MILANO — Howard Schultz torna a parlare e far parlare di sé, dopo mesi di silenzio. L’uomo che ha trasformato una piccola torrefazione di Seattle nella più grande catena di caffetterie del mondo non preso molto bene i risultati dell’ultima trimestrale, invero piuttosto deludenti. Tra gennaio e marzo, le vendite a parità di perimetro sono diminuite, su scala globale, del 2%, del 3% negli Usa, dove l’anno scorso erano cresciute, nello stesso trimestre, del 12%.
In Cina – secondo mercato di Starbucks dopo gli Usa – la flessione è stata addirittura dell’11%.
Si tratta del primo calo di fatturato dal 2020, allora in piena epoca Covid.
Contestualmente, Starbucks ha anche rivisto al ribasso la guidance per l’esercizio in corso, su fatturato e utili. Dall’inizio dell’anno, il titolo ha perso più del 20% in borsa.
Abbastanza per indurre Schultz a pubblicare domenica su LinkedIn un post fortemente critico, nel quale ha espresso i suoi mali di pancia sull’operato degli attuali vertici di Starbucks sottolineando di avere ancora a cuore le sorti dell’azienda, pur non facendo più parte del suo management.
Schultz ha ceduto lo scettro di ceo di Starbucks al manager di origine indiana Laxman Narasimhan, nella primavera del 2023
Lo scorso autunno è uscito anche dal board assumendo la carica di presidente emerito. Rimane tuttora però uno dei massimi azionisti della società.
“Ho insistito sul fatto che i correttivi vanno apportati innanzitutto in casa” sostiene Schultz.
Contenuto riservato agli abbonati.
Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.