MILANO – Comunicaffè è innanzitutto, anche, uno spazio in cui scambiarsi informazioni, aggiornamenti e curiosità sul settore caffeicolo. A volte succede di confrontarsi con realtà più piccole ma appassionate e di poter condividere con i lettori diverse esperienze. E’ il caso stavolta di Giovanni Riccioli, che ci ha raccontato la situazione della sua torrefazione, Caffè Riccioli. Che definisce una micro torrefazione.
E subito racconta il suo sogno: “Mi piacerebbe creare un gruppo di micro torrefattori con il quale confrontarmi. Con gente, con aziende come la mia che, come me, che hanno le stesse problematiche, quelle che per emergere devono fare qualità a 360 gradi”.
Giovanni Riccioli, artigiano del caffè di 50 anni
Si presenta con delle parole che ben lo rappresentano.
“Sono innamorato di questa bevanda sublime da pochi anni, esattamente 2 fino a meno di 10 anni fa ero un architetto d’interni.”
Ma la sua vuole essere soprattutto una denuncia di una condizione che in qualche modo sta frenando la sua attività.
Quali sono le difficoltà di Giovanni Riccioli
Faccio fatica a diffondere il mio brand all’interno dei bar della provincia di Como e Lecco. I miei sforzi portano a risultati scarsi.
La poca conoscenza del prodotto del consumatore
Giovanni Riccioli individua come primo problema, quello che è un tema che tra gli operatori del settore si conosce bene: la cultura del caffè non è particolarmente diffusa.
Spiega il torrefattore: “il cliente non capisce nulla di caffè. Quindi il barista procede senza troppi sforzi. Non si rende neppure conto che, se al consumatore per qualche motivo non piace l’espresso, semplicemente non torna. In questo modo, il barista non saprà mai le vere ragioni dietro la sua scomparsa.
Gli addetti del settore non sono adeguatamente preparati
Giovanni Riccioli coglie poi un altro tallone d’Achille, molto sentito anche nelle aziende più grandi: l’assenza di formazione.
Con le sue stesse parole: “La maggior parte delle grosse aziende assumono venditori poco preparati o in modo approssimativo. Soprattutto, con poco amore per il caffè.
La mancanza di passione
L’aspetto che più delude questo piccolo torrefattore, riguarda un‘assenza di coinvolgimento rispetto alla materia prima venduta. La denuncia è di un generale appiattimento del mestiere, che viene inteso come semplice fonte di guadagno.
“Siamo in un momento in cui i baristi affrontano una congiuntura poco favorevole: concorrenza tra bar, crisi economica, capsule e cialde. Quindi si tende a vendere il prodotto pensando solo al profitto e non a trasmettere qualità e cultura.”
Quale potrebbe essere una soluzione?
Ecco la proposta di Giovanni Riccioli: “Mi auguro che in futuro l’obbligo di indicare l’origine dei prodotti venga estesa anche al caffè.
Perchè un’arabica Etiope è diversa da quella di altre zone. Inoltre sarebbe ideale che ci sia più informazione riguardo le varie origini del prodotto.
Ormai, purtroppo, il mercato maxi economico del caffè va verso la direzione low cost, ne è un esempio l’origine Vietnam”
La salvezza è invece il prodotto di alta qualità
“Invece, io dico sempre che bisogna dare il valore assoluto alla tazzina. Perchè noi essere umani non abbiamo bisogno del caffè per vivere ma è semplicemente una coccola per la nostra anima. Insomma, il caffè è un piacere se non è buono che piacere è?”
Caffè Riccioli
E’ una giovane realtà artigianale, i cui prodotti vengono seguiti in ogni fase della loro produzione. Prestando innanzitutto la massima cura al particolare.
Questa attenzione viene rivolta a tutti i clienti sia del canale Horeca che ai privati. Dando nel primo caso, l’assistenza per estrarre al meglio le miscele proposte;
mentre per il secondo l’ampia gamma di scelta di caffè, capsule compatibili e prodotti artigianali di pregiata qualità. Con la possibilità di personalizzare il proprio ordine.