MILANO- Torre Branca accoglie il nuovo protagonista dell’aperitivo all’italiana, che unisce il Negroni con il caffè. Hausbrandt lancia il cocktail firmato da Bruno Vanzan, direttamente nel ghiaccio. Il suo creatore, campione del mondo di flair bartending, ci racconta lo studio dietro il Coffee Negroni.
Bruno Vanzan presenta il nuovo cocktail al caffè dell’Hausbrandt.
Come mai ha pensato di utilizzare per base proprio il Negroni?
«Il Negroni l’ho scelto innanzitutto in quanto simbolo dell’Italia. Poi il caffè trova in questo cocktail un buon equilibrio con degli ingredienti come il Vermut e il Bitter, che riescono a reggere tutta l’essenza dell’Espresso. Servivano degli ingredienti che affiancassero il caffè, che avessero un corpo, una struttura anche in bocca».
Barista e barman: due figure professionali ben distinte fino ad ora, per lo meno nei grandi bar e nelle caffetterie dei grandi Hotel stellati. Il primo, addetto all’Espresso e ai cappuccini; il secondo, maestro di cocktail.
Trova che esista ancora questa distinzione netta o che le cose stiano cambiando, adesso che sta prendendo piede la mixology?
«Questa è una distinzione che generalmente è dettata dall’ignoranza, nel senso che il pubblico ignora questo mestiere. Il barista in Italia è considerato un pover’uomo che si alza la mattina presto, fa i caffè e serve le brioche. Il barman invece è il personaggio splendido che va alle serate e lavora nei locali di tendenza.
Bruno Vanzan: «la parola barman non esiste neppure in inglese»
«Il termine che indica l’intera categoria è “bartender”, cioè la traduzione diretta di barista. A prescindere dal fatto che il professionista operi nel settore notturno o diurno. Io poi aggiungo che, al contrario di quello che si pensa, un barista diurno deve avere più competenze di un barista notturno, perché durante il giorno si entra in contatto col mondo della caffetteria, col food, con l’aperitivo e bisognerebbe conoscere alla perfezione una vasta gamma di ingredienti».
E questo è piuttosto improbabile?
«Il problema è innanzitutto la poca cultura del food&beverage da parte dei proprietari del locale. E questo compromette tutti i passaggi preliminari che poi portano all’assunzione finale del barista. Spesso mi è capitato di esser presente a dei colloqui di lavoro. Quello che succede, in genere, è che il proprietario fa tutt’altro nella vita e quindi non è informato sulla materia. Quindi, mi chiedo tutte le volte, come si possa selezionare un operatore competente, se non hai un valido metro di paragone? Manca proprio una solida base di know how nei locali».
Come mai pensa che sia diffuso questo atteggiamento?
«In Italia il mestiere del barista è ancora considerato un lavoro poco prestigioso. Un po’ come 15 anni fa era nei confronti degli chef, fino a quando la televisione ha rivoluzionato la loro immagine. Rendendoli una sorta di rockstar».
Il sogno di Bruno Vanzan
«Quello che mi pongo come obiettivo personale, è elevare la figura del barista, attraverso quello che facciamo con i Brand come Hausbrandt ad esempio. Ti dà la possibilità di mostrare che fare il barista è come fare l’imprenditore, non è più un lavoro che può essere sminuito».
Bruno Vanzan si occupa, anche in televisione, della formulazione di cocktail casalinghi analcolici, che lei chiama i “Cocktail House”.
Sarebbe possibile replicare il Coffee Negroni a casa?
«Certo che è possibile. Il programma l’ho inventato proprio per questo. Basta replicare delle semplici indicazioni: non c’è una cosa migliore di quella di ricreare un cocktail a casa propria. Basta fare la spesa al supermercato e pesare tutto. L‘importante è non lasciare spazio alle approssimazioni».
Ha una miscela che preferisce nel preparare bevande a base caffè?
«Io ne ho sperimentato quattro differenti per creare con la Hausbrandt quelli che volevano proporsi come la rivisitazione del caffè shackarato analcolico. In occasione del Sigep. Sicuramente la miscela Gourmet è quella più camaleontica, che si adatta a tante situazioni differenti. Caffè 100% Arabica, con note floreali e speziate, una miscela che si fa bere facilmente. Questa è una cosa molto importante, perché dall’altra parte il cliente deve poter sapere riconoscere la miscela. Si fa già troppa fatica a distinguere un caffè buono da uno cattivo, quindi individuare la miscela dev’essere un’operazione più immediata».
Pensa che il caffè, il suo aroma, renda maggiormente in una ricetta alcolica o analcolica?
«Il caffè è piuttosto versatile. Pensiamo solo al fatto che il cocktail più bevuto al mondo è il cappuccino. Lo definisco cocktail in quanto, riflettendoci meglio, non esiste in natura. Si tratta appunto di una miscela con il caffè. Questo significa che riesce meglio come analcolico? Non è detto. Perché il caffè ha delle proprietà che si sposano bene con l’alcolico, che dà struttura. L’alcol in generale aiuta molto a valorizzare i gusti degli altri ingredienti con cui si lega. La gradazione alcolica più è alta, più è facile riconoscere gli altri sapori».
Considerando il risultato finale, l’insieme del cocktail, trova migliore usare un Espresso o un caffè più lungo, aromatico, estratto con metodo V60 O Aeropress, per esempio?
«Fare l’Americano, avrebbe significato allungare il caffè con dell’acqua. Il discorso è piuttosto semplice: già nel cocktail è prevista un’importante dose di acqua. In aggiunta va considerata la diluizione del ghiaccio. Per cui, se si usasse caffè più lungo, si altererebbe il gusto. Si perderebbe molto dell’aroma, si guasterebbe la sensazione che dovrebbe donare al palato».
Bruno Vanzan, come bartender, intenderà istintivamente un cocktail come bevanda da gustare fredda.
Preferisce quindi partire già da un’estrazione a freddo, il cold brew, con il suo aroma molto particolare, delicato, come base per prodotti freddi?
«Non ho una preferenza rispetto all’estrazione a freddo. Perché, in ogni caso, in fase di preparazione sono io che intervengo sul caffè e lo faccio raffreddare. Non utilizzo mai il caffè caldo come esce in estrazione. Lo porto in un secondo momento alla temperatura che voglio ottenere. In questo è molto importante considerare il ghiaccio, la sua qualità e la diluizione dell’acqua».
L’acqua, l’ingrediente da tenere in considerazione anche per fare un buon caffè. Con questo elemento si conclude l’incontro con l’imprenditore bartender Bruno Varzan. L’ideatore del nuovo aperitivo di questa estate.