mercoledì 25 Dicembre 2024
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Come creare una maggiore consapevolezza del caffè in Italia? Andrej Godina: “Agire sul consumatore, è il primo passo da compiere”

L'esperto del chicco: "In conclusione le parole chiave che riassumono le azioni da mettere urgentemente in campo sono formazione al consumatore, maggiore offerta di prodotti differenti e più informazioni di prodotto e di filiera sulle etichette"

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Andrej Godina afferma che non esiste una vera e propria consapevolezza del consumatore nei confronti del prodotto caffè, così come della sua qualità e della filiera. Ad aggravare la situazione c’è anche una lacuna del consumatore italiano sui differenti metodi di estrazione.

Godina si spinge oltre dichiarando che una maggiore conoscenza del prodotto e della filiera da portare al consumatore è ormai divenuto un passaggio urgente e obbligato.

Come è possibile raggiungere un tale risultato? Formazione al cliente, maggiore offerta di prodotti differenti e più informazioni di prodotto e di filiera sulle etichette. Leggiamo di seguito il primo di una serie di articoli di Andrej Godina che esplorano questi aspetti.

Come creare maggiore consapevolezza del caffè in Italia

di Andrej Godina

MILANO – “In Italia la cultura del caffè è spesso relegata solamente al rito di preparazione e a quello sociale che ne accompagna la bevuta. I motivi per i quali l’italiano medio consuma caffè, sia esso preparato in espresso, moka o napoletana, sono in ordine di importanza: in prima posizione il contenuto di caffeina con i suoi positivi effetti fisiologici conseguenti che permette di essere più svegli, più concentrati, di digerire meglio e di affrontare sforzi fisici prolungati con meno fatica.

Al secondo posto c’è il rito di preparazione a cui tutti noi siamo abituati, per esempio a casa fin da quando eravamo bambini e i nostri genitori preparavano il caffè per la colazione con la moka, e al rito sociale che accompagna le nostre giornate con le tipiche domande e frasi “Ciao come stai? Posso offrirti un caffè?” oppure “Ci vediamo più tardi per un caffè?” o in ufficio “Andiamo a prendere un caffè assieme”.

Il terzo motivo e che sfortunatamente è relegato al terzo posto, ma che in realtà dovrebbe essere al primo, è il desiderio di vivere un’appagante esperienza sensoriale. Infatti il caffè tostato ha più di 2000 compositi chimici, di cui la maggior parte sono aromi volatili, ed è proprio questa ricchezza aromatica che dovrebbe spingere il consumatore a bere caffè diversi in base al momento della giornata e a scegliere il giusto caffè in base al migliore abbinamento con il cibo al pasto.

Ma questo sfortunatamente non accade, infatti il caffè si beve in Italia è molto amaro, con aromi che richiamano il fumo, il bruciato, il rancido e spesso i difetti della materia prima come la terra, il sovra fermentato, la muffa, la gomma accompagnati da un corpo astringente.

In sintesi è possibile affermare che non esiste una vera e propria consapevolezza del consumatore nei confronti del prodotto caffè, così come della sua qualità e della filiera.

Ad aggravare la situazione c’è anche una completa ignoranza del consumatore sui differenti metodi di estrazione e ciò è sottolineato, per esempio, dal fatto che si ordina al bar o al ristorante o più in generale ci si riferisce alla bevanda con il semplice sostantivo “caffè”, indipendentemente che sia preparato in espresso, moka o con altri metodi, senza avere qualsiasi consapevolezza sulla differenza tra la specie Arabica e la Canephora.

Spesso non ci soffermiamo sulla constatazione che il retrogusto che il caffè lascia al palato alla maggior parte delle persone è, per loro, un qualcosa di sgradevole che non piace, infatti è usanza comune zuccherare il caffè per mascherare un amaro eccessivo e bere un bicchiere d’acqua o mangiare un biscotto o un cioccolatino per togliere un retrogusto che il consumatore percepisce come sgradevole.

Una maggiore conoscenza di prodotto e di filiera da portare al consumatore è ormai divenuto un passaggio urgente e obbligato. Il cambiamento di direzione non è banale, non è facile e richiede una forte coesione di filiera e la messa in atto di azioni mirate.

Questo cambio passa attraverso azioni verso il consumatore che hanno due distinti approcci:

  • In una prima direzione a valle della filiera richiede una maggiore varietà di prodotti offerti al consumatore che devono essere differenziati e facilmente percepiti come diversi. Questa nuova offerta di prodotto deve essere accompagnata da uno storytelling semplice, preciso e chiaro, comprensibile da chiunque assieme a una descrizione del flavore accessibile anche dal consumatore più neofita. La torrefazione deve offrire prodotti differenti e renderli accessibili al consumatore con una maggiore diversificazione nei bar, sugli scaffali della grande distribuzione e nei luoghi che sono già frequentati da consumatori formati e attenti come per esempio le enoteche e le botteghe di quartiere che selezionano prodotti di alta qualità.
  • La seconda direzione interessa il consumatore che deve essere accompagnato alla scoperta del caffè attraverso percorsi di formazione mirati.

Spesso ci si dimentica che il caffè è una bevanda ricca di composti chimici e con la presenza di tantissimi aromi volatili che sono di difficile decifrazione da parte del consumatore non formato.

In fondo è il medesimo processo che ha già fatto il mondo del vino, dove i consumatori fanno corsi per il riconoscimento dei suoi aromi e per essere in grado di identificare i possibili difetti come per esempio quello di “tappo”.

Il consumatore ovviamente non deve divenire un assaggiatore professionista ma deve essere in grado di percepire le macro differenze sensoriali che ci sono tra le differenti tipologie di caffè.

Una formazione sensoriale deve essere in grado di fornire gli strumenti per il riconoscimento dei gusti acido, dolce, amaro, per capire la differenza tra un corpo vellutato e uno astringente e per saper riconoscere le macro differenze delle famiglie aromatiche della frutta, del floreale, del tostato, dello speziato, del cioccolato assieme ai più comuni difetti.

La formazione sensoriale è solamente il primo passo che deve anticipare un secondo, altrettanto importante, che è quello della erogazione del caffè.

Ricordo che la filiera del caffè è complessa, molto più di quella del vino dove il consumatore si ritrova a comprare una bevanda già pronta da bere che è stata già “costruita” in cantina. Nel mondo del caffè il consumatore compra un prodotto che dev’essere da lui preparato in bevanda.

Quest’ultimo passaggio nasconde molte criticità che il consumatore deve essere in grado di gestire:

  •  Il caffè adatto al metodo di estrazione. Non tutti i caffè sono adatti a essere estratti con lo stesso metodo di estrazione. Banalmente l’espresso richiede un profilo di tostatura e di colore finale che non è lo stesso, per esempio, per i metodi a filtro.

L’espresso, per sua stessa definizione, richiede la presenza di uno strato di schiuma densa e persistente che è possibile ottenere solamente con un chicco particolarmente ricco di anidride carbonica e con un tenore di densità basso che gli permette di avere un indice di solubilità maggiore a quanto è richiesto ai caffè per il filtro.

Solamente da un chicco di questo tipo è possibile erogare un buon espresso. Ecco che la torrefazione deve impegnarsi per una maggiore informazione sulle etichette dei prodotti.

  •  L’acqua non è tutta uguale. Non tutte le tipologie di acque sono adatte al caffè, per esempio bisogna evitare l’acqua distillata e quelle con un bassissimo tenore di residuo fisso, così come al contrario le acque troppo ricche di sali minerali. Un’acqua con un tenore di sali medio/basso è adatta ai caffè filtro mentre quantità maggiori di sali sono necessarie per l’espresso. Le torrefazioni, assieme alle aziende produttrici di acqua in bottiglia, potrebbero fare maggiore cultura su questo punto e offrire nella GDO tipologie di acque con caratteristiche specifiche adatte proprio al caffè.
  •  Ogni singolo metodo di estrazione richiede un grado di macinatura differente: estrarre un caffè con una macinatura non adatta molto facilmente porta a una sotto o sovra estrazione della bevanda, così come una temperatura sbagliata dell’acqua di estrazione può rovinare il flavore del caffè. Una maggiore comunicazione sulle differenze tecniche dei diversi metodi di estrazione e l’accento sul corretto grado di macinatura aiuterebbe i consumatori a preparare bevande migliori.

In conclusione di questo primo articolo le parole chiave che riassumono le azioni da mettere urgentemente in campo sono formazione al consumatore, maggiore offerta di prodotti differenti e più informazioni di prodotto e di filiera sulle etichette”.

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