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Gianluigi Goi racconta nella sua cartolina, il caso della ditta Fago

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MILANO – Gianluigi Goi ritorna con le sue “Cartoline” al caffè. Un sogno nel cassetto all’insegna dell’espresso italiano la stesura di una lettura teatralizzata con parole, versi e musica per una mostra di pittura che valorizzi il caffè soprattutto come elemento di socializzazione Gianluigi Goi torna ad occuparsi di caffè. E lo fa proponendo, attraverso Comunicaffè, una serie di brevi interventi che l’autore definisce “cartoline”. Non si tratta di un’esperienza fine a se stessa ma l’avvio della realizzazione di un sogno nel cassetto: la stesura di una lettura teatralizzata con parole, versi e musica al caffè e la realizzazione, a cura di esperti, di una mostra di pittura che valorizzi il caffè soprattutto come elemento di socializzazione

Cartolina numero 4 – Seppur in anni grami anche eleganza e bon ton vestivano i succedanei del caffè Il caso della ditta FAGO di Biumo Inferiore (Varese)

di Gianluigi Goi

Con buona probabilità , si deve al grande botanico vicentino Prospero Alpini (1553 – 1617), gloria di Marostica, ben noto ai lettori, la scoperta delle virtù terapeutiche della radice tostata della Cicoria. Ancora oggi utilizzata su base industriale per la preparazione, in purezza o in aggiunta ad altri componenti quale l’orzo, di svariati succedanei del caffè. Anche in Italia, negli anni lontani ma non preistorici del Secondo dopoguerra, il consumo dei succedanei del caffè – causa la scarsità del caffè propriamente detto o del costo troppo elevato per l’economia esausta dell’Italietta dei primi anni Cinquanta del Novecento – raggiunse Il matrimonio della massaia nella pubblicità Fago livelli molto elevati.

Diversi gli stabilimenti produttivi, per lo più di proprietà svizzera o olandese, dislocati nel nostro Paese

Fra questi la “ Fabbrica Surrogati Caffè Fago “, attiva dal 1909 a Biumo Inferiore, nei pressi di Varese. L’opificio, per le sue caratteristiche archeo-industriali è stato censito dalla Regione nell’elenco dei “ Monumenti storico-industriali della Lombardia”. E proprio della Fago – ai tempi un marchio di grande notorietà anche in virtù di una “reclame”, come usava dire allora, di notevole impatto e diffusione – ci sembra gradevole riproporre alcune immagini che danno il senso di un’epoca e di uno stile di vita privato e collettivo definitivamente passati. “Lieta massaia“ – e già il titolo connota la considerazione alla base del sentire dell’epoca:lei, la Sposa, di bianco vestita e con l’ammaliante vitino da vespa, è la regina della casa: lui, un moretto aitante ed elegante, sfoggia un bianco turbante incastonato non dalla classica spilla ma da una tazzina che si vuole corroborante e salutare – è il titolo di un grazioso libretto omaggio per l’appunto della FAGO, Fabbrica surrogati di caffè – Varese, di cui proponiamo un’immagine ben più esaustiva – crediamo – delle nostre parole.

Bella ed efficace, in particolare, a nostro parere, la raffigurazione del marito/padre ( e di seguito anche del figlioletto) disegnato con il tronco a forma di chicco di caffè; più scontata, invece, la raffigurazione della moglie/madre a forma di scatola sulla quale campeggia la scritta “Perla “, sottinteso perla di moglie e di madre ma, anche e soprattutto ai fini pubblicitari, come “la Perla “, la miscela superiore della ditta.

Concludiamo queste brevi note con un piccolo ricordo dovuto alla penna di Marino Marini, bresciano

Straordinario collezionista di libri di gastronomia e riconosciuto cultore della materia a testimoniare l’importanza dei succedanei del caffè sul finire degli Anni Quaranta e nel decennio successivo, fino all’inizio del famoso “boom economico” dei primissimi anni Sessanta. “Giunti al caffè – sottolinea il Marini, rimembrando ricordi anche personali e non solo libreschi o per sentito dire – descriviamo il procedimento che si usava nell’ultimo dopoguerra: in un pentolino (nello specifico in provincia di Brescia n.d.r.) si metteva un po’ di caffè d’orzo (ma fatto anche con la cicoria, le ghiande, la bardana) un po’ di miscela Leone (semi di varia natura), un pezzetto di Fago (una mistura semidura misteriosa) e, se c’era, un po’ di caffè “buono”. Al primo bollire si spegneva, si lasciava depositare e si versava nelle tazzine.

In tempi più recenti, di domenica (ma solo in quel giorno) veniva arricchito con un pezzettino di burro “ (la versione bassaiola nel senso di pianura irrigua dedita all’allevamento lattiero, della panna tanto gradita ai consumatori mitteleuropei n.d.r). *Quarta parte (continua) *Le parti precedenti sono state pubblicate il 27 aprile, 17 e 24 maggio 2012.

Gianluigi Goi

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