MILANO – Nata a sud del Brasile, cresciuta a Como, vive a Milano: Giulia Valentino e le sue mani da artigiana ceramista hanno toccato con mano la cultura, il design, l’architettura di posti anche molto lontani – Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone, Barcellona – per portare poi la sua esperienza in Italia. Dalla sua capacità di manipolare la ceramica sono nate le tazze che hanno accompagnato la gara mondiale del nostro campione italiano barista Matteo Pavoni. Attraverso le sue parole, si può scoprire quanta cura c’è dietro un oggetto che non è un semplice contenitore, ma parte integrante di un rito che molti sostengono verso la candidatura all’Unesco.
Valentino, la sua filosofia artigiana si ispira all’estetica giapponese, ma al servizio dell’espresso, bevanda tutta italiana: come si sposano queste due anime particolarmente lontane?
“L’estetica giapponese per me è fonte di ispirazione, la sento molto vicina al mio gusto, alla mia personalità, e per questo con naturalezza e fluidità entra inevitabilmente a far parte del mio linguaggio.
E’ piuttosto la filosofia giapponese, che abbraccia la lentezza, che attribuisce personalità agli oggetti, e trova unicità nelle piccole differenze e nelle naturali imprecisioni del fatto a mano, che guida il mio lavoro. Con un passato da architetto e da chef, per me oltre alla bellezza degli oggetti di impiego quotidiano, diventa fondamentale la loro funzionalità. Se le mie collezioni si sviluppassero solo attorno ad un’idea di immagine, i miei pezzi non potrebbero diventare parte della quotidianità di chi li accoglie.
Trovo sia fondamentale, specialmente oggi, mettere al mondo oggetti che non si trasformino in “icone” di stile, ma che siano utili, etici e coerenti. E così, con la calma orientale ed il pragmatismo occidentale, realizzo ceramiche che con un linguaggio delicato e semplice, sposano le funzioni più disparate.”
Ci parla della scelta dei materiali per le sue tazze? Hanno anche una funzione specifica per esaltare la bevanda contenuta al loro interno?
“La materia per me è centrale dall’inizio alla fine del ciclo di vita del prodotto. Tutti i grès che utilizzo si mostrano a prodotto finito nella bellezza e unicità delle loro sfumature naturali, che preservo sotto smalti a base cristallina, mai coprenti o pigmentati. Come fossero ingredienti biologici, cerco di valorizzare le variazioni che le terre naturalmente presentano in colore e luminosità. Con la forgiatura della forma invece, riesco ad ottenere risultati più performanti per quanto riguarda l’esaltazione, in questo caso, del caffè. Ancora più che il materiale sono infatti lo spessore, il peso, la curvatura, l’ampiezza e la presa della tazza a fare la differenza nell’esperienza di degustazione.”
Sappiamo che Valentino ha forgiato le tazzine del campione nazionale Matteo Pavoni, per la competizione di Melbourne: che cosa ci può svelare di questa collezione da gara?
“Lascerò che sia Matteo a svelare il risultato finale. La scena è sua! Io mi sono impegnata a rispondere alle sue necessità, alle sue richieste ed al suo desiderio di immagine semplice, elegante ed efficace. Ho lavorato per creare pezzi che non distogliessero l’attenzione dal suo lavoro, ma che potessero valorizzarlo quanto più possibile. L’esperienza del caffè coinvolge tutti i sensi e queste tazzine vogliono essere piacevoli alla vista, leggere e gradevoli al tatto, invitare l’olfatto e soddisfare la degustazione.
Per l’espresso abbiamo deciso di ridimensionare ed aggiustare la curvatura di una delle mie tazze di collezione, alla quale sono molto affezionata e con la quale mi misuro da anni: la macchiato. Si tratta di una piccolissima ciotola, una semisfera quasi perfetta alla quale applico sottili manici a sezione cilindrica, che tiro ed applico a mano. Per il signature/milk beverage invece abbiamo studiato una dimensione ad hoc per un bicchierino dal fondo morbido, sempre semisferico, che stesse inscritto in un cubo, dunque con diametro ed altezza uguali. Tra tutte le mie terre, abbiamo scelto quella più chiara e limpida, dal tono caldo avorio, per dare giusto risalto ai toni terrosi del caffè.”
All’espresso, e più che altro al rito attorno alla tazzina, ha dedicato un progetto, “Sospeso”: ci racconta come si sviluppa?
Racconta Valentino: “Sospeso è una capsule collection che ho disegnato con Silvia Totaro, designer e fondatrice di Specchi, e realizzato nel mio primissimo laboratorio. Sospeso parla della socialità del caffè, prende il nome dalla tradizione napoletana per cui si lascia al banco un caffè solidale, ma parla anche di tutti quegli incontri, quei caffè rimasti appunto sospesi durante il periodo della pandemia. Il design prevede due tazze con manici complementari, che vogliono essere usate insieme, in compagnia, con tutto il piacere che il momento del caffè, tanto comune quanto intimo, porta con sé.”
Quanto è importante – per la sua funzione ma anche per il design e il messaggio che passa attraverso di esso – una tazzina nell’esperienza gustativa?
“Come dicevamo, io credo che ogni esperienza di gusto, sia in realtà un esperienza sensoriale che attiva tutti i nostri sentori. Penso ad esempio, ad un’ottima torta di alta pasticceria servita con piatto e forchetta di plastica… La tazzina in questo senso si forgia a servizio della bevanda: voglio lasciare spazio al naso per inebriarsi degli olii essenziali, voglio che sia comoda in mano, che non si surriscaldi eccessivamente e allo stesso tempo non lasci raffreddare il caffè troppo rapidamente. ”
Valentino, progetti per il prossimo futuro? Come vede la strada evolutiva di queste creazioni nel suo laboratorio e poi nel mondo? Magari qualcosa di sostenibile per l’on the go?
“Per il futuro tante speranze e voglia di sperimentare. Il mio è un lavoro antichissimo, rimasto quasi invariato nei secoli e per questo credo tanto affascinante. La prova più dura, per chi come me abbraccia tecniche artigianali tanto tradizionali, è innovare.
Personalmente continuerò a tornire come i vecchi mastri vasai, impegnando piuttosto la mia ricerca in campo di materia e forma, portando sempre con me la coerenza e la bellezza delle cose semplici. Mi piacerebbe continuare a lavorare con piccole realtà che cercano oggetti studiati, delicati, funzionali e durevoli, magari sperimentali, per esplorare nuove forme e necessità. ”
Fresco dall’esperienza di Melbourne, Matteo Pavoni ha raccontato:
“Abbiamo fatto diversi test su forma, capienza e peso della tazza. Quelle di Giulia erano perfette con il mio Sidra, perché enfatizzavano molto la percezione dell’acidità malica di questo caffè. Risultano piuttosto leggere e nonostante lo spessore inferiore alla media, conservano bene la temperatura della bevanda. Ho utilizzato i formati più grandi per il signature beverage e dare risalto alla cremosità del drink, mentre quelle per espresso sono risultate ottime nella mia routine di gara: i giudici hanno assaggiato la mia soluzione dopo circa 2 minuti da quando l’ho servita ed anche in quelle tempistiche la tazza ha stemperato il caffè esattamente come volevo.”