MILANO – La notizia sulla chiusura di alcune delle gelaterie firmate Grom, in questi giorni sta facendo soffrire il cuore dei tanti che si erano affezionati al marchio legato al gelato. Inizialmente gelato artigianale poi rimasto soltanto gelato dopo una campagna di un’associazione di consumatori. Proprio per questo, è interessante gettare un occhio più in profondità nella questione, per comprendere bene quali siano state le cause che hanno portato l’azienda piemontese a questo ripiegamento. Leggiamo i dettagli dall’articolo di Carlotta Scozzari per it.businessinsider.com.
Grom: dietro la chiusura, un problema di conti
Conti in “rosso” con perdite in crescita rispetto all’anno prima e un debito importante nei confronti di Unilever. La fotografia in chiaroscuro scattata dal bilancio di esercizio del 2018 (ultimo disponibile) di Grom aiuta a capire perché la multinazionale anglo-olandese, che ha comprato la società nel 2015, abbia appena deciso di ridurre il numero delle gelaterie in Italia. Compresa persino quella di Torino da cui l’avventura dei due fondatori Federico Grom e Guido Martinetti era partita nel 2003.
Nel nostro Paese, dopo le quattro chiusure del 2019 e le tre in arrivo entro marzo 2020, Unilever da aprile dovrebbe restare con 43 negozi a marchio Grom
Ciò anche nell’ottica di spingere il gelato “come una volta”. Come da slogan coniato a suo tempo dai due fondatori, con ancora più vigore nel circuito della grande distribuzione, oltre che tramite chioschi e biciclette. In attesa di capire se la svolta sarà accompagnata da una sterzata altrettanto decisa nei conti, l’ultimo bilancio di Grom racconta di un 2018 ancora complicato. In cui le perdite nette di esercizio sono aumentate a 7,74 milioni dai 5,12 milioni del 2017. Nonostante ricavi in crescita da 28,62 a 31,86 milioni.
Colpa principalmente delle spese lievitate
Basti pensare che quelle “per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci” sono balzate da 8,84 a 11,95 milioni. (ricomprendendo anche le variazioni di rimanenze). Mentre le spese “per servizi” sono salite da 7,53 a 8,96 milioni. E quelle per il personale (sul quale i sindacati temono ricadute dopo l’annuncio della riorganizzazione dei negozi) sono cresciute da 11,7 a 12,45 milioni.
In aumento anche la voce “rettifiche”. Da 1 milione a quasi 2,9 milioni. A causa anche delle svalutazioni nelle partecipazioni in Grom Usa e Grom Japan. Sta di fatto che nel 2018 l’ebitda (margine operativo lordo) è peggiorato da -3,49 a -3,98 milioni.
Che ci sia un problema di redditività sembra essere abbastanza chiaro anche al presidente Federico Grom
Che firma a nome del consiglio di amministrazione la relazione sulla gestione risalente allo scorso maggio. “Il 2019 – scrive Grom – sarà ancora un anno caratterizzato da incertezza economica. Ma l’azienda ha già intrapreso un piano volto al recupero di redditività. In particolare (…) è stato modulato l’utilizzo della forza lavoro in funzione dei picchi orari giornalieri. Sono altresì stati rinegoziati numerosi contratti di locazione. Così come sono stati riesaminati i principali accordi di fornitura materie prime e manutenzioni”.
Tra i problemi principali, Federico Grom evidenzia “un mercato italiano da tempo in contrazione di consumi”. Da qui la decisione di spingere sull’internazionalizzazione. “non solo per motivi di diversificazione geografica e meteorologica. Ma anche con l’ambizioso obiettivo di diventare una bandiera dell’alta qualità nel mondo”.
Ma tale processo di internazionalizzazione dei gelati Grom richiede investimenti e quindi denaro. “Da questo punto di vista – sottolinea Federico Grom – l’apporto del socio unico Unilever risulta molto importante”. Fino a ora il sostegno della multinazionale controllante non sembra essere mancato. Se si considera che dal bilancio emerge un debito “di natura finanziaria” verso Unilever Finance International Ag nell’ordine di 16 milioni.
E anche per il futuro tale supporto non dovrebbe venire a mancare
“Il socio unico Unilever – scrive ancora Federico Grom – si è reso immediatamente disponibile a sostenere le esigenze finanziarie previste per l’esercizio 2019 relativamente a investimenti attesi. Necessità di capitale circolante e gestione dell’indebitamento esistente a livello di gruppo”.
Chissà però se a maggio, quando ha redatto la relazione, Federico Grom immaginava che il prezzo da pagare sarebbe stato la chiusura di alcune gelaterie. Compresa quella di Torino da cui tutto era cominciato. E chissà se è anche per la riorganizzazione voluta da Unilever che a settembre Grom e Martinetti si sono dimessi. Rispettivamente dalle poltrone di presidente e amministratore delegato. La sensazione è però che il gelato Grom non sarà più quello di una volta.