MILANO – Negli ultimi giorni, abbiamo dato spazio al punto di vista di un micro torrefattore, Giovanni Riccioli. Un articolo che ha subito, giustamente, sollevato molte reazioni tra gli operatori del settore.
Parecchie sono stati i professionisti che hanno condiviso il suo punto di vista; ma anche una critica, alla quale Comunicaffè offre le sue pagine online. Assieme poi alla risposta del titolare della Torrefazione Caffè Riccioli.
Giovanni Riccioli: botta e risposta
Inizia così un’osservazione volendo legittima, in reazione alle problematiche già evidenziate nella prima lettera aperta.
“Cominciamo dal punto sollevato riguardo la qualità della materia prima trattata. Il problema vero piuttosto, è che tutti si improvvisano a fare tutto.
Preservare la qualità è di certo un aspetto sul quale mi si trova assolutamente d’accordo. Anche se, come dico spesso, il caffè è come la musica: non esiste musica bella o musica brutta. Piuttosto esiste musica che piace e musica che non piace. Idem il caffè.”
La priorità è per la formazione professionale
Continua l’intervento in risposta a Giovanni Riccioli. “bisognerebbe quindi preservare la reale competenza. Per fare il medico si deve studiare, per fare l’avvocato anche; persino per fare l’elettricista.
Invece, per tostare, bastano 4 soldi per comprare una tostatrice.”
La domanda di provocazione
Ed ecco il vero focus critico del nostro altro interlocutore: “perché non ha continuato a fare l’architetto, la reale professione per la quale ha studiato ed in cui probabilmente eccelleva? Anche a me piace la Ferrari, ma non per questo costruisco macchine da corsa.”
Giovanni Riccioli: “Sorrido. Immaginavo questa domanda lecita che mi è stata rivolta spesso”
“Semplice. E’ vero: io ero molto bravo come architetto d’interni. Un mestiere che ho appreso intanto che facevo l’operaio in falegnameria.
Fino a quando, al terzo anno, ho rischiato di perdere una mano su un macchinario che in Brianza ha fatto molte vittime. E’ stato allora che ho cambiato vita.
Rischiando, rinunciai al mio stipendio mensile ed iniziai a fare il venditore a provvigione di mobili in uno dei tanti show room della zona. Insomma, sono riuscito a finire gli studi, aumentare le mie competenze sia nella progettazione che nella vendita a 360°.”
Procede il racconto del micro torrefattore
“Dopo vari anni con eccellenti risultati professionali ed economici mi sono deciso di aprire una mia azienda di Contract arredi nel 2006.
Purtroppo dopo tre anni ho chiuso perchè la crisi economica nell’arredamento ha fatto varie vittime. Sopratutto tra quei piccoli imprenditori che vivevano con i propri soldi e non con quelli fatti dai loro nonni e genitori. Ovvero i classici figli di papà brianzoli. ”
A 42 anni, mono reddito, una moglie e 2 figli adolescenti
Ancora la parola a Giovanni Riccioli: ” il mio era un inglese non perfetto; il settore arredo ancora in una crisi piena. Ero ormai troppo qualificato per fare l’operaio. Allora, l’alternativa è stata una caffetteria. E’ vero: è un’operazione che in molti fanno. Ma cambia nel modo in cui si procede.
Da li ho iniziato ad innamorarmi del prodotto. Osservavo i clienti e chiedevo loro le sensazione. Ovviamente mi sono documentato, ho studiato. Ho guardato video e chiesto al mio stesso torrefattore.
Da tutto questo processo è nata la mia voglia di emergere. Questo desiderio mi ha portato ancora una volta a volermi migliorare.”
Così, nel 2015 la vendita del bar e l’apertura della Micro Torrefazione
“Non ho rimpianti. Perchè la mia formazione industriale mi ha insegnato che la macchine non si fermano mai. Io non ho clienti a sufficienza per avere una macchina tostatrice. Quindi mi affido ad un’amico col quale tostiamo. E’ grazie a lui che ho imparato molto. Ma tanto dovrò ancora imparare.
Quindi per chiudere, auguro a tutti di avere sempre tutte le mattine la forza di aprire gli occhi. Di credere sempre in ciò che fate, sopratutto quando tutto vi crolla addosso e pensate di non riuscire, credeteci con ancora più forza.”