MILANO – Creare una pianta di caffè priva di caffeina, che offra un caffè commercialmente accettabile: da decenni il sogno di molti agronomi e genetisti. Il paese in cui la sperimentazione in questo campo è al suo stadio più avanzato è il Brasile, dove gli specialisti dell’illustre Istituto agronomico di Campinas (Iac), nello stato di San Paolo, sostengono di essere giunti alle fasi decisive di un lungo percorso di ricerca, che dura da decenni.
L’Iac ha sviluppato molte delle varietà di caffè selezionate ad alto rendimento che hanno consentito all’industria brasiliana di raggiungere eccezionali livelli di qualità e produttività.
La sperimentazione è iniziata nei primi anni duemila, a partire da una rara varietà di arabica, quasi completamente priva di caffeina, proveniente dall’Etiopia.
Tuttavia, i primi tentativi di ottenere una pianta di caffè “deca” risalgono agli anni novanta.
Attraverso l’ingegneria genetica, degli scienziati americani cercarono di inibire le reazioni chimiche che trasformano la teobromina in caffeina. Ma il progetto, inizialmente promettente, non sortì, alla fine, alcun risultato concreto.
La biosintesi della caffeina è stato oggetto di studi dell’Iac già negli anni ottanta. All’alba del nuovo millennio, l’attenzione dei ricercatori paulisti si è concentrata su un gruppo di piante selvatiche di arabica, di cui erano stati raccolti dei campioni durante una spedizione scientifica avvenuta, molto tempo prima, in Etiopia ed Eritrea.
Il team diretto dal professor Paulo Mazzafera giunse così, nel 2004, alla scoperta di tre piante – denominate AC1, AC2 e AC3 – prive dell’enzima che sintetizza la caffeina.
Partiva così il lungo percorso di sperimentazione dei ricercatori brasiliani.
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