.
Vitha Group, in controtendenza
Macina invece fatturati record, 90 milioni di euro, più 86 per cento nel 2017, con 280 sedi in Italia con oltre 2 mila persone impegnate. Alla conquista dei mercati esteri, dal Brasile, alla Spagna, all’Inghilterra, alla Romania.
Suo punto di forza una capillare rete di vendita diretta con sistema in franchising.
L’artefice è un imprenditore abbruzzese
Artefice di tutto ciò un imprenditore abruzzese, Marco Reato. Per anni ‘re’ delle vendite in Italia dell’aspirapolvere Kirby, dal nulla ha creato un impero in appena otto anni e ha portato nella sua L’Aquila in ricostruzione post-sisma il quartier generale dell’azienda.
Con uno stabilimento che ha appena iniziato a produrre le famose cialde di caffè, nel nucleo industriale di Monticchio, dando lavoro a 20 addetti, che di questi tempi valgono oro.
Per un profano, forse con la puzza sotto il naso, la convention di Roma può apparire come un’adunata di adepti invasati di una nuova religione laica, devota al denaro, alla competizione, al successo. E ovviamente alle cialde di caffè.
I commenti dei social
Ad alimentare il pregiudizio, poi, le tante chat su Internet in cui si legge, accanto a commenti positivi, altri che lanciano strali su queste forme di vendite piramidali, mutuate dagli Stati Uniti. Dove a farcela è solo una minoranza, i più bravi e fortunati, che riescono a scalare la piramide diventando rappresentanti top, che sono riusciti, qualcuno già del mestiere in poco tempo, a macinare fatturati, e crearsi un parco clienti nell’ordine delle migliaia.
C’è chi commenta, ancora, che “i rappresentanti di Vitha non ti dicono che è una vendita porta a porta, e ti vogliono solo estorcere contatti di amici e parenti a cui proporre i loro prodotti per poi scaricarti”, che “non vengono pagati i giorni di prova”, che “ottenere il fisso di 1.200 euro al mese più il 20 per cento di provvigione per ogni vendita che fai è un obiettivo irraggiungibile. Perché devi fare 60 visite a domicilio in un mese, e non tutte ti vengono riconosciute”. E infine, “ti promettono mari e monti, ma poi ti usano solo, e avanti un altro” .
Quattro chiacchiere con i venditori
Per capirci qualcosa di più, nel mondo reale, è utile chiacchierare in modo informale, durante la pausa sigaretta o caffè della convention, con più persone possibili, in particolare tra quelli che in Vitha sono alle prime armi.
Per chiedere direttamente a loro cosa pensano di quello che si dice sui social network, ovvero che Vitha non è affatto tutto l’oro che luccica.
Buona parte si mostra disponibile, e le risposte su come funzionino quel mondo e quel lavoro sono tutte più o meno dello stesso tenore.
“Certo, è vero: quello che ti chiedono è essere un buon venditore a domicilio, con tanti contatti, anche tra amici e parenti, e non vedo cosa ci sia di male. Se sei bravo fai carriera, diventi un vero e proprio imprenditore, altrimenti non è per te, pazienza, ti puoi trovare un altro lavoro – dice uno – Ma sai qual è la differenza? Che qui nessuno ti chiede di fare un investimento in denaro. Ti chiede solo di lavorare sodo e portare a casa risultati. Conosco amici che, invece, si sono rovinati perché, per aprire un’attività tutta loro, hanno chiesto i soldi alla banca, ma poi è finita male”.
Più opportunità dell’università
“Io ho una laurea, e sai cosa ti dico? Vitha mi sta dando molte più opportunità dell’università, dove vanno avanti solo i raccomandati, chi inciucia con i baroni e sono figli di tale padre – si accalora un altro. Qui non ci sono baroni, c’è chi sta sopra di te e guadagna anche con il tuo lavoro, come avviene ovunque, del resto. Ma se sei bravo, tu sarai un giorno sopra di lui, perché qui conta solo il risultato”.
Inizio difficile
Per un altro ancora “all’inizio è stata tosta, stavo per mollare. Poi un giro di clienti me lo sono creato, e ora intanto i famosi 1.200 euro al mese li porto a casa, e lavoro meno di quello che dovrei fare in un ristorante come cameriere”.
“Ma secondo te tutto quello che vedi qui dentro è una sceneggiata? Ma per chi ci hai preso? Pensi che siamo tutti attori? Qui dentro sappi che ci sono tante persone che ci hanno creduto, e ci hanno saputo fare, che vengono da posti dove un lavoro non lo trovi neanche con il lanternino. E ora guadagnano un sacco di soldi, hanno messo su famiglia. Partendo da zero, senza investire nemmeno un euro”.
“Chi critica è un fallito, vuole il posto fisso, non è competitivo”, è un mantra ricorrente.
“Tu fai il giornalista? Beh, anch’io scrivevo per un giornale online locale, gratis, ci mancherebbe, o per pochi spiccioli – svela un altro ancora – Con Vitha ho appena iniziato, male che va non ci rimetto quasi nulla e non ci trovo nulla di male nel fare, ebbene sì, il venditore porta a porta di caffè, materassi, e altri prodotti, che possono essere anche più costosi della media, ma ti assicuro di grande qualità. Ma dimmi tu: quanto lavori e quanto guadagni per fare il giornalista?”.
A impedire un’articolata e capziosa replica su quest’ultimo intervento, l’ovazione che accompagna sul palco il patron Reato in persona.
Parata di stelle
L’eclettico anchorman Francesco Facchinetti e la figlia del titolare, la show girl Alessia Reato, ex velina di Striscia la Notizia, chiamano uno a uno tutti coloro che hanno centrato obiettivi significativi nel 2017, in termini di vendite, fatturati, mercati conquistati, anche all’estero.
Sul palco anche l’attore Massimo Ciavarro e tante vecchie glorie del calcio. Come Giuseppe Giannini e Bruno Conti, indimenticabili fuoriclasse della Roma, il portierone della Juventus Stefano Tacconi, lo “zio” Beppe Bergomi, grande difensore dell’Inter. Tutti testimonial degli accordi sottoscritti da Vitha per sponsorizzare le macchinette del caffè con i colori e il logo di varie squadre di calcio della serie A.
Del resto, lo stretto rapporto con il calcio non è cosa nuova per l’imprenditore Reato che, anche quando era a capo della Kirby Italia, ha sottoscritto contratti di sponsorizzazione. Per esempio con l’ex interista Ronando. Inoltre, il figlio Fabio Reato vanta un passato nelle giovanili del Milan.
Premi a gogò
Marco Reato distribuisce premi a gogò, dalle penne Montblanc agli orologi Rolex, passando per vacanze da sogno, per arrivare ad assegni in denaro fino a 200 mila euro. E a Ferrari fiammanti, chiavi in mano, a beneficio dei rappresentanti top, le figure in cima alla piramide. Campioni delle vendite, che hanno aperto a loro volta concessionarie controllate dalle loro, in Italia e anche all’estero.
“Sei fai le stesse cose, ottieni gli stessi risultati” dice sul palco, volendo intendere che se ottieni un successo devi proseguire lungo la stessa strada. Ma anche che se insisti a percorrere la strada sbagliata, continuerai a non andare da nessuna parte.
Ai cronisti che lo intervistano, fa notare poi che “in Italia e anche nella mia città, L’Aquila, c’è bisogno di ottimismo: bisognerebbe lamentarsi di meno e rimboccarsi piuttosto le maniche”. E che “uno dei nostri motivi di orgoglio è vedere i nostri ragazzi, che sono riusciti ad affermarsi in Vitha, aiutare ora i loro padri. Magari disoccupati e in difficoltà”.
È quello il momento clou, e il gran finale della convention
Man mano il popolo di Vitha, dopo saluti e abbracci, tra quella che sembra davvero essere una grande famiglia, raggiunge gli autobus nel piazzale, per tornare a casa, in ogni parte d’Italia. Tre ragazze siciliane si ‘sparano’ un selfie davanti alla Ferrari. “Un giorno sarà nostra!”, urlano in coro entusiaste.
Filippo Tronca