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GIOVANNI ACHILLE GAGGIA – Così rivoluzionò il modo di estrarre il caffè

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L’amore di Giovanni Achille Gaggia (1895-1961) per il caffè inizia nel 1931 quando Gaggia comincia a lavorare presso il bar di famiglia che porta il suo nome, il Caffè Achille, al n. 14 di Viale Premuda. All’epoca gli affari procedevano a fatica, difficile soddisfare il gusto dei clienti, ma la provvisoria condizione di svantaggio fu per Gaggia uno stimolo a migliorare la propria attività. In quegli anni, nei bar di Milano, era diffusa la macchina da caffè espresso detta “a colonna”, la cui origine risale al diciannovesimo secolo.

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Nel cerchio rosso Achille Gaggia. A sinistra il presidente della Repubblica Giovanni Leone

È nel 1900 che le prime sbuffanti macchine a vapore appaiono nei bar sostituendo definitivamente le vecchie caffettiere. Il nuovo procedimento era basato sull’impiego di vapore acqueo creato all’interno di una caldaia e sul suo passaggio attraverso uno o più porta filtro. Le macchine a vapore avevano una caratteristica forma a colonna, una struttura funzionale al meccanismo tecnico poiché la caldaia aveva uno sviluppo verticale.

Tuttavia, la preparazione del caffè con la macchina a vapore non garantiva ottimi risultati, poiché spesso la nera bevanda risultava troppo amara (il caffè veniva, di fatto, “bruciato” dal vapore), la pressione di caldaia non superava mai ¾ di atmosfera, mentre la temperatura si aggirava sui 98°-100°C. Le parole di Achille Gaggia, riportate dal nipote Giampiero Gaggia, ci offrono un’idea degli inconvenienti tipici dell’epoca dovuti all’uso del vapore: “Quando si beveva un caffè, sembrava di entrare in una Milano nebbiosa”.

Partendo da queste problematiche Gaggia pensò di perfezionare, modificandolo, il sistema di estrazione e iniziò così una sperimentazione continua all’interno del bar di famiglia (sul bancone troneggiava la macchina per caffè espresso, una raffinata Victoria Arduino) con l’aiuto partecipe di alcuni amici.

Nello stesso periodo, si verifica una circostanza che ebbe ricadute importanti sulle ricerche svolte da Gaggia: l’incontro con Antonio Cremonese (1892-1936). Cremonese, di ritorno dal fronte, aveva investito le sue risorse finanziarie in un bar, il Mokasanani di via Torino. Antonio Cremonese condivideva con Achille Gaggia il medesimo obiettivo: il desiderio di affinare l’estrazione del caffè dalla macchina da bar.

Nel 1936 la morte di A.Cremonese sopraggiunge in concomitanza con la registrazione del brevetto n. 343.230 che certificava il metodo detto “rubinetto a stantuffo per macchina da caffè espresso”: una procedura di estrazione in assenza di vapore che consentiva la riuscita della crema caffè.

Achille Gaggia, appresa la notizia, acquista dalla vedova Rosetta Scorza per una somma consistente (si parla di dodicimila lire, ma non esiste documentazione scritta che attesti la cifra versata) il brevetto depositato.

Nonostante la certificazione brevettata, l’invenzione è ancora da perfezionare. Gaggia intuisce la genialità del nuovo sistema e ne intraprende il miglioramento, conseguendo, fin da subito, un successo inaspettato. Egli riuscì a gestire l’intero processo mediante il quale l’acqua calda sotto pressione passava attraverso il caffè macinato.

Grazie a questo procedimento soprannominato “a torchio” (il sistema Lampo), si controllava con precisione la riuscita del caffè e il risultato era differente rispetto a quello ottenibile con il vapore delle macchine “a colonna”.

brevetto gaggia 726Achille in data 5.9.1938 deposita il brevetto n. 365726 che, rilasciato il 12.12.1938, rivoluzionò definitivamente il modo di estrarre il caffè. Il Brevetto presentava come intestazione tale dicitura: “Rubinetto a stantuffo per macchine per produrre istantaneamente infusi in genere (per esempio caffè thè camomilla e simili)”.

Nel 1938 Gaggia apre un ufficio con annesso un piccolo laboratorio (via Pietro Calvi, n.2), fonda la ”Brevetti Gaggia G.A.” e dà inizio alla promozione del gruppo erogatore da lui brevettato.

La registrazione del brevetto può essere interpretata come un vero e proprio “mito fondativo”: da questo momento inizia non solo la storia unica di un marchio rappresentativo dell’eccellenza italiana, ma anche un imprescindibile modo di assaporare il caffè, l’espresso con crema naturale, che non ha precedenti.

Artefice di questa “rivoluzione copernicana” del gusto è Achille Gaggia, originale inventore della crema caffè. Per il momento, l’obiettivo principale di Gaggia è vendere i nuovi gruppi erogatori ai baristi sostituendoli a quelli vecchi ancora presenti, ma la permuta non è agevole, visto il costo che il singolo gestore deve affrontare.

All’epoca le macchine per caffè erano pezzi artigianali non ancora costruiti in serie e presenti solo nelle grandi città italiane. Avviare una produzione di macchine da bar in quel frangente storico non era cosa facile.

Nel 1947 Achille Gaggia deposita il secondo brevetto riguardante l’introduzione del pistone: il funzionamento “a torchio” viene sostituito grazie all’inserimento di una leva in grado di pompare acqua sotto pressione sulla polvere di caffè. L’innovazione fa sì che il caffè sia attraversato dalla sola acqua calda a una pressione elevata (circa 9/10 atmosfere), consentendo di estrarre gli aromi che danno pienezza al gusto e le componenti atte a produrre la crema tipica della tazzina di espresso.

Con questo innovativo apparato “a leva”, il controllo delle fasi è principalmente affidato alla macchina. All’operatore compete la scelta della qualità di caffè, del suo grado di macinatura e il compito di pressare nel filtro i 7-8 grammi di macinato. La temperatura dell’acqua che attraversa la polvere è di circa 90-92° C; la pressione è determinata dalla forza della molla (caricata dalla leva) che spinge il pistone verso il filtro per estrarre, in 25-30 secondi, l’espresso guarnito di crema.

L’aroma intenso sancisce in breve tempo il successo della crema caffè espresso e decreta il caratteristico modo di bere il caffè all’italiana.

La produzione in serie del brevetto è oramai vicina. Gaggia propone il gruppo perfezionato ad altri produttori che inizialmente lo rifiutano, ritenendo bizzarra e costosa la recente tecnica di estrazione. Achille non si affligge e palesando uno spiccato fiuto per il marketing installa nei bar che accolgono le sue macchine un’insegna (Crema caffè di caffè naturale funziona senza vapore) volta ad attirare potenziali avventori.

Le resistenze iniziali dei clienti erano, tutto sommato, comprensibili e giustificabili. Achille Gaggia indicava un modo nuovo di assaporare il caffè. La nuova bevanda era contraddistinta da un voluttuoso aroma, un sapore corposo e un’inedita crema color nocciola: si trattava di un trucco ingegnoso o l’infuso erogato era davvero caffè? I successivi eventi spazzarono via ritrosie e dubbi…

In breve tempo il sistema è adottato da alcuni famosi bar di Milano quali Motta e Biffi dislocati nell’elegante Galleria Vittorio Emanuele. In pochi giorni si formano lunghe code contenute a stento dalla forza pubblica: tutta Milano è in fila per degustare la crema caffè naturale ideata da Gaggia.

Nonostante l’evidente successo, Gaggia non possiede ancora un’officina in grado di produrre macchine in serie. Il progetto è realizzabile solo dopo l’incontro con l’imprenditore Carlo Ernesto Valente, che mette a disposizione la propria azienda per la costruzione delle macchine per espresso.

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Da questo fruttuoso incontro nasce “Classica” (1948), che segna un passaggio importante da un punto di vista tecnologico (l’introduzione della leva), ma anche funzionale ed estetico. “Classica” è tra le prime macchine ad avere uno sviluppo orizzontale, una soluzione che ne aumenta la praticità. Tale formato, infatti, permette di avere più gruppi in linea, consente maggiore accessibilità al barista ed è capace di garantire una produttività elevata; il modello, inoltre, presenta un piano poggia tazze capace di riscaldarle sfruttando il calore delle due caldaie.

Il successo della “Classica” è sancito dall’incredibile qualità del caffè che è in grado di realizzare, più cremoso e aromatico rispetto al passato.

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Assieme alle prime macchine nasce anche il celebre logo che d’ora in avanti contraddistinguerà il brand Gaggia: una caffettiera dalle linee retrò affiancata al disegno di un moderno gruppo-leva.

La rappresentazione grafica del marchio Gaggia suggerisce all’istante il binomio classicità/cambiamento. Il connubio tra una caffettiera tradizionale e un innovativo pistone non è casuale. Il logo è, infatti, una perfetta sintesi del concept che anima, fin dalle origini, la filosofia aziendale – tradizione in continua evoluzione – ma è anche esempio della vena comunicativa di Achille Gaggia: il fondatore del marchio aveva compreso, in anticipo sui tempi, l’importanza di una comunicazione promozionale fatta di asserzioni chiare e di segni grafici evocativi.

Gaggia si organizza per la vendita diretta ai bar: durante la notte vengono portate via le macchine verticali e cilindriche oramai obsolete, sostituite da quelle larghe e orizzontali. Un cambiamento progressivo che muterà gradualmente anche la storia del caffè espresso.

Nel 1950 termina la cooperazione tra Achille Gaggia e Carlo Ernesto Valente: i due, avendo idee commerciali differenti, decidono di porre fine alla loro collaborazione.

Per Achille Gaggia inizia una nuova stagione produttiva in società al 50% con l’ing. Armando Migliorini. Nella nuova sede milanese situata in via Archimede 69 (trasferita poi al n. 9 di via Cadolini), la fabbricazione di macchine da caffè viene ampliata in maniera esponenziale.

Il rito quotidiano del caffè, tipico di ogni italiano (e non solo), è consumato nei bar da un numero crescente di clienti. L’esigenza di un orientamento verso grandi produzioni in serie e la voglia di sperimentare, caratteristica di questo momento storico fortemente creativo, inducono gli imprenditori a rivolgersi ad architetti e designer per studiare prodotti mirati, in linea con le mutate esigenze.

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Dopo “Classica”, Gaggia avvia la produzione di diversi modelli da bar di grande successo, con caratteristiche estetiche di forte impatto; utilizza rifiniture color oro e pannelli cromati retroilluminati, per mettere in risalto l’eleganza di tali apparecchi destinati ad ambienti pubblici di un certo decoro. I primissimi modelli risentono, in certa misura, delle influenze di un orientamento streamline d’importazione americana. Ne è un esempio il modello Gaggia Esportazione 1950.

Nel 1952 il successo delle Officine Gaggia può dirsi consolidato. La fabbrica produce a pieno ritmo un’ampia gamma di prodotti quali macinadosatori e gruppi multipli.

Nasce ora l’esigenza di creare un mercato rivolto all’ambito domestico, impiegando l’esperienza maturata con la produzione di macchine a leva.

Partendo dal sistema a pistone vengono sperimentati differenti prototipi che condurranno all’ideazione del modello “Gilda”. Il marchio Gaggia entra così nelle case degli italiani portando il bar a domicilio. Il gusto deciso del caffè espresso affiancherà quello più tradizionale erogato dalla classica moka.

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Non essendo creati in serie, i primi modelli hanno un costo elevato e sono quindi accessibili a una clientela ristretta che farà della macchina un vero status symbol, un oggetto di culto rappresentativo della “dolcevita” dell’epoca.

Intorno alla metà degli anni Cinquanta, in quasi tutto il paese sono presenti macchine con sistema a leva. La moda del caffè espresso oramai dilaga. Numerose sono le case costruttrici dedicate a questo settore: se ne contano registrate quasi una cinquantina.
L’azienda Gaggia comincia a indirizzare la produzione all’export d’oltralpe.

Nel 1952, presso il quartiere londinese di Soho, arriva al Moka Bar e di seguito al Bar Italia, la prima macchina Gaggia (modello “Classica”) e con essa la novità della crema caffè: è un successo immediato che si propaga rapidamente grazie all’ambiente creativo della capitale inglese, da sempre centro di irradiazione di gusti alternativi e tendenze. Gaggia è il primo brand italiano a essere importato nel Regno Unito.

In pochi anni, al di fuori dei confini italici, quella dell’espresso diventa una vera e propria moda in forte crescita (così come il consumo del cappuccino) strettamente congiunta all’idea di italian style. La diffusione del rito dell’espresso raggiunge l’Africa (in passato terra di colonizzazione italiana) e i paesi d’oltreoceano, in particolare l’America settentrionale, il Sud America e l’Australia, per la massiccia presenza di emigrati italiani.

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Nello stesso periodo (1957), a Milano, presso la sede di via Cadolini, viene avviata la produzione in serie del modello “America” assemblato per la prima volta nelle rulliere a ciclo continuo. Gaggia perfeziona ulteriormente, proprio sul modello “America”, l’efficienza del sistema a leva; questa tipologia di macchina verrà prodotta in migliaia di esemplari riscuotendo un grande successo di pubblico.

Nel 1961 scompare prematuramente Giovanni Achille Gaggia, illustre fondatore del marchio nonché inventore della crema caffè. Le responsabilità di gestione passano al figlio Camillo e al socio Armando Migliorini, i quali ereditano un’impresa divenuta con il tempo leader nel settore.

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