mercoledì 25 Dicembre 2024
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Godina intervista Rodriguez, farmer in Honduras: “Questi livelli di prezzi per tre anni”

La testimonianza: "Voglio riportare alcune considerazioni vissute in prima persona sulla produzione e vendita del caffè verde alla luce del progetto che con altri 33 soci stiamo gestendo in Honduras, ovvero la piantagione di caffè Finca Rio Colorado"

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MILANO – Si è concluso di recente l’ennesimo viaggio alle origini del chicco in Honduras, di Andrej Godina, caffesperto che abbiamo letto diverse volte su queste pagine e che è riconosciuto da tutto il settore per la sua esperienza lungo tutto la filiera. Il tratto comune di tutta la sua carriera è la ricerca della qualità della bevanda, promuovendo un mercato più consapevole e sostenibile. Proponiamo di seguito un pezzo da lui scritto in seguito alla sua ultima incursione nella piantagione che co-gestisce su un tema molto importante: il prezzo del caffè sostenibile. Anche attraverso un’intervista a Omar Rodriguez, dirigente della cooperativa Capucas – Honduras.

di Andrej Godina

“Il caffè è un’industria di proporzioni enormi che coinvolge quasi tutti i paesi del globo, sia perché numerosi sono i Paesi di produzione del caffè e sia perché la bevanda caffè è preparata e consumata in quasi tutto il mondo.

Negli ultimi decenni il mercato del caffè ha attraversato numerose fasi, chiamate dagli operatori di settore “coffee waves”, le onde del caffè, che hanno permesso al consumatore di conoscere nuove qualità e metodi di preparazione. Il caffè è uno dei prodotti agricoli più scambiati al mondo per valore sulle borse merci. Nel solo 2017 il 70% della produzione totale di caffè è stata esportata, per un valore di circa 19 miliardi di dollari.
Nello stesso anno il settore aveva un valore di mercato al dettaglio di circa 83 miliardi di dollari, fornendo lavoro a circa 125 milioni di persone in tutto il mondo.

Nei paesi di produzione del caffè, dislocati nella fascia tropicale del pianeta, ci sono circa 12,5 milioni di piantagioni.  Circa il 95% di queste sono di piccolissime dimensioni, meno di 5 ettari. La filiera di produzione del caffè è molto lunga e complessa e il prezzo di vendita del verde di qualità commerciale è determinato dalle quotazioni di borsa a New York per l’Arabica e a Londra per la Robusta.

I piccoli produttori spesso si trovano ad affrontare delle grandi difficoltà, soprattutto gestionali e finanziarie

Si stima che circa 5,5 milioni di coltivatori vivono al di sotto della soglia di povertà di 3,20 dollari al giorno. Il caffè rappresenta in taluni casi una fonte economica di grande importanza, se non l’unica. Per esempio il caffè rappresenta più di un quarto dei proventi delle esportazioni in Etiopia e almeno il 20% dei proventi delle esportazioni nazionali in Burundi. Timor Est, Uganda seguono l’Honduras con una quota del 10%.

Fatta questa premessa voglio riportare alcune considerazioni vissute in prima persona sulla produzione e vendita del caffè verde alla luce del progetto che con altri 33 soci stiamo gestendo in Honduras, ovvero la piantagione di caffè Finca Rio Colorado.

Il progetto è nato nel 2018 con l’intento di avviare un modello sostenibile di produzione di caffè verde che sia in grado di aggregare in Honduras un alto valore di responsabilità sociale.

Tra i soci è rappresentata tutta la filiera di produzione, ci sono anche alcuni torrefattori italiani: Valentin Hofer di Caroma – https://caroma.info/it/ , Maurizio Galiano di Goccie di Cioccolato – http://www.goccedicioccolato.net/torrefazione , Matteo Caruso di Tazze Pazze –
https://www.tazzepazze.com/ , Franco Mondi di Mondicaffè – https://www.mondicaffe.it/ , Fabio Conti di Caffè Conti – https://caffeconti.it/ , Ermanno Perotti di OM Roastery – https://omroastery.com/ .

Godina: durante il mio ultimo viaggio a fine novembre 2021 in Honduras ho intervistato Omar Rodriguez

Direttore della cooperativa di coltivatori di caffè della regione di Las Capucas, vicino a Santa Rosa di Copan. http://mycapucascoffee.coop.

Omar, il coltivatore dell’Honduras, che ha risposto ad alcune domande fondamentali

Omar, ci può spiegare come l’attuale situazione di borsa alta si sta ripercuotendo tra i soci della vostra cooperativa Cocafcal?

“Personalmente, essendo anche io un produttore di caffè, sono contento di questo aumento delle quotazioni di borsa e assieme ai miei soci dobbiamo celebrare questo incremento dei prezzi. Ma allo stesso tempo questo sta comportando un notevole aumento dei costi di produzione. Come sai il nostro caffè è raccolto a mano durante i 4 mesi che vanno da novembre a febbraio e negli ultimi 5 anni abbiamo trovato sempre più difficoltà a trovare manodopera stagionale per la raccolta selettiva del caffè, mano mano che viene a maturazione. Qualche anno fa abbiamo addirittura iniziato a ospitare qui nella zona raccoglitori guatemaltechi.

A questa situazione difficile ora si aggiunge l’aumento del prezzo di Borsa: in questo caso la richiesta di salario da parte dei raccoglitori è aumentata di molto rispetto a quanto era stato pagato l’anno scorso. In più in questo periodo sono aumentati i costi del materiale di lavoro per la piantagione e dei fertilizzanti. Da un punto di vista psicologico l’aumento delle quotazioni dei prezzi sulla Borsa ci fanno credere che guadagneremo di più rispetto agli anni precedenti. Ma non abbiamo ancora chiaro quanto di quanto esattamente, come controcanto, saliranno i costi di produzione.

Tuttavia è importante che i nostri compratori sappiano che ora, con lo stesso ammontare di Lempira, la moneta locale, possiamo comprare meno rispetto all’anno precedente.”

A fianco dell’aumento dei prezzi di Borsa del caffè Arabica quali altre sfide state affrontando?

“Un problema molto importante della nostra regione è il fenomeno dell’emigrazione, soprattutto verso gli Stati Uniti. In questi ultimi due anni, che hanno coinciso con un drastico calo delle quotazioni di Borsa, tante famiglie e persone singole hanno deciso di lasciare la propria terra e sono immigrate illegalmente negli Stati Uniti. Il nord America nel 2021 ha aperto in qualche modo le frontiere permettendo a tanti nostri concittadini di passare il confine. Sembra che ora negli USA ci sia una grande richiesta di manodopera a basso costo e quindi tanti decidono di emigrare e trovano un lavoro anche senza il permesso di soggiorno ufficiale.”

Interviene Godina: Omar, se posso, vorrei riprendere questo suo ultimo punto che anche noi, come Umami Area Honduras, società proprietaria di finca Rio Colorado, abbiamo vissuto in prima persona

Il farmer Francisco Villeda Panchito

La nostra piantagione è gestita da Francisco Villeda Panchito, piccolo produttore di Las Capucas, socio fondatore di Cocafcal. Lui, con tanti sacrifici, è riuscito a farsi una famiglia, ha 5 figlie che stanno cercando di costruirsi un futuro in Honduras. La figlia più grande, che ha tre figli ed è senza marito, in questi ultimi anni aveva trovato un buon posto di lavoro dipendente nell’ufficio amministrazione della cooperativa. Nonostante questo lei non ha trovato nella sua comunità delle prospettive per il futuro, anche perché il prezzo del caffè è sceso così tanto e il futuro è divenuto per i suoi figli così precario, che ha deciso di emigrare illegalmente negli USA. Ora lavora come cameriera in un ristorante messicano.

Quindi capisco benissimo la problematica e posso testimoniare di come un buon 20% dei giovani di Las Capucas in questi ultimi due anni sia andato via.

Riprendendo l’argomento della produzione del caffè, che cosa significa una produzione sostenibile?

“La sostenibilità è un concetto per me molto importante, credo fermamente che noi produttori dobbiamo iniziare a lavorare in modo sostenibile, altrimenti saremo sempre prigionieri di questa situazione di alti e bassi delle quotazioni di Borsa. Adesso grazie all’aumento dei prezzi molti produttori potrebbero decidere di investire nelle loro piantagioni o in coltivazioni di caffè nuove per aumentare la produzione ma in futuro, un’altra discesa delle quotazioni, potrebbe creare enormi difficoltà.

Quindi credo che la chiave di successo per il nostro settore sia la sostenibilità, che significa attuare progetti e attività in modo che il produttore possa coltivare il caffè preservando l’ambiente e producendo una buona qualità di tazza. Quale contropartita ritengo fondamentale che il mercato di consumo riconosca a questa produzione un prezzo equo. Per fare questo è necessario, a mio parere, una parola chiave: trasparenza.

Spesso succede che i torrefattori e le aziende lungo la filiera di produzione dicono di essere sostenibili semplicemente perché attaccano un bollino di una certificazione sul packaging. Ma questo non necessariamente vuol dire che il prodotto sia davvero sostenibile. Una certificazione potrebbe avere un solo focus ovvero quello del rispetto dell’ambiente ma senza tenere conto della sostenibilità economica e del prezzo di vendita.

Ci deve essere sempre un bilanciamento tra la qualità della produzione, il modo con cui si produce e il prezzo. Il produttore deve essere onesto nei confronti dei compratori, deve conoscere esattamente i costi di produzione e deve chiedere a chi acquista il giusto
prezzo che possa coprire i costi garantendo un minimo di profitto. Dobbiamo assolutamente richiedere un prezzo che sia sostenibile per i Paesi produttori. Vorrei chiedere allo stesso modo all’industria della torrefazione di essere egualmente trasparente e di lavorare assieme ai produttori per costruire una relazione commerciale in cui tutti vincono, in entrambi i lati della filiera di produzione.

Mi piacerebbe che i compratori di caffè verde conoscessero personalmente i coltivatori e che si impegnassero a creare delle relazioni eque e stabili nel tempo per costruire assieme una filiera più sostenibile.”

Il coltivatore è consapevole dei costi di produzione e della remunerazione che percepisce quando vende la sua produzione?

“Il prezzo a cui è venduto il caffè deve tenere conto di tutti i costi di produzione. Spesso però accade che il piccolo produttore non conosca esattamente quanto spende per la produzione. Qui in Honduras, per esempio, non è obbligatorio tenere una contabilità fiscale, il coltivatore paga le tasse solamente sulla fattura di vendita del caffè. Questo comporta che la maggior parte delle volte i coltivatori non solamente non tengono conto dei costi di produzione (fertilizzanti, acquisto materiali, lavoro di manodopera, eccetera) ma, cosa ancor più grave, non considerano tra i costi il loro stipendio personale che dovrebbe remunerare il lavoro quotidiano. Nessuno dei coltivatori della nostra zona ha un contratto di lavoro regolare e di conseguenza non hanno pagata la quota di previdenza sociale.”

Godina chiede: come cambiano le cose se parliamo di produzione dello specialty coffee? Possiamo dire che lo specialty è un caffè sostenibile?

“Direi proprio di si, possiamo dirlo, la categoria dei caffè specialty è sostenibile per il coltivatore. Il prezzo dello specialty coffee è più alto di quello di categoria commerciale e permette al coltivatore di ricevere un giusto prezzo. Senza però dimenticare che i micro lotti hanno dei costi di produzione più alti rispetto ai caffè di qualità commerciale. La filiera di produzione dello specialty coffee è più sostenibile perché, indipendentemente dalla quotazione di Borsa, i caffè di alta qualità hanno un prezzo stabile durante il corso degli anni che è definito dalla qualità di tazza.

Questa è una grande differenza rispetto ai caffè commerciali il cui prezzo è determinato dalla quotazione di Corsa. Producendo specialty coffee il coltivatore può pianificare di anno in anno la produzione e può essere certo sugli introiti del suo lavoro. In questo modo la coltivazione del caffè garantisce la sostenibilità dei prestiti in banca che il coltivatore chiede per fare gli investimenti nella sua attività e assicura il giusto guadagno per il sostentamento della famiglia.”

Qual è la differenza di prezzo tra il caffè di qualità commerciale e quello specialty?

“La grande differenza tra le due tipologie di caffè è che quello di qualità commerciale è trattato al pari di una commodity, il prezzo è fissato dalla quotazione di Borsa, il compratore fissa un prezzo e una quantità e non si prende cura di chi l’ha prodotto, delle tecniche agricole utilizzate, della reale sostenibilità del prezzo pagato. Lo specialty coffee ha un prezzo stabile che generalmente non varia di anno in anno, chi lo compra in genere vuole avere informazioni sul coltivatore e vuole sapere con quali tecniche agricole e di processamento è stato prodotto e vuole essere certo che il prezzo pagato permetta la sostenibilità economica e sociale del produttore e della sua famiglia.

In questo momento la differenza tra il caffè commerciale e specialty è di un dollaro per libbra, che è una differenza piuttosto importante. Adesso la quotazione di Borsa è molto alta e quindi la differenza si è assottigliata. Ma quando la Borsa è molto bassa allora la differenza risulta essere enorme. Ci sono degli studi che affermano che nella situazione più bassa di mercato di questi ultimi anni al coltivatore è stato pagato, detratti i costi di produzione, circa 2 cents di dollaro per libbra, cioè quasi nulla! E ciò ha reso la coltivazione del caffè non sostenibile.

Quale futuro vede per la vostra cooperativa e per il coltivatore di caffè in Honduras?

“Credo che in Honduras in questi anni abbiamo fatto un ottimo lavoro: la qualità del caffè commerciale è aumentata e la quantità di specialty prodotto altrettanto. La struttura commerciale che il nostro Paese mette a disposizione dei compratori è altamente professionale e nel futuro sono certo che molti giovani continueranno ad investire in questo settore.

A Las Capucas abbiamo iniziato a produrre i primi lotti di Specialty Coffee nel 2005, siamo stati dei precursori di questo trend. In questi anni, per fortuna, ho visto molti giovani che hanno deciso di continuare il lavoro dei genitori con la produzione di micro lotti di alta qualità. Allo stesso tempo sono molto preoccupato perché intravedo un grande pericolo per i coltivatori perché se non troviamo tutti assieme una strada maggiormente sostenibile vedremo nei prossimi anni sempre più coltivatori che abbandoneranno l’attività perché non è sufficientemente profittevole.”

Godina continua a chiedere: nell’ottica di essere più sostenibili, qual è a suo parere la certificazione prodotto più utile?

“Non è facile rispondere. L’idea delle certificazioni è un buon modello e lo è stato all’inizio, quando sono state introdotte. Con il passare del tempo però l’offerta di caffè certificati ha superato la domanda e questo fenomeno ha svalutato le certificazioni e a volte ha creato delle competizioni sul prezzo che rendono la produzione dei caffè certificati non così conveniente. Probabilmente la certificazione Fairtrade è quella che in qualche modo aiuta il coltivatore garantendo un prezzo minimo, e questo è un modello abbastanza sostenibile.

Al contrario, per esempio, la certificazione biologica non è così conveniente in quanto le pratiche agricole richieste non permettono una medesima produzione rispetto le pratiche agricole convenzionali. Richiedono un maggiore costo di manutenzione della piantagione e il mercato di acquisto non garantisce un premium che riesce a coprire le spese. Ripeto che l’industria della torrefazione dovrebbe creare una partnership più stretta con il produttore che vada oltre alla quotazione di Borsa, oltre al mero acquisto di un caffè certificato e che permetta una relazione commerciale più stabile nel corso del tempo e sostenibile economicamente.

Quali ultime considerazioni vorrebbe fare sempre sul tema dei prezzi e della sostenibilità?

Questa attuale situazione di quotazione di Borsa molto alta è per noi una boccata di ossigeno che ci permetterà, anche se i costi di produzione sono aumentati, di ripagare e restituire i prestiti in banca che la totalità dei produttori hanno aperto in questi ultimi anni di prezzi così bassi. Per la mia esperienza credo che questi livelli di prezzo rimarranno alti a lungo, credo per almeno i prossimi 3 anni.

Affianco a questa considerazione che io sto lavorando instancabilmente quale direttore della cooperativa nel sostenere la nostra comunità di soci: come sempre facciamo molta ricerca sulle più innovative pratiche agricole sostenibili, organizziamo corsi di formazione agricola, sosteniamo in modo importante progetti di formazione e finanziamo scuole di professionalizzazione per i giovani della nostra comunità, il nostro centro medico offre un eccellente servizio sanitario a tutti i membri della nostra comunità. Credo che la filiera del caffè debba lavorare assieme per produrre un caffè sostenibile per il consumatore. Il produttore di caffè con i torrefattori e i produttori di macchine da caffè. E’ importante che troviamo un modello di gestione agricola delle piantagioni e uno schema commerciale più sostenibile per avere nella nostra area famiglie sane e felici che rimangono nella nostra comunità per produrre caffè di alta qualità e socialmente responsabile.”

Chiede Godina: se potesse, quale messaggio rivolgerebbe ai torrefattori italiani e ai produttori di macchine da caffè?

“La filiera di produzione del caffè nei paesi consumatori la conosciamo abbastanza bene: spesso per il mio lavoro ho modo di fare visita alle torrefazioni in America, Europa e Asia. Mi piace molto l’idea, un po’ ispirata dal modello di Finca Rio Colorado, che i torrefattori comprassero una piantagione di caffè qui in Honduras.

Essere proprietari di una piantagione permette di capire in prima persona le difficoltà della gestione e della produzione del caffè e di quanto possa essere a volte iniquo il prezzo che è pagato dal mercato per la produzione. Inoltre in questi anni sempre di più il cambio climatico mette a dura prova il coltivatore con periodi di siccità più lunghi, con condizioni climatiche più favorevoli per il diffondersi delle malattie della pianta, con uragani e piogge torrenziali.

Avere una piantagione di caffè però dà anche una grande soddisfazione, credo che per il tostatore possa essere un’emozione unica il poter cuocere e vendere il proprio caffè. Inoltre avere una piantagione offre numerose opportunità di comunicazione e marketing per l’azienda e la possibilità di organizzare viaggi periodici di visita. Personalmente mi piacerebbe molto vedere aziende dei paesi di consumo venire qui in Honduras per acquistare piantagioni e produrre caffè di alta qualità.

L’Honduras è un ottimo paese per fare questo tipo di operazioni: abbiamo una fortissima cultura del caffè, siamo appassionati e vogliamo continuare in futuro a livello paese a produrre caffè. Il nostro caffè può competere a livello internazionale su tutti i fronti. Nonostante ciò che si può leggere a volte su internet l’Honduras è un paese in cui è facile muoversi, è un paese sicuro e ci sono molte regioni di produzione del caffè con profili differenti di tazza.

Infine vorrei invitare chiunque sia interessato alla prossima edizione dell’evento “Te van a conocer compa”, dedicato ai compratori di caffè verde, i “coffee hunters”, che si terrà a metà marzo 2022. Quest’anno è la diciottesima edizione durante la quale un panel esperto di assaggiatori provenienti da USA, Europa e Asia assaggeranno i migliori lotti di
caffè prodotti nella nostra vallata. L’anno scorso hanno partecipato 950 produttori. Credo che sia un’opportunità straordinaria per chiunque per venirci visitare, per assaggiare in anteprima i nostri lotti di caffè migliori, sia di qualità commerciale che specialty e per celebrare assieme con noi una filiera di produzione che vuole essere sostenibile!”

Omar Rodriguez
Cooperativa Cafetalera Capucas
cafecapucas@yahoo.com

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