MILANO – HostMilano si è conclusa registrando un successo che fa ben sperare nella ripartenza in termini di visitatori e ospiti che hanno animato Rho Fiera. E’ stata un’edizione significativa per diversi motivi, a fronte di un ritorno in presenza dopo un lungo periodo di eventi online a causa della pandemia. Fare business guardandosi negli occhi, seppur sotto una mascherina, è tornato possibile e questo lo si è sperimentato proprio al salone internazionale dell’horeca. A tal proposito, riceviamo da Antonio Schiavon, esperto del settore caffè, un commento sull’edizione di Host che si è chiusa da poco.
di Antonio Schiavon
Considerazioni dai corridoi di Host: informazione e formazione
Per la prima volta dopo decenni ho visitato la fiera Host senza dover presidiare uno spazio, lo stand e senza l’ossessione della vendita.
Come tutti i visitatori ho percorso qualche chilometro lungo quel tappeto azzurro Tiffany che in qualche modo delimitava quella zona di comfort tra lo spazio espositivo e quel luogo di passaggio ad altri stand, dove si potevano soppesare i tentativi di vendita, più o meno riusciti, dei molti commerciali.
E magari incontrarsi in un contesto neutrale.
Come succede nei luoghi della politica i corridoi sono quegli spazi lungo cui si sviluppa la narrazione, si intercettano i gossip, si elaborano alleanze e si finalizzano gli affari.
Host è stata una straordinaria occasione per incontrarci, per vedersi in presenza e per berci un caffè assieme
La fiera intesa come occasione per condivisione di contenuti, come luogo per l’approfondimento non è, tuttavia, più sufficiente.
Mi ha sempre colpito il testo di Seth Godin, “Questo è il marketing”, quando dice: “Se volete realizzare il cambiamento, iniziate facendo cultura. Iniziate organizzando un gruppo profondamente compatto. Iniziate facendo entrare le persone in sintonia.
La cultura batte la strategia – a tal punto che la cultura é strategia”
Possiamo vedere l’evento fieristico come occasione per incontrarci per “far accadere il cambiamento” che però deve essere preparato dall’informazione e dalla formazione.
Questo è il perché Gruppo Cimbali ha creato il museo delle macchine da caffè (si noti: non il suo museo aziendale); La Marzocco l’Accademia del Caffè (e non lo spazio corsi aziendale); Illy la sua Università del Caffè diffusa a livello mondiale; Lavazza (tra l’altro) i podcast sul caffè (veramente deliziosi); perché Sca (come ogni forma associativa del mondo del caffè) è essenziale adesso… ora che la paura amplificata della e dalla pandemia ci lascia riconquistarci alcune libertà. Come quella di passare alcuni minuti davanti a questo strumento professionale quotidiano: Comunicaffè.
E’ questo uno spazio che si pone come occasione di crescita nella condivisione di un percorso comune in cui il lavoro (la tras-formazione che nasce dalla formazione) di ognuno di noi conta.
Ho da poche settimane iniziato una avventura professionale nuova (dopo oltre 20 anni ho capito che il mondo del caffè non si limitava al macinacaffè, a quella che è stata per lungo tempo la mia area di competenza) quanto innovativa (collaboro con un’azienda nata dall’on-line che naturalmente passa dal B2C al B2B, sull’onda di una tecnologia e ad una clientela sempre più matura).
Sono partito da queste riflessioni ed ho realizzato questo video su uno strumento elettronico per la pressatura del caffè
Un’occasione per acquisite contenuti e maturarli nella condivisione, per quanto impacciato possa essere il risultato. Il punto di partenza è una pagina di un testo riuscitissimo di Andrej Godina: Barista in un libro. La questione posta circa la pressatura del caffè e gli impatti sulla operatività del barista (e sul suo corpo) per me è stato anzitutto un vero punto di svolta.
Lo voglio condividere con voi:
Antonio Schiavon