domenica 22 Dicembre 2024
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Grom: Il business della Ferrari dell’ice cream riparte tra la vigna e i robot

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TORINO – Grom riparte da meno 14. Che non è una temperatura di conservazione ma la cifra dei milioni di debito accumulati negli ultimi cinque anni. Per circostanze abbastanza rare, come la necessità di includere due esercizi invernali nell’ultimo bilancio.

E che cosa c’è di più stagionale del gelato? E anche per quella che fisiologicamente si definirebbe una crisi di crescita: è stata indispensabile l’apertura di nuovi negozi nel mondo e, più in generale, «la necessità di investire per farci trovare pronti alla sfida dell’internazionalizzazione», dice Federico Grom, cofondatore dell’azienda insieme a Guido Martinetti (rispettivamente a destra e a sinistra nella FOTO).

«Ma ora – aggiunge – siamo pronti a partire per una nuova espansione». I nuovi punti vendita del gelato artigianale più alla moda sono in programma sono a Londra e Lisbona: «A Londra c’è il problema che la pioggia può scoraggiare i clienti – scherza Grom – per questo pensiamo di rifarci in Portogallo ».

Una visita allo stabilimento di Mappano, vicino all’aeroporto di Caselle, dà l’idea delle potenzialità del brand, dal 2015 acquisito dal colosso del food Unilever. «La verità -dice il cofondatore – è che il mestiere dello startupper e quello del manager sono piuttosto diversi».

Ma è vero che negli ultimi mesi la situazione sembra in ripresa almeno dal punto di vista dei fatturati: i ricavi sono cresciuti dai 25,8 milioni del 2015 ai 29,8 del 2016.

Cedute le azioni a un gigante che con il gelato fattura 7 miliardi di dollari all’anno, Grom e Martinetti hanno continuato a produrre una specie di Ferrari dell’ice cream. Tutto è realizzato con estrema cura.

«Nel 2007 abbiamo comperato 8 ettari di vigna a Costigliole d’Asti, ai piedi della Langa piemontese ». Vigna? Che cosa ve ne fate di una vigna? «E’ quel che ci hanno chiesto anche i contadini che l’hanno venduta». Non sembra una domanda peregrina: «In effetti ci prendevano per matti. E’ che il terreno della vigna è stato curato per decenni in modo che avesse l’esposizione migliore. Per questo era terra buona anche per far crescere altri tipi di frutta».

Mura Mura

E’ nata in questo modo l’azienda agricola «Mura Mura» che produce gran parte della frutta necessaria ai gelati Grom. Il criterio di produzione è simile a quello dei vignaioli delle uve doc e anche degli agricoltopri di qualità in giro per il mondo.

«Siamo andati in Giappone a studiare come lavora la più nota azienda produttrice di meloni al mondo». A Tokio un solo melone prodotto in quei campi viene pagato fino all’equivalente di 150 ero.

«Il segreto – dice Grom – è lo stesso dei vini di grande qualità: ridurre la quantità di frutti dalle piante per migliorarne la qualità». Così se i grappoli del Nebbiolo vengono sfrondati per lasciar maturare solo i migliori, altrettanto viene fatto con i meloni: in media sui dodici che ne produce una pianta, se ne salvano solo otto».

Al principio della selezione nell’azienda agricola si accompagnano le soluzioni tecniche nell’azienda di Mappano. Dove la frutta viene lavorata con macchinari studiati appositamente.

Sempre seguendo il percorso dei meloni di qualità, vengono lavati e poi sbucciati meccanicamente.

«In origine li pelavamo a mano ma l’internazionalizzazione impone regole rigide che per ragioni igieniche non accettano l’intervento umano in quella fase della lavorazione».

Come una Bentley

Così è stata studiata una pelatrice meccanica: «Ci è costata come una Bentley, ma non ha il volante», scherza il cofondatore.

«Una delle macchine di cui sono più fiero – dice Grom mentre si aggira con il camice bianco nel capannone – è la spremitrice di agrumi. E’ in grado di trattare 180 limoni al minuto e, cosa importantissima, riesce a farlo senza toccare l’albedo», cioè quella pellicina bianca interna al frutto che, se spremuta, conferirebbe al succo uno sgradevole gusto amarognolo.

L’arrivo di Unilever sta aprendo alla piccola azienda torinese canali di distribuzione prima impensabili anche se già oggi il marchio era presente da New York a Giacarta.

«Il cuore della nostra presenza saranno sempre le carapine», promette Federico Grom. Si riferisce a quei cestelli di acciaio che costituiscono il cuore di ogni negozio di gelateria. Ma in una parte del grande laboratorio di Mappano è stata sistemata da qualche mese una macchina che mette in ordine i cestelli del gelato confezionato.

«Ogni barattolo contiene una pinta di gelato, poco più di 300 grammi». Le pinte vengono riempite da un robot che muove in modo circolare il tubo del gelato fino a riempire il cestello.

«Ho voluto che il robot ricordasse nel movimento quello dei gelatai », confessa il fondatore del brand. Particolari che dimostrano uno speciale attaccamento non solo al prodotto finale ma anche al processo di produzione. Certo, il gelato nei cestelli apre a Grom gli scaffali dei supermercati e promette incrementi notevoli di fatturato.

Sarà in grado l’azienda di far fronte all’aumento di produttività?

«I nostri impianti sono in grado di produrre circa 3 tonnellate di gelato al giorno. Oggi ne realizziamo un terzo. Lo spazio per crescere, come si vede, c’è. Ma il vincolo per noi impresicndibile è quello della produzione della materia prima. Riusciremo sempre a produrre tanto gelato quanto ce lo consente la quantità di frutta di qualità che riusciremo a far entrare nel laboratorio di Mappano».

Perché caratteristica imprescindibile del brand è il fatto che in tutti i 70 negozi sparsi per il mondo si utilizzano comunque le confezioni di polpa liquida di gelato prodotte nello stabilimento vicino a Caselle.

«Siamo affezionati a questi macchinari perché riproducono esattamente quelli con cui abbiamo iniziato nel 2003 nel nostro primo negozio a Torino a pochi passi da Porta Nuova», dice il fondatore.

E si sistema in posa di fianco a una macchina pastorizzatrice ormai in disuso: «La tengo qui. Su questa macchina trascorrevamo le notti: all’una rompevo 330 uova, le lasciavo riposare insieme agli altri ingredienti e alle 4 il prodotto era pronto per la lavorazione». Un lavoro da pionieri… «La sola strada per creare davvero qualcosa di unico».

Paolo Griseri

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