Gli storici locali meneghini dove si entrava solo per un caffè, ora sono diventati mete d’elezione per aperitivi, pranzi e cene. È il caso della Pasticceria Marchesi 1824 (rigorosamente nella sede di Santa Maria alla Porta), acquistata e ristrutturata nel 2014 dal Gruppo Prada, che funse da apripista; a seguire il Camparino in Galleria, datato 1919, che nel 2019 ha subito un intervento di restyling firmato dall’architetto Pietro Lissoni. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Marianna Tognini per Rolling Stone.
La riscoperta dei locali storici di Milano
MILANO – Abbiamo visto cose, noi residenti a Milano da quasi venticinque anni – il che spesso c’illude d’esserci persino nati – che voialtri, giovani espatriati da province siciliane, venete, emiliane, liguri o campane, non potreste immaginarvi.
Il va/non va dei locali meneghini segue un andamento diametralmente opposto e drammaticamente veloce rispetto a quello delle altre città: non si tratta d’un banale “andare di moda”, non c’entra tanto il fatto che “ci sia della gente”, quanto che ci sia un determinato tipo di gente – la cui età è in genere un fattore secondario – e che quel determinato tipo di gente animi quel determinato tipo di posto, bello (di rado) o brutto (il più delle volte) che sia.
È difficile spiegare a un non-milanese perché lì sì e là no, perché prima lì era ok e adesso non lo è più, perché se t’invitano a far serata là, be’, lasciatelo dire, è meglio se stai a casa. Gli americani hanno una parola giustissima per descrivere questo perenne movimento, scene, che tradotto in italiano – scena – oltre a fare un po’ schifo non rende perfettamente il concetto.
La scene della Milano che non si mischia con i bocconiani fuori sede, con i morti di figa, con le rifattone che traballano sulle Louboutin, con ciò che resta degli hipster, con i fashion victim e più in generale con i whatever-victim, dopo aver sguazzato per un paio d’anni nella pozza del cosiddetto “posto sincero” – tradotto: il bar/trattoria/osteria solitamente squallido dove mangiare pesante e bere il vino della casa che sa di aceto – oggi ha (ri)scoperto un qualcosa che esiste da sempre e che ha eletto a portabandiera del nuovo cool: il bar degli sciuri.
O forse è meglio dire l’ex bar degli sciuri, così come forse è meglio dire nuovo chic: il locale storico, un po’ polveroso e fané, dove al massimo vai per bere un caffè ma sia mai per l’aperitivo o per cena, dove le sciure sono impellicciate pure in primavera inoltrata e spiegano che vorrebbero tanto il cannoncino alla crema, ma poi il colesterolo chi lo sente.
In principio fu la Pasticceria Marchesi 1824 (rigorosamente nella sede di Santa Maria alla Porta), acquistata e “svecchiata” nel 2014 dal Gruppo Prada, che funse da apripista; a seguire il Camparino in Galleria, datato 1919, che nel 2019 ha subito un intervento di restyling “silenzioso” firmato dall’architetto Pietro Lissoni. Poi, la Pasticceria Cucchi in corso Genova, fondata nel 1936, che per il Natale 2022 ha realizzato una limited-edition con il brand MSGM di Massimo Giorgetti – a sua volta cliente affezionato – composta da panettone, abbigliamento e accessori con i loghi combinati delle due realtà, da cui è nato il gioco di parole “Cucchi, amo”.
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