ROMA – Giuseppe Apuzzo, 51 anni, responsabile commerciale e titolare della Royal Moka torrefazione di Roma, rivela la filosofia della sua realtà imprenditoriale legata al caffè nella Città Eterna e fa il punto della situazione delle torrefazioni nella Capitale, una città costellata da circa 13mila caffetterie. Oggi Apuzzo propone con il marchio Royal Moka quattro tipi di miscele, dal 50-50 al 100% Arabica, il 60-40 e il 70-20.
I caffè provengono dal Centro America, Brasile, Colombia, Perù, Guatemala, Costa Rica e India, quest’ultima solo per la Robusta. I dettagli fanno la differenza per Royal Moka con un’aspetto dedicato in particolare all’attenzione per la formazione. Leggiamo di seguito le considerazioni di Giuseppe Apuzzo sulla situazione del caffè nella Capitale d’Italia.
Apuzzo, che cos’è per lei il caffè?
“Per me, per Royal Moka, il caffè è passione e qualità. Per questo sono un promotore dell’espresso italiano di qualità, il prodotto della mia azienda. Il caffè a marchio Royal Moka deve essere assolutamente buono, di pregio, di qualità. Per questo abbiamo la massima cura dalla coltivazione, attraverso un unico fornitore, alla trasformazione che seguiamo direttamente in ogni passaggio. Così rivolgiamo la massima attenzione alla materia prima, lungo tutta la filiera, seguendola dalle piantagioni sino al bar e al consumatore per servire sempre e soltanto il migliore espresso.
La situazione a Roma? Qui la qualità del caffè è legata a diversi consumi e tradizioni, differenti rispetto al Nord o al Sud d’Italia. Perché nella capitale siamo un po’ un ibrido, abbiamo diverse idee di espresso.”
Quali sono queste idee differenti?
“L’espresso a Roma, dal nostro punto di vista, ha conosciuto un calo in termini di qualità. Soprattutto dopo il Covid, i bar hanno ridotto il livello dell’offerta: l’aumento del crudo, dei costi per il confezionamento, dei trasporti, dell’energia, hanno determinato un abbassamento generale della qualità.
Molti torrefattori romani, al contrario di Royal Moka, hanno preferito procedere così piuttosto che andare dal cliente e promuovere la qualità nel prezzo. Creando così però anche una maggiore incertezza per il barista che, a sua volta, per non perdere la propria clientela, ha ulteriormente abbassato i prezzi.
Nella capitale ci sono espressi in vendita a prezzi che vanno dai 90 centesimi ad un euro 1, 20 al massimo. Così facendo però stiamo confondendo il gusto del consumatore, che si allontana ancora una volta dal buon caffè. Che invece dovrebbe essere fine e di qualità con tostature equilibrate rispetto a quello che troviamo in troppi bar di Roma.”
Con bassa qualità al bar il consumatore di Roma reagisce disamorandosi dell’espresso o in quali altri modi?
“Spesso il consumatore si orienta alla capsula-cialda che prepara a casa, piuttosto che andare al bar, dove non è sempre sicuro di trovare un espresso di qualità. Sì perché il consumatore pensa a risparmiare utilizzando il mono porzionato nella sua cucine, perché in questo trova la stessa identità qualità se non addirittura maggiore, che può bere al bar. E questa è la nostra grande paura.
Certo noi proponiamo cialde e capsule di qualità. Ed è motivo di orgoglio offrire il massimo del prodotto per avere più soddisfazione nel nostro lavoro. E, contemporaneamente, essere all’altezza del nostro gusto che si orienta verso un buon prodotto. La nostra filosofia aziendale persegue da sempre questo principio.”
Apuzzo, quanti tipi di caffè proponete a Roma?
“Abbiamo quattro tipi di soluzioni, dal 50-50 al 100% Arabica, il 60-40 e il 70-20: le miscele cambiano solo per le percentuali. Ma la qualità resta sempre la stessa.
Compriamo sempre e soltanto caffè certificati in origine, da un crudista che è il numero uno. Secondo me il migliore che si può avere in quanto garantisce una reale tracciabilità del prodotto. Come origini? Lavoriamo sul Centro America, Guatemale e Costa Rica, Brasile, Colombia, e Perù. Per la Robusta ci rivolgiamo all’India, con crivelli selezionati 17-18.
Sto parlando di verdi che hanno costanza e mantengono sempre le stesse caratteristiche organolettiche, per cui è più semplice per noi preparare caffè rispetto ad altri che compensano l’aumento del prezzo con le origini, o cambiare spesso perché un verde costa di più.
La nostra materia prima proveniente esclusivamente da piantagioni selezionate e certificate. E siamo anche esclusivisti, perché abbiamo contrattualizzato queste origini con il nostro fornitore che è unico, mantenendo la stessa costanza del prodotto nel tempo.”
Capitolo formazione: Apuzzo, lei cosa ne pensa?
“E’ un aspetto fondamentale: Royal Moka vuole essere davvero partner dei clienti. Tutto il nostro personale ha seguito i corsi Sca per essere anche trainer. In più collaboriamo anche con professionisti esterni, come Angelo Sportelli e Riccardo Di Gasbarro che è anche uno dei nostri agenti commerciali.
Anch’io mi occupo della formazione, di primo livello, per la parte caffetteria e di latte art e assaggio. I baristi sono molto incuriositi. Qui a Roma e troviamo sempre tanta umiltà e voglia di crescere: abbiamo un tipo di clientela molto attenta al caffè e vicina alla filosofia dell’azienda.
La Royal Moka è un’azienda che non distribuisce soltanto il caffè, ma che si assicura che i propri clienti ricevano i prodotti da un addetto che è anche un tecnico e formatore. Il nostro personale segue i baristi, per appassionarli al miglior modo di estrazione e così preservare la qualità del risultato finale in tazzina.
Questa è una partnership che ha dei costi ma che serve per elevare il livello di ciascuno del bar che serviamo, con il trasferimento dei concetti fondamentali. E vogliamo coinvolgere tutti i baristi in questa logica. Scegliamo questo target per veicolare contenuti importanti e migliorare l’intero settore. Poi la realtà è che stiamo assistendo ultimamente che c’è un’offerta di Robusta e di Arabica di bassa qualità. Ma noi facciamo argine.”
Apuzzo, vi occupate anche della pulizia delle macchine?
“In fase di formazione la M di manutenzione è fondamentale. Royal Moka si occupa di controllare alla consegna del caffè la durezza dell’acqua, di pulire il dosatore, consideriamo fondamentale lo stato del mantenimento della macchina che va pulita tutti i giorni con i prodotti adatti.
Questo perché il barista deve avere la stessa cura che noi abbiamo per il nostro caffè sulle attrezzature. Cerchiamo di aiutare e di incentivare queste operazioni, che sono fondamentali perché se non eseguite con costanza possono rovinare tutta l’ultima parte della filiera. E anche con il caffè non ci si scappa: il risultato finale non è dato dai passaggi migliori, virtuosi, ma da quello peggiore che vanifica gli sforzi messi in tutto il resto del lavoro.”
C’è un problema: Roma è una città enorme con tantissimi torrefattori (oltre 200). Come si fa a distinguersi tra tutti, vendendo un caffè più caro in una città dove poi viene offerto anche a 90 centesimi?
“C’è una premessa da fare. A Roma il consumo dei bar è più alto rispetto al resto d’Italia. Mediamente anche un bar piccolino ha un fabbisogno di circa 2 chili al giorno. Troviamo quindi condizioni più favorevoli per concedere un po’ di più al barista sul prezzo rispetto ad altre città, dove pure operiamo.
La Royal Moka anche con il suo caffè di qualità riesce comunque a mantenere dei prezzi abbastanza in linea rispetto alla concorrenza medio-alta di categoria. Questo perché siamo produttori che scelgono un target che rispecchia le stesse caratteristiche, con un consumo di tot chili all’anno.
Il barista a cui ci rivolgiamo è disposto a spendere un po’ di più per avere la qualità e vende la tazzina a 1,10 o 1,20 con soddisfazione sia per il gestore sia per il cliente che beve bene. Sì perché va detto che quella forbice di prezzo indicata è ormai una cifra che si trova tranquillamente anche a Roma nei bar di livello che badano consapevolmente alla qualità. Sì perché è importante che il barista trasferisca al cliente il fatto che sta servendo una bevanda di qualità. Così poi a quel punto chi paga sarà disposto a sborsare quei pochi centesimi in più, riconoscendone il valore e reggendo il confronto con la capsula o la cialda che può preparare in autonomia a casa. “
Che cosa vede Apuzzo nel futuro del caffè al bar a Roma?
“Stiamo assistendo all’ingresso di nuovi concorrenti con qualità bassa o molto bassa e prezzi inferiori che si rivolgono alla platea di baristi che cerca soltanto questo. Oggi la concorrenza quindi si gioca su una fascia bassa.
Tuttavia questo per noi di Royal Moka non rappresenta un problema, anzi, ci fa un piacere e ci stimola a migliorare ancora la qualità dell’offerta. In questo modo la differenza tra noi e molti altri è talmente abissale che è molto facile per il barista e il consumatore riconoscere la qualità mettendo a confronto due prodotti così distanti. L’amarezza, il rancido, il legnoso, la gomma bruciata sono chiaramente dei difetti in tazza e il nostro caffè ha requisiti positivi che diventano evidenti per il barista che vuole distinguersi. E per l’avventore che vuole trattarsi bene.
Sì perché abbiamo più presa noi che le aziende che propongono sempre un prodotto di bassa qualità, con un prezzo stracciato per acquisire clientela. La Royal Moka sceglie il target di baristi che mirano alla qualità e sono molto attenti al prodotto che è il più importante nel loro locale, quello che genera traffico”.
Apuzzo, il barista romano è riconoscente verso un torrefattore che vende qualità anche se a un prezzo più alto?
“Assolutamente sì e fidelizza molto il rapporto di partnership.”
Perché c’è qualcuno che prova a vendere prodotti di bassa qualità a meno di dieci euro al chilo?
“Perché scelgono il target che rappresenta una maggiore utenza: attualmente a Roma la situazione più diffusa è questa. A meno che non vadano fieri di quello che propongono, confondendolo per buono così come si è abituati a bere.”
Quanti sono i bar a Roma?
“Con Michele Monzini, che è il Presidente del Consorzio Promozione Caffè, abbiamo rintracciato il numero: a Roma oggi sono attivi circa 13 mila bar, che sono tanti.”
Lei ha la fissa della qualità, perché?
“Mi considero un divulgatore di qualità ad oltranza e quindi mi spiace trovare solo concorrenti con caffè che puntano a target bassi. Sono un romantico del caffè. Da una parte mi fa contento acquisire nuova clientela, dall’altra dispiace perché vorrei misurarmi con altre aziende sulla qualità. Per il futuro del caffè non è una buona cosa, cialde e capsule sono in agguato. Ma la qualità paga sempre.”
Come è arrivato a fare il torrefattore?
“Nasco come barista. Da piccolissimo ho imparato da mio padre che faceva il barman professionista e ha lavorato nei migliori locali di Roma. A 25 anni ho voluto iniziare questa avventura per conto mio, comprando inizialmente caffè conto terzi, e restando subito affascinato dall’imprenditoria.
Poi è stata una costante crescita che oggi ci ha reso una realtà all’interno di un mercato molto monopolizzato, soprattutto a Roma in cui si faticava a trovare il proprio spazio.
Eppure noi, con le nostre scelte, possiamo dire con orgoglio che tutti gli anni aumentiamo il fatturato del 30%. Siamo fieri di quello che stiamo facendo e della strada che abbiamo scelto, migliorandoci nei contenuti, nei servizi e nel prodotto costantemente.”
Da responsabile commerciale è diventato torrefattore e di caffè di qualità a Roma: soddisfatto?
“Moltissimo. Sicuramente ho accresciuto la mia conoscenza del caffè. Ho avuto l’opportunità di conoscere diversi guru che mi hanno aiutato a formarmi sulle caratteristiche organolettiche, sulla trasformazione, sui profili: sono tutte competenze importanti che ho maturato con l’esperienza.
Ho nutrito la mia passione per la conoscenza della materia prima che manipolavo. E c’è sempre e ancora da crescere. È un settore stimolante, ricco di aspetti da scoprire, di molti segreti da svelare.”
Apuzzo, tornando su Roma, ci sono stati molti movimenti tra torrefazioni: qualcuno grande che si è ridimensionato, qualcuno che è cresciuto e tanti fornitori. Che succede?
“Sì, è vero. Andando indietro nel tempo ci sono state aziende che hanno voluto prevalere su altre sul mercato creando un format di finanziamento del cliente molto aggressivo. Non hanno avuto il ritorno aspettato e sono state delle meteore.
Ogni tanto nascono nuove politiche simili, ma spesso sono soltanto fumo e poco arrosto: non si consolidano i clienti, ma sono acquisiti in fretta e altrettanto facilmente saranno persi andando ad altre aziende che si comportano allo stesso modo.
Le aziende che monopolizzavano prima il mercato erano molto più solide, perché erano marchi storici, importanti. L’ingresso di molti altri concorrenti ha però fatto sì che ci si attaccasse sempre meno al marchio, dando spazio anche ad altri, agli ultimi arrivati. Così si creano situazioni altalenanti, con imprese che crescono e altre che si ridimensionano.”
Apuzzo, che attrezzature ha scelto da fornire ai baristi?
“Come macchine del caffè principalmente usiamo La Cimbali e Rancilio, entrambi marchi di qualità in linea con il torrefatto Royal Moka. Le macchine del primo marchio le abbiamo scelte perché sono macchine affidabili per la resa nel caffè, con una termica funzionale, e rappresentano un brand molto conosciuto a Roma dove ha anche una filiale. Quella con La Cimbali è un’ottima collaborazione anche in caso di necessità di ricambi particolari.
Rancilio invece l’abbiamo selezionata perché è più commerciale ma offre sempre un’ottima resa. Inoltre si presenta molto bene nel suo ultimo restyling con luci, led multilevel, ed è molto accattivante per il barista medio.
Per noi che forniamo caffè torrefatto ma anche servizi la macchina deve garantire un’ottima performance nel tempo. Siamo sempre sicuri che l’attrezzatura svolga il lavoro che deve, senza mai risparmiare sull’affidabilità.”
Apuzzo, c’è qualche consumatore che si è fatto sentire, giudicando il vostro caffè?
“Sì, e mi sono arrivati soltanto feedback positivi. Perché il consumatore comunica al nostro barista e al torrefattore. Questa è la carta vincente di Royal Moka, fidelizzare il barista che poi fa lo stesso con il consumatore. Questo fa la differenza. Abituandosi ad un buon prodotto, si capisce la differenza rispetto ad altri bar e il cliente torna dove sa che si beve una buona tazzina.”
Lei guarda anche fuori Roma?
“Intanto siamo già presenti in Abruzzo. Ma i nostri piani sono di allargarci ancora. Con la vendita online di cialde, capsule e grani attraverso Amazon sia per il B2B sia per il B2C. E poi c’è l’estero, la prossima avventura di Royal Moka. È il nostro obiettivo, ci stiamo organizzando, non vogliamo restare spettatori. L’idea è sempre la stessa: portare un caffè di qualità di Roma prima in Europa poi nel mondo.”