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venerdì 22 Novembre 2024
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Nel Sol levante si salta la prima colazione: i giapponesi a rischio cardiovascolare

Complessivamente, dopo l’aggiustamento per sesso e per età (fattori di rischio non modificabili) e per altri fattori confondenti, per i soggetti con almeno due comportamenti poco virtuosi, rispetto a coloro che non ne dichiaravano, aumentava del 15-20% il rischio di eventi cardiovascolari (infarto e ictus)

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TOKYO – Ci sono degli sgarri che possono fare la differenza quando si parla della salute del nostro organismo: piccole abitudini che apparentemente sono innocue (come concedersi un dolcino dopo cena) che però sommate nell’arco della giornata e soprattutto, protratte negli anni, hanno degli effetti non entusiasmanti sul corpo. E’ quello che è emerso da una ricerca scientifica svolta in Giappone, su una popolazione che è risultata esser soggetta a diverse patologie. Leggiamo i particolari dal sito nutritionfoundation.com.

La ricerca è firmata dai professori Kaneko H, Itoh H, Kiriyama H, Kamon T, Fujiu K, Morita K, Michihata N, Jo T, Takeda N, Morita H, Yasunaga H, Komuro I.
e pubblicata su Atherosclerosis. 2021;320:79-85. doi:10.1016/j.atherosclerosis.2021.01.022

Giappone: gli autoctoni non godono proprio di ottima salute

Saltare la colazione, cenare tardi la sera oppure consumare spuntini poco prima di andare a dormire sono comportamenti poco virtuosi che (insieme ad altri fattori, come la scarsa attività fisica, l’abitudine al fumo e scelte alimentari sbagliate) possono incidere negativamente sulla salute. A suggerirlo è questa analisi retrospettiva sulla popolazione giapponese, che ha osservato come queste abitudini, in persone sane, si associno indipendentemente ad un aumento del rischio di eventi quali l’infarto del miocardio, l’angina pectoris, l’ictus e l’insufficienza cardiaca.

I ricercatori hanno valutato i dati di quasi 2.000.000 di persone sane, con un’età media di 45 anni

Estratti dal più ampio database del Giappone del Japan Medical Data Center (JMDC). Circa la metà dei soggetti (51%) aveva riferito comportamenti alimentari non ottimali. Di questi, in particolare, il 33,9% consumava spuntini dopo cena almeno tre volte la settimana, il 41,3% saltava la colazione e ben il 65,8% cenava poco prima di andare a dormire, tre o più volte alla settimana. Le persone più inclini a questi comportamenti erano con maggiore probabilità obesi e fumatori, con un’elevata circonferenza addominale, mentre le differenze nella frequenza di dislipidemia e nei valori pressori, rispetto alle persone con abitudini più regolari, erano modeste.

Complessivamente, dopo l’aggiustamento per sesso e per età (fattori di rischio non modificabili) e per altri fattori confondenti, per i soggetti con almeno due comportamenti poco virtuosi, rispetto a coloro che non ne dichiaravano, aumentava del 15-20% il rischio di eventi cardiovascolari (infarto e ictus).

Per quanto concerne il rischio di infarto, i comportamenti con effetto meno favorevole risultavano saltare la colazione e consumare spuntini prima di coricarsi, mentre l’abitudine di cenare tardi la sera aumentava maggiormente il rischio di ictus.

È probabile che, come spiegano gli autori, questi comportamenti alimentari si associno ad un aumento del rischio cardiovascolare peggiorando il livello di alcuni fattori di rischio cardiovascolare classici.

È tuttavia possibile che essi siano anche, almeno in parte, dei segnalatori di uno stile di vita poco equilibrato. Lo studio, in ogni caso, conferma che la distribuzione dei pasti che includa una colazione mattutina ed una cena consumata non troppo tardi, senza spuntini successivi, si associa ad un più favorevole rischio cardiovascolare.

Il testo della sintesi in inglese

Possible association between eating behaviors and cardiovascular disease in the general population: Analysis of a nationwide epidemiological database

Backgrounds and aims: Epidemiological evidence on the relationship between eating behaviors, including breakfast skipping, late night dinner, and bedtime snacking, and cardiovascular disease (CVD) events among the general population is scarce. We sought to explore the association of eating behaviors with subsequent CVD using a nationwide epidemiological database.

Methods and results: Medical records of 1,941,125 individuals without prior history of CVD were extracted from the Japan Medical Data Center contracting with more than 60 insurers from multiple regions in Japan, mainly including employed working-age individuals. Skipping breakfast <3 times per week, late night dinner <3 times per week, and bedtime snacking <3 times per week were defined as optimal eating behaviors. Median age was 45 (interquartile range 39–53) years, and 1,138,676 were men. Median follow-up period was 978 (interquartile range 481–1790) days. Among them, 948,805 individuals (48.9%) had optimal eating behaviors, whereas 647,383 individuals (33.4%), 283,017 individuals (14.6%), and 61,920 individuals (3.2%) had single, double, and triple non-optimal eating behaviors, respectively. Individuals with non-optimal eating behaviors were younger and more likely to be men. Obesity and high waist circumference were more commonly observed in those with non-optimal eating behaviors. Multivariable Cox regression analysis showed that, compared with no non-optimal eating behavior, having non-optimal eating behaviors would have higher risk of myocardial infarction, angina pectoris, stroke, and heart failure. However, the dose-response relationship was not clear in the association between the number of non-optimal eating behaviors and incident CVD. Multivariable Cox regression analysis after multiple imputation for missing values also showed the association between non-optimal eating behaviors and incident CVD.

Conclusions: Using a nationwide epidemiological database, we found a possible relationship between eating behaviors including skipping breakfast, late night dinner, and bedtime snacking, and subsequent cardiovascular events among the general population, suggesting the potential importance of maintaining optimal eating behaviors for the primordial and primary CVD prevention in the general population.

 

 

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