domenica 22 Dicembre 2024
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Il convegno sul futuro del caffè, Gregori: “Il cambio di modus operandi del mercato vale anche per le torrefazioni”

Il rettore: "Il modello che abbiamo costruito in questi anni ci fa comprendere come realizzare un piano strategico partendo dall'analisi della performance. Non si può non sapere i margini di contribuzione dei tuoi agenti rappresentanti e usare solo il fatturato come variabile. "

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BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Gianluca Gregori Rettore dell’Università Politecnica delle Marche e senior Fellow Luiss Business School, è un altro dei tasselli che hanno composto il mosaico di interventi costruito dal Consorzio promozione caffè: nel Campus Simonelli Group, si parla di impresa e di nuovi modelli di gestione.
I relatori che lo hanno preceduto, potete leggerli qui, qui, qui e qui.

Gregori interviene sui nuovi modi di gestire un’impresa

Qual è lo scenario globale e quali sono i tempi in cui stiamo vivendo e quelli futuri?

Una parola per descrivere il presente: complessità. Uno degli aspetti principali in cui un’impresa deve riuscire a fare progetti, individuando e raggiungendo determinati obiettivi. Con una strategia  flessibile.
Gregori: “Il tema è quello della complessità, pensando alle vostre imprese del settore. Faremo riflessioni sui fattori competitivi. Fatturato, margini, gli oneri finanziari figurativi: entreremo operativamente in queste problematiche.
Recupero il concetto della metamorfosi, perché non c’è un cambiamento: parliamo di situazioni modificate. Energetiche, materie prime, problematiche a livello logistico che avete scontato, inflazione.

Fare politica di prezzo oggi senza tenere conto degli effetti della gestione finanziaria è estremamente pericoloso.

Si richiedono oggi competenze: altra problematica da aggiungere, insieme alla non certezza delle norme, dal packaging alla deforestazione. Tutti i centri studi economici hanno sbagliato a fare delle previsioni.
Da questo punto di vista i cambiamenti che vi hanno riguardato, li tratteggerò rapidamente: la crescita della richiesta globale, i cambiamenti climatici, la sostenibilità ambientale, la guerra tra Russia e Ucraina e i suoi effetti, la pandemia, la crescente concentrazione del settore con le acquisizioni delle grandi multinazionali. Si compete male quando ci sono dimensioni fortemente diverse.
La saturazione del mercato domestico, la concentrazione del mercato retail, dei prodotti sostitutivi e la dimensione media delle imprese, che è molto limitata.
Poi il tema dell’evoluzione anche culturale del settore. Non solo la terza modalità, si parla di quarta modalità, in cui la competizione si sposta dal servizio alla differenziazione e al brand. 

Come affrontare la complessità?

Si può affrontarl pensandola come una nemica, cercando di semplificarla magari con l’intelligenza artificiale.
Oppure, si può considerarla come alleata. E da qui si può fare qualche riflessione.
Da questo punto di vista ci sono due rischi: il presentismo e quello frammentato, che è ancora più problematico per un’impresa, pensando agli strumenti giorno per giorno, senza inserirli in un contesto. Fare un budget prendendo il dato dell’anno precedente incrementandolo del 10-5-3%, non serve a niente, anzi potrebbe essere disincentivante.
Il budget è una variabile organizzativa, non un fatto contabile, rientra nei meccanismi operativi e serve a indirizzare l’azienda verso gli obiettivi. È un modo per concentrare l’attenzione delle risorse umane verso la strategia che si vuole realizzare.

Il mercato è in evoluzione e un cambio di modus operandi deve riguardare le imprese di torrefazione.

Ho portato alcuni esempi sulle multinazionali entrate nel mercato. Quello che è interessante: da servizio in prossimità si passa a innovazione e strategia. 
Riflettiamo su alcuni fattori competitivi. Il che non significa però non usare un approccio strategico, perché si deve avere, ma come strumento flessibile.
Il modello che abbiamo costruito in questi anni ci fa comprendere come realizzare un piano strategico partendo dall’analisi della performance. Non si può non sapere i margini di contribuzione dei tuoi agenti rappresentanti e usare solo il fatturato come variabile.
Questi sono esempi: oggi non considerare gli effetti della gestione finanziaria su quella economica, può portare ad avere un utile e a dover pagare le tasse senza avere le risorse per farlo.
Poi ci sono degli strumenti che sono dei grandi contenitori per formulare un piano strategico. Uno potrebbe dire: ma la mia azienda è piccola, ma con strumentazioni più limitate si può tracciare.
Esempi di applicativi. La matrice di Ansoff permette di scrivere e programmare dove si vuole andare con gli attuali prodotti o i nuovi, con i clienti attuali o quelli nuovi. Si comincia a rappresentare le modalità di azione.
Le informazioni sono determinanti perché permettono di sapere dove andare e il perché. Qui si connettono due elementi: l’economia della conoscenza (sapere cosa accade e dove si sta andando) e poi, l’economia della narrazione, il vero valore del manager, che sta nelle relazioni che quel manager ha sviluppato. Se devo valutare un manager, mappo le relazioni che ha stretto.

Come facciamo a tenere sotto controllo le relazioni?

La logica transazionale o tradizionale, in cui tutti i concetti sul singolo fatto negoziale (oggi sto vendendo il caffè) o una logica relazionale. Un approccio dal frutto all’albero: il frutto lo cogli una volta sola, ma si deve coltivare l’albero per avere più frutti.
Il concetto di passare dalla quota di mercato, o il fatturato, alla quota dei clienti fidelizzati, è importante. Questo ci richiama l’altro concetto fondamentale, la qualità del fatturato. Cento non vale sempre cento. Può valere 80 o 150, dipende da come e da con chi è fatto.
Altro concetto innovativo: si parla sempre di ciclo di vita del prodotto. Sempre di più noi ragioniamo sul ciclo di vita del cliente: vale quello che mi compra oggi o che mi può comprare ripetutamente? Per valutarlo, utilizzo un controllo di gestione statico che si ferma ad analizzare gli stock, o devo ragionare su dei valori attuali netti ragionando sui flussi? Se la relazione è l’elemento fondamentale, non posso limitarmi a prendere in considerazione soltanto gli stock.
Altro elemento del capitale razionale è il brand: il valore di una marca che ruota a 3 grandi quantità. Da un lato c’è la notorietà, poi l’identità – gli elementi che permettono di ricordarlo – e infine le immagini.
Perché viene richiamato nello studio di Mediobanca? Si può crescere sui margini, e di notorietà in maniera molto diversa. Un esempio di crescita consistente di fatturato con bassissima notorietà: quel fatturato rischia di essere fragile. Si ottiene oggi un risultato, ma dal punto di vista della solidità del mercato, è debole. Non si sta valorizzando ciò che si ha.
Sarebbe interessante, che ci fosse una coerenza tra fatturato e awareness.

Altro concetto: dai prodotti ai servizi al concetto di soluzione

Oggi sempre di più non si vendono prodotti e servizi, ma soluzioni. Cos’è una soluzione se non qualcosa che risolve i problemi. Il vero tema non è vendere, ma ragionare su quali problemi abbia il consumatore. Dove c’è un problema, c’è un tesoro. Andare alla ricerca di problemi, è necessario.
Non vendo una macchina, ma risolvo un problema di mobilità. E’ un passaggio fortissimo in termini di marketing.
La logica di ragionare sulle soluzioni dev’essere sviluppata perché porta ad arrivare a dare valore alla nostra offerta. C’è un ritorno in termini di prezzo. Il valore, cioè il rapporto tra benefici e sacrifici, va programmato senza arrivarci casualmente.
Abbiamo parlato di relazioni.
Quando abbiamo visto il passaggio dal rapporto transazionale a quello relazionale, abbiamo visto che all’interno chi permetteva di controllare le relazioni era l’ICT. Il passaggio viene realizzato e si sviluppa su strumenti di questo tipo. Il primo che esamineremo è piuttosto noto, il CRM Customer relationship management in cui, rispetto a quelli che ci sono prevalentemente a tendina, qui si digita il nome del cliente e si apre subito in tempo reale il mondo del cliente: la sua profilazione, le informazioni anagrafiche, gli alert relazionali e il collegamento con la business intelligence.
Poi c’è una cosa molto interessante, il cross selling: chi va a trovare questo cliente deve riportare informazioni su di esso per innescare delle proposte.
Se il CMR viene usato come software ha già perso in partenza. Prima di lavorare su questa tipologie, lavorate su quello che vi serve e su chi organizzativamente lo dovrà gestire: non un stagista. E’ uno strumento molto importante per la logica di marketing relazionale, ma non basta. Perché si sta trasformando in XRM, verso tutte le modalità di relazione in cui non è soltanto il customer, ma è anche il fornitore, il personale, e si accende il mondo ogni volta, di tutte queste figure. Questo è efficace dal punto di vista relazionale.
Parliamo di un altro strumento: mentre questo costa, l’altro no. Quando parliamo di geo marketing, prendiamo in considerazione la possibilità di inserire dei database che per i vostri settori sono gratis. Se si entra nei siti Istat, si possono avere tutti i dati anagrafici sino ad oggi.
Prendere queste dati e interfacciarli con le mappe e con un software GIS permette di avere delle informazioni enormi. Si parla ancora di fatturato, ma come dire che quello della Lombardia è superiore a quello della Puglia? Andiamo a vedere la qualità del fatturato. Cominciamo a incrociare questi dati con il numero dei residenti, con la fascia d’età, con gli indici di consumo. Se dobbiamo valutare un agente rappresentante e lo valutiamo su quali basi? Il fatturato? Prendendo in considerazione soltanto il fatturato magari sembrava che l’agente fosse bravissimo, ma integrando questo elemento con gli altri dati di questo tipo, si scopre che non era proprio così. Si dice spesso: quando c’è tanto vento, anche i tacchini volano. Magari non era bravo l’agente, ma c’era soltanto molto vento.
Altro strumento interessante è quello delle curve del valore. Ognuna rappresenta un’impresa. Dà una scala da uno a 5 e si costruisce la curva di valore, per rappresentare la differenza rispetto ai competitor e costruire la prossima strategia. Con un approccio valoriale, oppure andando sul mercato, confrontando gli editor tra la percezione aziendale e quella esterna.

Altro tema è l’analisi corretta dal punto di vista gestionale e gli effetti sulla politica di prezzo

Considerando che l’utile o la perdita devono esser considerati come il risultato di affluenti o defluenti.
Ci può essere quella tipica che porta i risultati, quella accessoria, quella straordinaria e quella finanziaria da tenere fortemente sotto controllo oggi. In tanti casi, la gestione economica e finanziaria vengono confuse e non si evidenziano gli effetti della gestione dal punto di vista finanziario.
C’è una differenza pericolosa di impostazione: la determinazione del prezzo.
Il prezzo nella maggior parte dei casi viene realizzato in termini di mercato: si parte dal costo totale del prodotto (nato dalla somma del costo variabile, più una percentualizzazione come si faceva in passato).
Poi si aggiunge il ricarico che rappresenta l’utile e raggiungiamo il prezzo. Questo è pericoloso perché si sta percentualizzando una variabile, costi fissi mettendoci dentro quelli generali, invece di quelli reali. Quindi succede che se c’è un extra di domanda tutto funziona, perché l’incidenza di questi corsi è più bassa, ma se la domanda diminuisce, non è vero che con quel ricarico si hanno utili, si possono avere anche delle perdite.
Quindi una delle domande che poniamo sempre per capire come l’azienda si sta comportando sulla politica di prezzo non è quant’è il rincaro, ma è quant’è il margine di contribuzione: se tu togli rispetto al costo di prezzo variabile, quanto rimane per coprire i costi fissi? Su questo si apre un mondo: ragionando su analisi predittive, sui margini di contribuzione ponderato, sulle incentivazioni. Ma solo se si possiede questo dato.
Il margine di contribuzione ci dice tantissimo: la grande distribuzione lavora su questo dato. Sono tutte le applicazioni che si possono avere in termini di obiettivo, controllando costantemente e verificando le risposte.

Relazioni con la forza vendita

Al di là delle concettualizzazioni teoriche gli errori sono tanti. Uno: viene utilizzato un approccio omogeneo per una strategia differenziata, da agente ad agente. Incentivazione uguale per tutti, crescita di fatturato uguale per tutti, provvigioni uguale per tutti: qualora accadesse questo, è l’errore della semplificazione della complessità per avere subito un risultato. Potrebbe determinare un rischio. Perchè non solo fatturato? Perchè è soltanto una delle variabili. Ma dobbiamo prendere in considerazione i margini di contribuzione, e mettere dentro tutte le variabili quantitative e qualitative.
Altrimenti, per esempio, abbiamo due agenti, uno fattura 100 e l’altro pure, uno prende l’8% delle provvigioni e anche l’altro, non mi fanno guadagnare in modo diverso. Se la risposta è sì, e se poi li incentiviamo tutti e due sul fatturato, non va bene.
Vanno fatte un po’ di riflessioni operativi. Il Geomag ci permette di analizzare la copertura nazionale efficacemente e in tempo reale. Lavoriamo su budget multivariabili, non soltanto sul fatturato. Le variabili eliminano anche il fatto che gli agenti si parlino tra loro e si creino conflitti con l’azienda: perchè se da un lato si hanno degli obiettivi di zona e dall’altra hai altri obiettivi di zona, è evidente che non c’è la possibilità di constatare che un agente viene trattato in maniera diversa dall’altro.
Non un solo livello di budget: più incentivazione, ci sono tanti aspetti operativi. Ma sottolineo è la gestione delle riunioni, che con gli agenti in generale, è un dramma.

Da questo punto di vista, quante cose potremmo fare?

La stessa applicazione del CMR possiamo fare nei confronti della gestione dell’agente: la logica è sempre la stessa. Tu clicchi, e si apre il file sull’agente e si hanno tutte le informazioni necessarie, dalle problematiche ai guadagni.
Due matrici sulle quali lavoro molto e che applichiamo anche ai clienti, particolarmente utili per la forza vendita. Il tentativo è quello di mappare nel caso specifico agli agenti rappresentanti o i venditori su due gruppi di variabili: quella economica prevalente e l’altra la difficoltà di sostituzione che dipende dal comportamento, ma anche dal fatto che esista un mercato di quegli stessi agenti. Questo permette di mappare i propri agenti e di ragionare in maniera differenziata rispetto all’approccio omogeneo.
Quindi, gli agenti ma anche i clienti, dove piazzarli? Mettendoli in un punto rispetto ad un altro, significa che sono più o meno insostituibili o importanti. O viceversa, ce n’è uno meno importante e molto facilmente sostituibile. Le strategie a monte saranno diverse.
La stessa cosa si dovrebbe fare pensando alla testa del venditore. Sarà difficile se i posizionamenti saranno diversi.

La tematica dell’informazione

I miliardi di informazioni che si sviluppano tra persone e macchine e macchine e macchine, che aprono nuove prospettive: passare dalla business intelligence alla digital intelligence.
Cosa significa? Ci siamo preparati a ChatGpt, cioè l’intelligenza artificiale. Che non sostituisce l’uomo, ma è molto utile.
Questa è l’implicazione degli obiettivi e dei bisogni. Chi si occupa di marketing ragiona sui bisogni. Tutto questo apre all’utilizzo della data analytics dei dati che posson oessere solo descrittivi, diagnostici, predittivi o addirittura prescrittivi.
Troviamo qui le due forme dell’intelligenza artificiale, quella che serve per analizzare e decidere e quella invece generativa.”
CIMBALI M2

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