domenica 22 Dicembre 2024
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Il caffè interagisce con l’apprendimento dei giovani. A patto che…

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MILANO – Caffè e apprendimento. Può essere utile sapere che cosa ci consiglia la scienza dell’apprendimento e come funzioni l’interazione con il caffè.
Cominciamo con una domanda: come impariamo? Che cosa avviene mentre apprendiamo qualcosa di nuovo? Quali sono gli errori più comuni? Ecco alcuni consigli utili, soprattutto (ma non solo) per i giovani che si trovano ad imparare qualcosa di nuovo.

È davvero utile il caffè? Partiamo subito sfatando qualche mito. Se vi siete messi a leggere questo articolo ed avete preso un caffè per imparare meglio, forse avete fatto subito la mossa sbagliata.

Il caffè è un eccitante, è un’ottima fonte di antiossidanti ed è utile per certi tipi di apprendimento, per lo più passivi. Se tuttavia cerchiamo intenzionalmente di imparare qualcosa (come quando si studia o si legge con attenzione) il caffè non aiuta.

Anzi, la scelta migliore è quella di bersi un caffè al termine di una sessione di studio: alcune ricerche hanno infatti dimostrato che è in questo momento che il caffè fa la differenza, aiutando il cervello a sedimentare quanto si è studiato.

Quindi, se vi siete preparati un caffè, vi conviene berlo alla fine della lettura di questo articolo.

È importante a questo punto sapere come il cervello apprende. Di norma, quando impariamo qualcosa di nuovo, sia esso un testo, un’abilità o un gioco di strategia, la parte coinvolta del cervello si modifica, si adatta al processo di apprendimento, per poi trovare la via giusta: proprio come facciamo noi quando cerchiamo di imparare qualcosa.

Se prendiamo un gioco complesso come il poker, il giocatore, una volta fissate nella sua mente le regole, deve di volta in volta imparare, trovare la strategia giusta, adattarsi allo stile di gioco degli avversari e capire ogni volta chi ha di fronte. Ed il processo di apprendimento del giocatore non è quindi lineare, ma sarà un percorso tra tentativi ed errori.

E in effetti quando il cervello apprende, la parte coinvolta nel processo aumenta in dimensioni, ma una volta che l’abilità è stata appresa ritorna alle dimensioni originarie: in un certo senso, nella fase di apprendimento fa una serie di tentativi per trovare i circuiti giusti, ma una volta esaurito il processo le connessioni che non servono vengono eliminate.

Come abbiamo appena visto, è il cervello stesso che apprende per tentativi ed errori. Ed è importante che noi stessi impariamo dagli errori. Errare è umano e per certi versi anche necessario: molte aziende innovative creano una cultura aziendale in cui si incentiva la creatività invitando anche a rischiare ed ai rischi si associano necessariamente anche dei fallimenti.

L’importante è tuttavia avere la giusta mentalità quella che consente di imparare dagli errori. La nostra mente, infatti, in caso di errori, sceglie due vie:
– quella del miglioramento, in cui all’errore segue la ricerca di una nuova soluzione
– quella della chiusura, con l’errore associato ad una minaccia, che porta a chiudersi in sé stessi.

Sono quindi gli errori che ci danno la possibilità di aprirsi a nuove soluzioni, per cui gli errori sono una tappa fondamentale dell’apprendimento e la via da scegliere è sempre la prima, anche se l’istinto può suggerire di scegliere l’altra.

Usare i metodi efficaci di apprendimento. La scuola ci insegna diverse nozioni, in alcuni casi anche abilità, ma spesso non insegna la cosa più importante che servirebbe alla nostra formazione: il metodo migliore di studiare e apprendere. Uno studio pubblicato su Scientific American ha messo in evidenza, dati alla mano, quali sono le tecniche che davvero garantiscono performance migliori.

In particolare, è emerso che solo due tecniche sono davvero efficace per aumentare la performance di apprendimento: testare conoscenze acquisite, ad esempio con dei quiz; distribuire lo studio nel corso del tempo, mentre le sessioni full immersion hanno una efficacia limitata.

Una volta arrivati a questo punto, ci si può anche concedere il caffè di cui si parlava all’inizio. Oppure schiacciare un pisolino: anche dormire aiuta ad apprendere, visto che nel sonno avviene il consolidamento e la creazione di nuovi collegamenti tra neuroni.

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