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venerdì 22 Novembre 2024
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Gianluigi Goi ritorna con le sue “cartoline” al caffè

Un sogno nel cassetto all’insegna dell’Espresso Italiano la stesura di una lettura teatralizzata con parole, versi e musica per una mostra di pittura che valorizzi il caffè soprattutto come elemento di socializzazione

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MILANO – Gianluigi Goi torna ad occuparsi di caffè. E lo fa proponendo, attraverso ComuniCaffè, una serie di brevi interventi che definisce “cartoline”. Non si tratta di un’esperienza fine a se stessa ma l’avvio della realizzazione di un sogno nel cassetto: la stesura di una lettura teatralizzata con parole, versi e musica al caffè e la realizzazione, a cura di esperti, di una mostra di pittura che valorizzi il caffè soprattutto come elemento di socializzazione Con la prima uscita abbiamo chiesto all’esperto e giornalista bresciano di presentarsi.

Gianluigi Goi scrive:

Non sono un esperto di caffè ma un semplice appassionato. Un consumatore attento che cerca di capire e approfondire la conoscenza di un prodotto straordinario, vero e proprio compagno di vita. Giornalisticamente parlando – ho scritto e scrivo esclusivamente di agro-alimentare e ambiente – mi sono avvicinato al caffè avendo alle spalle una discreta esperienza nel settore vinicolo e della grappa consapevole dell’unicità del nostro Espresso e con la speranza di dare un seppur piccolissimo contributo alla conoscenza e alla valorizzazione di un prodotto, per l’appunto l’Espresso Italiano, che considero una specificità nazionale, un fattore di costume e di appartenenza e non solo un pur importantissimo asset economico.

Di qui è nato, anche per sfida personale e per ampliare i miei orizzonti professionali, il libro “Le piacevolezze dell’espresso italiano

Viaggio tra storia, costume e tecnica del caffè che ha conquistato il mondo”, che non a caso ha il tricolore in copertina. Nella sostanza un’inchiesta giornalistica, ancorché il più accurata possibile, nella quale ho cercato di mettere in evidenza non solo gli aspetti più usuali e per così dire dovuti del settore, ma ho cercato di addentrarmi in tante piccole curiosità che a mio avviso fanno del caffè, e dell’espresso in particolare, un vero e proprio unicum, una sorta di cartina di tornasole del nostro modo di vivere.

Anche alla luce di questa mia piccola esperienza rimango assolutamente convinto che la sempiterna incapacità degli operatori italiani di fare filiera, di stringersi tutti insieme per difendere e valorizzare un prodotto ed uno stile che ci appartiene, e fa business molto business come usa dire oggi, mi rammarica perché stiamo sprecando opportunità straordinarie. E il “caso Nespresso”, sotto gli occhi di tutti dovrebbe non solo insegnarci molto ma far riflettere sui rischi che il caffè made in Italy corre in un mondo sintonizzato su onde spesso dissonanti. Cane sciolto e senza interessi da difendere, del caffè ho scritto poco, anche per ragioni di tempo: qualche articoletto sul Notiziario Torrefattori di Trieste, due o tre fugaci apparizioni su ComuniCaffè.

Merita invece, credo, una piccola segnalazione, avendo riportato dati e considerazioni riprese da documenti inediti recuperati presso l’Archivio di Stato di Brescia, un lungo articolo sulla rivista Pro Brixia della Camera di Commercio in area bresciana ai tempi della Repubblica di Venezia. Nel 2007, anche grazie alla competente collaborazione di Enrico Maltoni, ho curato l’allestimento – in occasione della manifestazione fieristica Aliment a Montichiari, per incarico della Provincia di Brescia – di una piccola ma significativa mostra di fotografie d’epoca tratte dallo straordinario Archivio Negri di Brescia. Piccola cosa, certo, ma pur sempre la prima mostra del genere realizzata in provincia di Brescia. Attualmente mi sto dedicando alla stesura di un libro incentrato su aneddoti e curiosità d’annata, fra costume letteratura e un pizzico di curiosità non banali, sempre in area bresciana.

CARTOLINE AL CAFFÈ /1 “Cafecito, la canzone del caffè” di Julia Alvarez

di Gianluigi Goi

Scrittrice di successo, ben nota a livello internazionale, Julia Alvarez è nata nella Repubblica Dominicana. Ancora bambina, nel 1960, fu portata dalla famiglia a New York, sua seconda patria, a causa del coinvolgimento del padre in un fallito tentativo di golpe contro l’allora dittatore domenicano Rafael Trujillo. Nel tempo ha maturato ed interiorizzato a cultura metropolitana americana mischiandola ai colori, ai sentimenti e alla musicalità della sua terra d’origine. Ottima scrittrice affianca a romanzi impegnati libri per ragazzi pieni di poesia e buoni sentimenti.

Il più conosciuto – in Italia, uscito qualche anno or sono per le edizioni Salani di Firenze, con successo di vendite – è il racconto “Cafecito. La canzone del caffè“. Il protagonista, Joe, figlio di agricoltore, partito dal Nebraska per una vacanza nella Repubblica Dominicana, appena giuntovi viene letteralmente ammaliato dalla magia del “cafecito”, una tazzina di caffè nero, denso, forte di saperi e non solo di sapori, che lo spinge, dapprincipio quasi inconsapevolmente, fra le montagne dell’interno. Dove incontra Miguel che produce i chicchi più fragranti rispettando scrupolosamente l’ambiente. Ma l’amore per la terra e il caffè costa ai piccoli coltivatori la povertà e il rischio di soccombere alle grandi company.

Il “cafecito” cambia letteralmente la vita di Joe: “Non solo una bevanda, ma un rituale magico dal profumo inebriante, un momento unico e perfetto di intimità che lo aiuta a ritrovare l’armonia con la terra e il suo ambiente, in un mondo da difendere con il lavoro delle mani, con la parola scritta e la comunione di tutto ciò che è prezioso”. Per affrontare le sfide della vita, tazzina dopo tazzina. Chiudiamo, quindi, insieme gli occhi – questo almeno il nostro invito – per qualche istante e torniamo bambini o, meglio, più consapevoli che non tutto è monetizzabile e seguiamo Miguel nella sua utopia colorata e piena di profumi avvolgenti. “

La terra di Miguel è piena di alberi. Quelli alti troneggiano sulla distesa di chiome di quelli più bassi. Ovunque bromelie e i canti degli uccelli. Una luce soffusa cade sulle lussureggianti piante di caffè. Appollaiato su un ramo, un piccolo tordo manda il suo richiamo, ripetutamente, chinchilin, chinchilin. … Uno stormo di pappagalli selvatici volteggia nel cielo come se volasse in formazione, salutandolo. La casa di Miguel è di legno di pino, il tetto di zinco, la porta è aperta”.

“Non ci sono fili dell’elettricità, niente pali del telefono. La piccola fattoria di Miguel coltiva il caffè nella vecchia maniera. Sotto l’ombra degli alberi che offrono una protezione naturale alle piante, filtrando il sole e la pioggia, nutrendo il terreno e impedendo l’erosione. Inoltre attirano gli uccelli, che vi si posano e spargono i loro canti sopra le bacche di caffè. Questo rende il caffè migliore, spiega Miguel. Un uccello che canta mentre le bacche maturano, è come una madre che canta al bambino nel suo grembo. Il bambino nasce con la felicità nell’anima. E il caffè cresciuto all’ombra degli alberi porterà quel canto dentro di te“.

Tanti tantissimi chinchillin a tutti.

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