MILANO – Gianluca Tofani (33 anni), barista riccionese e docente dell’Accademia maestri del caffè con sede a Brescia, ha vinto il “Gran Premio nazionale della caffetteria“, (Aicaf e Altoga), superando una delle cinque selezioni e distinguendosi tra una settantina di baristi di cui quindici finalisti.
Tofani, perché ha deciso di competere nel circuito di gare Aicaf e Altoga, piuttosto che in quelli Sca, che danno la possibilità di confrontarsi anche a livello internazionale?
“Ho voluto, in primis, chiudere un cerchio. Nel 2017 ho cominciato il percorso formativo Aicaf, diventando trainer e certificatore presso questa accademia, che proponeva due competizioni che mi piacevano: la latte art grading di cui sono diventato campione nazionale nel 2021 nel livello Rosso e poi il gran premio Gran premio della caffetteria.
Il Gran premio è una bella sfida: 26 minuti, di cui soltanto 13 di preparazione. In questo breve lasso di tempo si deve allestire il proprio angolo bar – nel mio caso ho ricreato un paradiso tropicale– predisporre la mise en place per i giudici e settare la macchina con il tuo caffè. Poi altri 13 minuti sono dedicati all’esposizione orale, alla presentazione e infine alla preparazione di 2 espressi, 2 cappuccini e 2 cocktail alcolici freddi al caffè.
Allo stesso modo per regolamento, avrei dovuto riprendere anche un elemento della gastronomia italiana all’interno delle mie ricette, nel mio caso è stata la mandorla della Sicilia inserita nell’orzata alla menta. A livello sensoriale era possibile distinguere questo ingrediente dal caffè.
Un altro aspetto sfidante è che si deve servire tutto in contemporanea: si consegnano il totale delle preparazioni all’interno dei 13 minuti, tenendo conto delle diverse temperature di servizio.
Con questa gara sono riuscito a coniugare l’amore per il caffè e per la miscelazione, in particolare quella Tiki.
In ottica gare SCA la categoria Coffee in good spirits mi stuzzica tanto!”
Ma partecipare a queste gare è meno costoso?
“Non ho ancora mai fatto le altre. Non saprei. Di sicuro quando si sceglie di allestire il banco con la propria scenografia e si organizza la mise en place, a seconda di quello che prevedi di realizzare, si deve mettere in conto di investire qualche soldo: ad esempio ho portato dei piatti in bambù per dare un valore in più, che erano pezzi unici, ma non avevano una spesa eccessiva.
Per quanto riguarda la selezione del caffè, anche qui non saprei. Per questa gara ho selezionato uno specialty dalla Colombia, anaerobico naturale che ben si sposa con la mia miscelazione Tiki.
Quello che è oggettivo è che chi arriva in finale al Sigep nelle varie categorie ha sempre un caffè importante, non solo dal punto di vista dell’aroma e dei flavour ma anche per il portafoglio.
Seguo ogni sorta di gara, perché insegnano tanto anche a chi guarda dall’esterno.
Talvolta mi sono chiesto quanto valga il racconto, l’esperienza ed il service in contrapposizione al livello del caffè. Si cercano tazze e bilanciamenti complessi all’interno delle competizione. Sinceramente penso che ci sia già la Cup Of Excellence che decreta quali siano i migliori caffè al mondo!”
Qual è stato il fattore decisivo che l’ha portata alla vittoria sugli altri 15 competitor?
“Penso e spero che l’essermi presentato con due progetti abbia portato bene! ho cambiato la gara dalla semifinale alla finale. Anche se avevo saputo di aver fatto bene al primo turno, in finale ho cambiato Drink e speach.
Mentre in semifinale ho parlato della cultura del Tiki, nato negli anni ‘30 dopo la prima guerra mondiale in America, quando un barman ha deciso di creare cocktail perfetti e serviti in un’ambientazione coinvolgente, in finale ho voluto affrontare l’aspetto legato al cliente e alla sua fidelizzazione, attraverso l’offerta di un’esperienza completa.
Ho esposto alla giuria il modo in cui tratto i clienti nel mio locale, con l’aiuto della mia squadra per garantire il massimo dell’accoglienza e in più, studiando l’offerta giusta al momento giusto. A volte c’è bisogno di preparare drink più leggeri (come il mio con il coldbrew) e altri più strutturati (con doppio espresso) a seconda dei casi. E così, con le stesse bottiglie ho potuto realizzare due bevande.”
Ci parla del caffè colombiano che ha portato in gara? E come l’ha selezionato?
“Ho selezionato il caffè insieme a Nicolò Zorloni di Nudo Artisan Coffee, e ho continuato con lui dalle selezioni in poi. Dopo 4 mesi abbiamo trovato della Farm “El Libano” nella zona del Carmen un caffè a 1700 metri, anaerobico naturale, con un’acidità che ricorda la frutta tropicale che evolve in note di note di frutta matura e prugne. In cupping aveva un’acidità importante che Nicolò ha saputo limare in tostatura, favorendo i flavour di frutta matura dati appunto dalla fermentazione.
In semifinale per il cocktail ho usato un doppio shot di espresso per dare struttura e bilanciare due once di alcol.
Le note accese assicuravano l’intensità dei sapori. In finale ho fatto un aeropress estratto a freddo, con la stessa granulometria dell’espresso, per una tazza che poteva esser bevuta anche da sola.
Abbiamo trovato il caffè a luglio e i cocktail li ho consegnati a settembre. Le mie gare si costruiscono nel tempo libero e poi nell’ultimo periodo si prova molto.”
Quanto è importante fare parte del mondo delle gare dal punto di vista professionale?
“Le gare stimolano il barista: se dovessi solo lavorare dietro al bancone mi stancherei. Se si vuole gareggiare, si deve studiare e così le conoscenze aumentano.
Il confronto con gli altri concorrenti ti arricchisce: da una parte sono professionisti da battere, dall’altra, conoscere le persone da tutta Italia e poi del mondo ti fa scoprire altre realtà.
Quando si sta su un palco bisogna essere all’altezza della giuria e del pubblico e l’importante è restare umili.”
E ora con questa vittoria, pensa che cambieranno delle cose nella sua carriera?
“Ci deve pensare poi il barista a farlo fruttare economicamente, restando propositivo e cercando le occasioni professionali.
Vorrei servirmi della vittoria per mandare dei messaggi e far evolvere la figura del barista, raccontando che c’è dello studio dietro questo lavoro. Le gare aiutano certamente a distinguersi dagli altri, ma non ci si rilassa dopo la vittoria.
Partecipare a una sfida di questo tipo ti dà sempre qualcosa, ma vincere è una conferma del lavoro fatto fin qui.
Il mondo delle gare continua a piacermi perché è un modo di mettersi in gioco.
L’obbiettivo principale comunque, rimane far bene nel mio locale e provare a far crescere, nel cliente, la curiosità a scoprire che cosa si cela dietro una tazza di caffè.
Siamo a Riccione, fronte mare, per ora un’attività stagionale, speriamo presto di evolvere in un locale annuale e provare a perseguire questo obbiettivo 365 giorni all’anno.
Utilizziamo una miscela bio della Pascucci e poi una selezione di specialty coffee tostati di Nudo che serviamo sia in Espresso che Filtro. La cucina è aperta dalle 9 per il brunch che ci aiuta a vendere meglio le proposte filter.
Il caffè lo utilizziamo anche nel momento serale della mixology: in carta abbiamo la categoria Coffee in goodspirits. Noi facciamo lo Specialty Martini, non l’Espresso Martini.”