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E gli Alemagna sognano di ricomprare lo storico marchio delle caffetterie

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MILANO – «Nonno, vedrai che prima o poi ti ricompriamo il marchio», dicevano un po’ per scherzo, un po’ sul serio Alberto e Tancredi Alemagna (FOTO) a colui che riempì le autostrada d’Italia con la grande A di Alemagna che somiglia tanto al Duomo stilizzato.

Partendo da una pasticceria in piazza Duomo, ereditata dal padre Gioacchino, negli anni Cinquanta il nonno Alberto Alemagna creò un impero dei dolciumi, dai panettoni artigianali all’alleanza con Motta, dalla conquista degli autogrill alle caramelle, dagli scaffali dei supermercati, fino ai freezer dei bar di paese con il gelato a stecco Eskibon.

Per poi vendere tutto e lasciare il marchio prima nelle mani degli svizzeri di Nestlé, poi dei piemontesi Bauli.

Ora i fratelli Alemagna son tornati a Milano e fanno sul serio. Tancredi ha 38 anni, Alberto 33, tutti e due bocconiani e poi esperienze all’estero: il primo a New York, il secondo in Argentina.

Rientrano in Italia nel 2008 per fare gli imprenditori. Fra le mani hanno il ricettario di famiglia, sulle spalle un cognome importante e tanta passione per l’industria alimentare, più qualche insegnamento tramandato in famiglia.

Aprono T’a Milano, che sta per Tancredi e Alberto, ma anche per T’amo, che è una fabbrica di cioccolato artigianale a Cerro Maggiore, nel milanese, dove lavora una trentina di maîtres chocolatiers che inventano ricette nuove, come il cioccolato allo zafferano o quello al caramello e sale delle Hawaii, le tavolette regionali, ai limoni di Sorrento, al caffè di Napoli, al pistacchio di Sicilia ed eccentriche praline.

Uno stabilimento recuperato da un ex cotonificio, dove Alberto s’improvvisa alla linea di produzione: «Ci vado, alle volte, per dare il buon esempio.

Ma anche per capire i tempi di produzione e avere ben chiaro il processo», dice il più giovane dei due, che negli ultimi dieci anni ha approfondito la materia, acquistato cacao dal Venezuela, imparato i segreti della lavorazione artigianale: «Il luccichio del cioccolato dragées a livello industriale si realizza con una sostanza chimica che fa effetto in dieci minuti. Noi, invece lo facciamo artigianalmente e ci mettiamo quattro ore», spiega Alberto.

T’a ha infatti puntato sulla ricercatezza delle formule, sui colori sgargianti, sulle materie prime italiane e di qualità e sta avendo ragione: «Per ora siamo a 5,5 milioni di fatturato, con una crescita di circa il 25% l’anno.

Potremmo crescere più velocemente, ma abbiamo deciso di concentrarci sul consolidamento iniziale e di lavorare molto sul brand e sulla qualità.

Già lo scorso anno lo stabilimento di Cerro è stato raddoppiato. Ora contiamo di entrare nella grande distribuzione con un marchio premium Cioccolato Gourmet. E di portare l’export al 60%. Mentre oggi siamo solo al 15% del volume d’affari.

I nostri prodotti si trovano in boutique come Eataly, la Rinascente, Eat’s, nell’hotelerie Park Hyatt. Questo ci consente di essere anche a Hong Kong, da Fortum e Manson a Londra, e da Marks&Spencer. E presto ci espanderemo in Medio Oriente, Asia e sempre più negli Stati Uniti», dice Andrea Alemagna. Che è amministratore delegato ed azionista di maggioranza insieme al fratello. Mentre Massimo Menozzi di Credit Agricole controlla una quota di minoranza.

«I margini sono buoni, nonostante i costanti investimenti che assorbono oltre il 3% del fatturato consentendoci di crescere. Puntiamo a un ebitda del 15% entro i prossimi due anni. Mentre attualmente si attesta attorno all’8%.

A quel punto potremmo valutare l’ingresso di un partner. Magari un fondo, per fare il salto e passare da piccola a media impresa», progetta Andrea Alemagna. Che ha confezionato anche la torta per il trentesimo compleanno della blogger Chiara Ferragni.

Il bistrot Ta’Milano per fare come il nonno partito da una caffetteria

L’headquarter di T’a si trova invece in un’accattivante palazzina di via Tortona, cuore della Milano più vivace. Mentre a due passi dal Duomo, in via Clerici, è sorto il bistrot Ta’Milano, per diversificare. Ma anche per fare come il nonno che era partito proprio da una caffetteria in piazza Duomo. Per riportare tutto a casa.

Gloria Riva

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