Gianluigi Goi è un lettore nonché giornalista specialista di agricoltura affezionato a queste pagine che con la sua lunghissima esperienza e il suo punto di vista ha contribuito diverse volte proponendo contenuti sempre interessanti. Questa volta Goi parla del legame che unisce le patate con il caffè riportato dal libro di cucina “Credenziere di buon gusto“, opera di Vincenzo Corrado, cuoco di gran successo nato a Oria, Brindisi, a cavallo tra il 18° e il 19° secolo.
Nel suo trattato descrive un uso particolare della patata: tostata e macinata come si faceva con il caffè. La descrizione è stata ripresa dal libro “Patata – Un ortaggio dalla generosa umiltà” a firma di Daniele Vergari e Davide Fiorino, Unicoop Firenze e Accademia dei Georgofili, Giunti editore.
Invitiamo a chi ne sapesse di più su questa singolare tradizione a contattarci per approfondire il tema. Leggiamo di seguito le considerazioni di Gianluigi Goi.
Il legame tra il caffè e le patate
di Gianluigi Goi
MILANO – Nella storia della cucina e della gastronomia italiana il nome di Vincenzo Corrado (1736-1836) occupa un posto di rilievo. Cuoco di grande fama e successo, gastronomo raffinato e uomo di cultura, nato a Oria (Brindisi), è morto centenario – a quei tempi un record – a Napoli dove è stato il cuoco di riferimento della nobiltà partenopea.
Autore di libri di gran successo – il suo “Cuoco Galante” del 1773 è stato un vero e proprio bestseller d’antan, molto richiesto anche all’estero – e controcorrente rispetto alle fobie del tempo che ne detestavano l’utilizzo per timori infondati ed ignoranza diffusa – nel 1798 ha pubblicato il “Trattato delle patate per uso di cibo”.
Al caffè ha dedicato non poca attenzione in particolare nel “Credenziere di buon gusto” che ha riscosso grandissimo successo al punto che Google libri ne ha digitalizzato, in versione free, la sesta edizione napoletana del 1820.
A sottolineare la napoletanità nell’opera è riportata – punto di colore, quasi una tarantella – la nota “Canzonetta del dottor Nicola Velletta, fu professore di leggi nella Regia Università di Napoli” di cui riportiamo l’afflato in versi … “Forse meco tu convieni/ Che bevanda più gradita/ A ristoro della vita/ L’uomo mai non inventò”.
Nel ‘Trattato III – Del Caffè’, l’indice evidenzia: “l’Istoria”; Della pianta, “il suo sito e coltivazione”; “Riflessioni sulla piantagione”; e, più specifiche ed attinenti alle competenze dell’autore, “Critica ed approvazione” e “Scelta dell’ottimo caffè”. Nel successivo Trattato IV – ‘Delle Pozioni calde e fredde’- spazio alle “Varie pozioni di caffè”.
La tostatura delle patate
In questo ambito, insolita ed assolutamente interessante – come si evince da una puntuale osservazione riportata nel libro, appena pubblicato, “Patata – Un ortaggio dalla generosa umiltà” a firma di Daniele Vergari e Davide Fiorino, Unicoop Firenze e Accademia dei Georgofili, Giunti editore – la citazione che segue ripresa dalla “Undecima bevanda di Caffè con le Patate”: “Le patate hanno una sostanza farinacia e piacevole, che molto unisce col caffè. La preparazione di essa sostanza sarà di pulirla dalla sua corteccia, ed indi come al caffè abbrustolarla e macinarla. Con metà di queste e con altra di caffè, si farà la decozione, in due once di questo misto, e sei ciotole d’acqua. In ultimo della bollizione ci si mettano ancora li pezzetti di colla pallone (la colla di pesce n.d.r.), si farà affinare, e ciò fatto se farà la bevanda col zucchero”.
Si tratta di un uso particolare della patata (tostate e macinate come si fa con il caffè) sconosciuto a chi scrive che si augura che qualche lettore di Comunicaffè possa e voglia dare lumi su una pratica sicuramente degna di essere conosciuta in quanto a quei tempi le patate erano per lo più molto mal viste ed osteggiate e che venissero utilizzate per preparare “decozioni” con il caffè forse anche in ambito aristocratico e in ogni caso suggerite da quella sorta di nume tutelare del “buon vivere” di allora che era Vincenzo Corrado rappresenta, almeno crediamo, un riferimento storico significativo.
Che l’illustre Credenziere fosse attento all’utilizzo dei succedanei del caffè trova ulteriore conferma nella citazione che segue, riportata dalla “Ottava bevanda di Caffè con Orzo, o Fava”.
Il ruolo del caffè nel Credenziere di buon gusto
“L’orzo, e la fava sono due sostanze, che uniscono molto bene col Caffè, per cui in unione di esso se ne fa bevanda, e da molti assaissimo stimata. Sia l’orzo, ossia la fava, si possono abbrustolare come al caffè, ed una di orzo, o fave, ed all’istante, che finirà la bollizione, buttarci o della polvere di corno di cervo, o pur dei pezzetti di colla pallone,(colla di pesce n.d.r.) per facilitar la chiarificazione alla bevanda, che condita di zucchero si servirà”.
In questo secondo caso l’utilizzo dell’orzo, in particolare al Nord, e delle fave più specificamente al Sud, è pratica conosciuta.
Incuriosisce invece – non sappiamo se probabile retaggio delle pratiche alchemiche medievali e/o magiche in area napoletana – l’utilizzo della polvere di corno di cervo. A prescindere da questo aspetto che merita approfondimenti specialistici che non mi appartengono, faccio mia una delle considerazioni portanti della “Grammatica del gusto” del professor Giovanni Ballarini, riconosciuto esperto di antropologia alimentare, laddove afferma che “l’inesauribile iniziativa popolare merita di essere ricordata”. Del resto, riguardo al caffè, è anche poco conosciuta.
Gianluigi Goi