MILANO – Sulla trasmissione Report andata in onda lunedì 3 giugno abbiamo ricevuto questo commento di Andrej Godina che ha contribuito al programma assieme all’autore Bernardo Iovene, alternato alla descrizione di passaggi della trasmissione. Quando è stata condivisa sulla rete nazionale la seconda inchiesta di Report dedicata all’espresso in Italia dal titolo “Il buono, il rancido…e il ginseng”.
La prima puntata del 2014 aveva scatenato accese polemiche, mettendo in luce le carenze sulla qualità del caffè, la manutenzione delle macchine e la conoscenza del prodotto.
Così Bernardo Iovene è tornato a visitare diversi bar di tutta la penisola e analizza insieme ad Andrej Godina
Secondo Godina a cinque anni di distanza si vedono dei segnali di miglioramento: tra le 800 torrefazioni del nostro Paese alcune iniziano a utilizzare i caffè specialty – caffè di altissima qualità, tostati da torrefattori professionisti ed estratti nel rispetto di standard ben definiti – e a porre l’attenzione sulla competenza dei baristi.
Lo scenario, tuttavia, è a macchia di leopardo.
Come nella prima inchiesta, l’esame delle tazze si è basato sull’assaggio sensoriale, un’analisi precisa che include la valutazione degli aromi, dei gusti, del corpo e del retrogusto dell’espresso, con un occhio alla presenza di possibili difetti.
A ogni tazzina sono stati assegnati dei punteggi qualitativi, da un minimo di 1 fino a un massimo di 10, utilizzando lo stesso criterio di un laboratorio di analisi.
La sufficienza si dà solamente ai caffè che sono esenti da qualsiasi tipo di difetto sensoriale da un punto di vista aromatico, gustativo e tattile al palato.
Molta attenzione è posta sul ruolo del barista, il professionista incaricato nella preparazione della bevanda che con il suo lavoro può esaltare o mortificare il prodotto.
La trasmissione non poteva che partire da Napoli, dove la precedente aveva suscitato tante polemiche.
Iovene e Godina hanno visitato, tra i tanti, lo storico caffè Gambrinus dove sono stati invitati a partecipare i gestori del locale, la torrefazione che fornisce il caffè, giornalisti di settore ed esperti assaggiatori.
Secondo Godina nella patria de “L’oro nero” i caffè in degustazione non hanno raggiunto valutazioni positive. in tazza l’espresso è quasi sempre sovraestratto, amaro, astringente, rancido e con una percentuale importante di robusta.
I punteggi rimangono sotto la sufficienza (4 e mezzo, 5), ma rispetto alla prima inchiesta si notano dei miglioramenti (cinque anni fa erano compresi tra 2 e 4 e mezzo).
Molte volte il punteggio dipende da come il caffè è conservato. Godina sottolinea come una tostatura scura sviluppi aromi di pan tostato e gomma bruciati, che vanno a distruggere le fragranze positive fruttate e floreali dei caffè di alta qualità. Un profilo scuro favorisce il rilascio degli oli presenti nei chicchi. Che, se mal conservati, irrancidiscono rapidamente a contatto con l’ossigeno.
Osserva Godina: è lo stesso consumatore al banco che può fare una scelta osservando il prodotto nella campana: tracce oleose, chicchi che “sudano” e apparecchiature non pulite sono presupposti di un caffè scadente che troveranno in tazza.
Il rancido che piace
Il gusto di rancido riscontrato nei diversi locali è un difetto oggettivo che si è ormai instaurato nella cultura partenopea e che viene considerato normale dalla maggioranza dei consumatori locali.
Firme per la candidatura all’Unesco
L’attenzione non è infatti sulla qualità della materia prima ma sulla ritualità del caffè, motivo di orgoglio a tal punto che a Napoli la vorrebbero candidare come patrimonio immateriale Unesco.
Prima di compiere questo passo, il giornalista de Il Mattino Luciano Pignataro commenta che sarebbe bello assistere anche nel mondo del caffè alla terza rivoluzione enogastronomica partenopea, così come è avvenuto per altri due prodotti tipici locali (il vino e la pizza), iniziando dall’educare il cliente al consumo consapevole.
Il segreto sulle origini
Osserva Godina: a Napoli i bar mantengono un riserbo assoluto sulle origini in degustazione. Ma in altre zone d’Italia i locali che utilizzano caffè specialty le inseriscono nelle etichette dei loro prodotti, come la roastery reserve di Starbucks a Milano.
Sottolinea Godina: nell’epoca dell’informazione globale, non esistono ricette segrete o tradizioni di famiglia da custodire, ma trasparenza e chiarezza verso il consumatore.
Caffè del Faro a Roma
Lasciata Napoli le telecamere sono salite a Roma e sono entrate nella Caffetteria Faro, che ha saputo innovare il rito tipicamente italiano. A fianco dei prodotti classici, compaiono nuove linee specialty che stimolano i clienti e portano valore e cultura al consumatore finale.
Il voto massimo, 9.5, a Ditta Artigianale di Firenze
A Firenze hanno fatto tappa da Ditta Artigianale, dove incontrano un barista specialty. Che utilizza qualità di prima scelta e sa lavorare il prodotto. Il caffè è macinato al momento e si adoperano tutte le accortezze per non rovinarlo. Qui Godina ha assegnato il punteggio più alto, 9 e mezzo.
Il campione Rubens Gardelli
A Forlì Iovene ha visitato il campione mondiale di Roasting del 2018 Rubens Gardelli. L’iridato sottolinea come un caffè pregiato e costoso debba avere un profilo di tostatura chiaro. Questo per esaltarne al meglio tutte le caratteristiche aromatiche.
La tappa a Milano nella Reserve Roastery di Starbucks
Godina osserva che nonostante i chicchi siano tostati piuttosto scuri, la meticolosità impiegata nella sua preparazione rende il risultato decisamente positivo. L’estrazione avviene prima in un bricco; poi il caffè viene versato in tazza. In questo modo si raffredda un po’. Perdendo parte del gusto amaro. E riuscendo a esprimere una complessità aromatica notevole, soprattutto nei caffè di alto profilo qualitativo.
A sorprendere però è la reinterpretazione dell’espresso italiano in chiave internazionale. I baristi sono molto preparati: svolgono tre mesi di training prima di iniziare a lavorare. E sanno trasmettere al consumatore tutte le caratteristiche tecniche di quello che stanno servendo.
All’interno della torrefazione il cliente è ben informato sulle componenti delle miscele. Grazie alle etichette descrittive. E viene accompagnato in un viaggio lungo il processo produttivo e la filiera.
La seconda parte del servizio è dedicata alla nuova moda del caffè al ginseng
Apprezzato dal consumatore ma su cui non esiste un’adeguata informazione. Il cliente che lo beve crede che sia energizzante e abbia effetti benefici. In realtà nella maggior parte dei casi mostrati da Report si tratta di una bevanda preparata solo per il 10% con caffè solubile. Il resto sono zuccheri, additivi, emulsionanti e aromi aggiunti. Ma ci sono le eccezioni, come ha pure svelato Report.
Da questa inchiesta – osserva ancora Godina – emerge un’Italia del caffè che fa alcuni passi avanti rispetto a 5 anni. Ma arranca in confronto a ciò che avviene all’estero.
La tradizione culturale dell’espresso
È spesso ferma a vecchie logiche legate a caffè scadenti, mal conservati e popolata da baristi inconsapevoli su come trattare la materia.
Un professionista sa gestire le apparecchiature. E garantire un’estrazione corretta in qualsiasi condizione ambientale. Ma nella maggior parte dei casi si lavora con attrezzatura sporca e prodotti mediocri.
La svolta è fornita da una multinazionale straniera
Che ha colto un rito tipicamente italiano e lo ha interpretato in chiave moderna. Trasmettendo cultura, competenze e un buon prodotto.
Eppure lungo la penisola ce ne sarebbero di storie e passioni da raccontare. Piccole e grandi torrefazioni e caffetterie specialty che possono creare un locale al loro interno, diventando ambasciatrici di una tradizione che continua da decenni. Coinvolgendo il consumatore in una narrazione che il mondo ci invidia.