lunedì 23 Dicembre 2024
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Pasticceria giapponese bella e buona: colpisce l’occhio e anche il palato

Il Giappone è anche in Italia, e arriva per allietare i palati tricolore con ricette esotiche. Tra dessert dalla lunghissima tradizione (wagashi) e nuove ricette di ispirazione occidentale (yogashi), la pasticceria del Sol Levante sta conquistando velocemente anche l'Italia

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MILANO – I dolci giapponesi, com’è facile immaginarseli, non sono buoni ma anche belli a vedersi. L’impatto visivo certo non è un elemento trascurato dalla cultura orientale e quindi, non potevano esser di meno le preparazioni che devono addolcire non solo il palato ma anche gli sguardi. Direttamente dal Giappone quindi, proponiamo 16 ricette golose che conquistano anche i palati più legati al made in Italy. Dal sito tgsky24.it.

Giappone: dove il dolce è anche fotogenico

Piccoli, colorati e bellissimi: sono i tre aggettivi che definiscono al meglio la pasticceria giapponese. Che è ormai sempre più famosa in tutto il mondo e che sta dando vita a catene di negozi specializzati in wagashi (dolci tradizionali) e yogashi (dolci di ispirazione occidentale)Soffici, dorati e tondi, i dorayaky (どら焼き) sono dolci composti da due pancake con una salsa all’interno.

Il nome deriverebbe dalla loro conformazione: “Dora in giapponese significa gong”, spiega Machiko Okazki, pastry chef e fondatrice di Hiromi Cake. Secondo la leggenda, infatti, un samurai di nome Benkei dimenticò il suo gong nel fienile di un contadino presso il quale si nascondeva, e questi lo usò per preparare il primo dorayakiOriginariamente erano composti da un solo strato di impasto e una farcita con marmellata anko.

Successivamente Ueno Usagiya mise a punto la forma attuale

“Il Dorayaki è anche il dolce preferito di Doraemon, il famoso manga giapponese”, ricorda Okazki, che ha messo nella sua carta tantissime varianti Il Mochi è considerato il simbolo della pasticceria giapponese. Si tratta di dolcetti fatti con riso glutinoso, una varietà asiatica dal chicco fine e dalla forma allungata. La sua particolarità è che, una volta cotto, diventa molto appiccicoso.

“Questo riso, come le altre varietà, in realtà non contiene glutine, ma un componente dell’amido che lo rende amalgamante”, spiega la pastry chef. Viene detto anche “riso dolce” per il suo sapore zuccherinoIl mochi viene spesso riempito di anko, marmellata dolce a base di fagioli azuki. In questo caso viene chiamato Daifuku Mochi.

Si consuma soprattutto a Capodanno come buon auspicio. Infatti, Daifuku Mochi può essere tradotto come “il dolce di riso della grande fortuna”L’Azuki è il legume più consumato in Oriente dopo la soia. Sa di castagna e nocciola.

Il termine “Azuki” significa “buona salute”: non a caso è ricco di proprietà benefiche. La marmellata Anko è presente in moltissimi dolci giapponesi tra cui i Monaka, cialde ripiene di questo ingredienteSoprattutto negli ultimi anni, però, non mancano le contaminazioni con la pasticceria occidentale. Anche tra i cosiddetti Yogashi, ce ne sono alcuni impreziositi dall’Anko.

Un esempio dal Giappone

La Castella o Kasutera

La Millecrepes al tè verde e panna montata. L’Anko è tra gli ingredienti protagonisti di alcuni wagashi, i dolci tradizionali giapponesi che vengono spesso serviti nella cerimonia del tè verde. Una delle varianti più apprezzate è lo Yokan, fatto di solida gelatina e solitamente venduto a blocchetti. Oltre all’Anko, per la sua preparazione si utilizzano anche zucchero e agar agar Per i più golosi viene servito l’Anmitsu, un assortimento di Mochi, Yokan, Anko, frutta e altri dolci a scelta. Si tratta del cibo ideale per accompagnare una tazza di tèIl Matcha è un tè tra i più famosi al mondo.

Una leggenda giapponese narra che sarebbe stato il principe di Dharma a portarlo in Giappone, dopo averne testato le proprietà eccitanti. Oggi il Matcha è usato come ingrediente in tantissimi dolci, come la Matcha cheesecake. La Castella o Kasutera (カステラ) è un morbido Pan di Spagna giapponese a base di uova, zucchero, miele, farina e acqua calda.

Fra i dolci “di frontiera” ci sono i Japanese pancake

Rispetto a quelli americani o a quelli che racchiudono l’Anko per formare il Dorayaki, questo tipo di frittella è più morbida e alta grazie all’aggiunta di albumi montati a neve fermissima e passati in freezer. Anche la tecnica di cottura fa sì che il risultato sia soffice e vaporoso.

Il kintsugi (金継ぎ) è l’antica arte giapponese di rincollare i pezzi del vasellame rotto attraverso preziosi inserti di oro, argento o rame, che donano nuova vita ai frantumi, ristabilendone la forma originaria attraverso un magnifico reticolato di colore. A questa arte è dedicato Hiromi, uno yogashi con mousse di prugna e umeshu, doppio biscuit e marmellata di azuki e lamponi.

La lacca in Giappone è una costante in tutta l’arte e l’artigianato e riesce a rendere affascinanti e minimali superfici ed intarsi

La glassa al cacao vuole imitarne l’effeto. In questo yogashi è l’involucro esterno di Shizuko, una mousse al cioccolato Madagascar 64% Valrhona, e cremoso alla nocciola e zenzero, poggiati su un disco di croccante sablée. Oltre i dolci tipici, i pastry chef osano molto. La Yuzu tarte deve il suo profumo allo yuzu (柚子). Un agrume originario della Cina ma che ha presto conquistato il cuore dei giapponesi. In questa creazione di Hiromi è abbinato alla meringa, crema pasticcera allo yuzu e sablée croccante. Il Roll cake momo è uno yogashi che incorpora in un involucro molto colorato un ripieno di pesche.

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