MILANO – James Alexander Hoffmann non ha bisogno di tante presentazioni: l’esperto e consulente di caffè a tutto tondo britannico, campione del mondo di caffetteria nel 2007, esplorare e commentare la bevanda in tutti suoi aspetti, dalla materia prima ai metodi di estrazione. Questa volta ha voluto puntare su uno strumento che in Italia conosciamo bene – o, perlomeno, teniamo nel cuore – e quindi cimentarsi nella preparazione di una tazzina usando la moka.
Hoffmann ha voluto descrivere ogni passaggio necessario per un ottimo risultato finale: per poter raggiungere questo ambizioso traguardo – pochi sanno che la moka è un metodo che nulla dà per scontato per quanto riguarda la preparazione – Hoffmann si è appoggiato al metodo scientifico che si basa su misurazioni ricavate dai sensori. Ed ha utilizzato quella che ha ribattezzato una frankenmoka: la moka frankestein, ovvero una versione modificata nella sua tecnologia, dotata quindi di 4 sonde e un sensore SEP di pressione. Frutto del lavoro di Gábor Laczkó, gestore di una piccola torrefazione a Szentendre, in Ungheria. Che cosa sarà successo? Lo condividiamo dall’articolo di Sergio Donato su dday.it.
Hoffmann VS frankenmoka
Moka e tecnologia moderna sono a tutti gli effetti due concetti antitetici, specie se si considera l’essenzialità della moka classica, nata nel 1933 da un brevetto Bialetti, realizzata in alluminio, e composta da una caldaia, un imbuto contenente la miscela polverizzata di caffè e il bricco che ospita la bevanda estratta. L’unica caratteristica che può assumere il ruolo di elemento moderno è la valvola di sicurezza, aggiunta però fin dai primi anni 50, che previene un aumento eccessivo della pressione nella caldaia.
Quattro sonde e sensore di pressione
Hoffmann ha voluto analizzare meglio la moka per capire se la preparazione del caffè con questo tipo di caffettiera possa seguire delle linee guida al fine di ottenere la migliore bevanda possibile.
La moka utilizzata è opera di Gábor Laczkó, gestore di una piccola torrefazione a Szentendre, in Ungheria, e inventore di Smart Espresso Profiler (SEP), un’applicazione per dispositivi mobili che, con l’aiuto di un sensore di pressione, permette di monitorare e migliorare l’estrazione del caffè espresso.
Hoffmann ha utilizzato due frankenmoka con lievi differenze nelle tecnologie applicate. Nel complesso, si è servito di un sensore SEP per la pressione nella caldaia che comunica via Bluetooth con lo smartphone, e quattro sonde per la temperatura. Due di esse sono nella caldaia: una per monitorare la temperatura dell’acqua e l’altra che, infilata nella cannuccia dell’imbuto che contiene la miscela, restituisce la temperatura più vicina a quella a cui viene sottoposta la polvere per l’estrazione. La terza sonda misura la temperatura del bricco superiore. La quarta, la temperatura del caffè in uscita dalla cannula.
I segreti per bere un buon caffè con la moka con Hoffmann
L’esperto inglese ha quindi ottenuto una mole significativa di dati in tutti i test svolti che, necessariamente, vista la materia trattata, sono passati anche per fasi di degustazione. Gli elementi sotto esame sono stati la temperatura di partenza dell’acqua, la grana della polvere e il tipo di caffè, la temperatura di preparazione, la quantità di liquido estratta, l’interruzione della fonte di calore, l’uso di filtri aggiuntivi tra l’imbuto e il bricco e l’uso di un “frangifiamma” tra la sorgente di calore e la base della caldaia.
Gli esami hanno dato vita a una serie di accorgimenti per avere il migliore caffè con la caffettiera moka, alcuni già conosciuti dagli appassionati della bevanda, altri assolutamente nuovi: nella caldaia va messa acqua bollente che non deve superare la metà della valvola della pressione. La miscela nel caffè nell’imbuto non deve essere pressata ma distribuita in modo uniforme. Sopra la miscela di caffè, cioè tra la miscela stessa e il filtro forato del bricco superiore, può essere messo un filtro rotondo per estrazione AeroPress.
È necessario usare una frangifiamma di metallo (non a rete) tra il gas e la base della caffettiera. Se si usa l’induzione è sufficiente portare al minimo la potenza all’uscita del caffè. La piastra metallica serve a mantenere meglio il calore anche dopo aver spento la sorgente, oltre che a rendere uniforme il calore durante la preparazione.
Infine, la sorgente di calore deve essere spenta completamente (o messa al minimo per l’induzione) non appena il caffè esce dalla cannula. In caso di fornello a gas, la piastra di metallo continuerà a rilasciare calore in modo dolce arrivando a estrarre il caffè senza la spruzzata borbottante di vapore e acqua finale che dà spesso il sentore di bruciato alla bevanda.