domenica 22 Dicembre 2024
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Vannelli, il sesto brewer del mondo: “In gara con la mia idea di caffè e lo strumento brevettato D.ONE”

Il finalista brewers mondiale: "Tanto si è giocato nella tecnica di estrazione. I due principali attori in questa fase sono stati da una parte il macinacaffè (il manuale Pietro Grinders, con le macine verticali che garantiscono di avere una tazza più brillante e pulita, una curva di macinatura molto omogenea che esaltava al massimo il blend) e il brewers method D.ONE."

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MILANO – Alle gare mondiali del World of Coffee di Atene, l’Italia tra i protagonisti: un secondo posto per Daniele Ricci nella categoria baristi, e un super finalista – tra i migliori sei brewers globali – Giacomo Vannelli. Che non ha portato soltanto un caffè ben calibrato, ma anche un innovativo strumento brevettato: il D.ONE.

Ne abbiamo parlato con lui.

Vannelli, fresco dal mondiale: come si è comportato questa volta per arrivare tra i sei finalisti?

“Sicuramente la cosa che è andata diversamente è che innanzitutto stavo meglio (l’anno scorso ero malato e ho gareggiato con la febbre). I risultati si sono ritrovati: nel primo round sono entrato in semifinale e poi il compulsory è andato bene: sono gare in cui ogni round è a sé e stare a guardare i punti non significa molto.

Possiedo una tecnica di gara che applico sui nostri caffè, che mi permette di avere una costanza di estrazione quasi maniacale. Mettiamo tutto sottovuoto, congeliamo e trasportiamo il caffè che rimane congelato sino al backstage, per evitare al minimo le variazioni in estrazione. Questa procedura ci permette di erogare in maniera pressoché identiche tutte le tazze.

Quella portata nel primo round è la stessa che ho estratto in finale. La differenza probabilmente è stato nel fattore umano di chi assaggia: l’ho dovuto accettare ed esser contento di esser arrivato tra i primi sei. Un risultato importante per l’Italia e la community. Quando si arriva a quel livello si comunque è tra i migliori al mondo.

Sottolineo tre aspetti:

In primis la preparazione della gara nella selezione dei caffè. Ho portato un blend di due caffè. Si tratta di un Panama Geisha di Jenson Coffee e un Eugenoides Columbia di Finca Immaculada. Sono due caffè che hanno caratteristiche diverse e che insieme restituisono una tazza dolce, con note di lampone, fragole e di pesca che varia con la temperatura da quella gialla a quella bianca sino ad arrivare al tè. La complessità tra frutta rossa, tropicale è incredibile.

Abbiamo scelto di portare due naturali. Questo perché un concorrente può disputare la gara in due modi: per guadagnare più punti oppure per rappresentare nella prova la propria idea di caffè e questa seconda è sempre stata la mia strada. Ho sacrificato magari un po’ il punteggio per parlare di ciò che per me è lo specialty e la filosofia di Vannelli Coffee.

Quindi tornando ai caffè, rimangono molto dolci. Ho voluto sceglierli naturali perché credo che il processo della fermentazione possa essere un valore aggiunto ma non deve diventare un protagonista ingombrante: crediamo che la fermentazione debba esaltare al massimo le caratteristiche di una determinata varietà, altitudine e terroir senza però modificarla all’estremo.

Spesso invece più comunemente troviamo fermentazioni o infusioni che alterano talmente tanto il profilo aromatico di quel caffè che perde poi le sue caratteristiche originarie. Crediamo che sia fondamentale creare una combinazione equilibrata tra processo, caffè e paese, in grado di esaltarne le caratteristiche senza cambiarlo eccessivamente.

E’ un modo di vedere il caffè in maniera elegante, ed è una tazza che non vuole strizzare l’occhio ai nuovi trend, ma valorizzare il lavoro del farmer e le bellezze del territorio. – continua Vannelli – Dunque li ho miscelati così: il Panama al 60% e l’Eugenoides al 40%, messi sottovuoto e congelati 4 giorni dopo la tostatura.

Poi tanto si è giocato nella tecnica di estrazione. I due principali attori in questa fase sono stati da una parte il macinacaffè (il manuale Pietro Grinders, con le macine verticali che garantiscono di avere una tazza più brillante e pulita, una curva di macinatura molto omogenea che esaltava al massimo il blend) e il brewers method D.ONE.

Nuovo tools che abbiamo studiato per estrarre il caffè filtro, con flat bottom (base piatta) con un’angolazione tale da poter garantire le acidità tipiche dei V60.

E’ un metodo molto particolare e innovativo che abbiamo sviluppato come Vannelli Coffee e che a breve uscirà sul mercato e che verrà distribuito da Pietro Grinders nel mondo. Rafforza ancora di più la sinergia tra il macinacaffè e questo altro strumento di brewing.”

Ci parla più nel dettaglio di questo D.ONE?

Il D.ONE in azione (foto concessa)

“Il D.ONE è uno strumento nato dopo il mondiale di Melbourne, quando avevamo portato un caffè molto buono, con acidità molto complesse e un aroma intenso, che però aveva ricevuto dei feedback dai giudici in cui mancava di un corpo rotondo. Avrebbero desiderato più dolcezza in tazza. Un po’ quello che avviene con un flat bottom, che però dall’altra parte sacrifica alcune complessità tipiche estratti con i metodi conici.

Allora quello che abbiamo pensato di fare è lavorare per creare una soluzione che unisse i benefici di un flat bottom (maggiore dolcezza e corpo) e mantenere le acidità vibranti dei filtri conici. Il risultato che abbiamo ottenuto con il D.ONE non li abbiamo ritrovati in altri prodotti sul mercato.

E’ un oggetto che abbiamo utilizzato anche al Sigep e che poi ha subito diverse modifiche e variazioni grazie anche al supporto della Pietro Grinders che ha messo a disposizione la sua capacità di progettazione, grazie a questo è uscito il prototipo sul mondiale.

Abbiamo utilizzato in gara una stampa in una plastica particolare, ma poi verrà realizzato in plastica alimentare.

La testa del D.ONE (foto concessa)

La particolarità di questo brewers method è coperto da un brevetto di innovazione tecnologica oltre che da uno di design, grazie ad un anello sotto a sistema di aggancio. Un brewers method quindi a cui si possono assemblare accessori vari. In questo caso abbiamo utilizzato una specie di convogliatore di flusso che si aggancia e convoglia il caffè estratto in unico punto.

Questo permette di utilizzare il flat bottom nel Paragon (il supporto che tiene una sfera ghiacciata brevettata da Sasha Sestic).

Il sistema di convogliamento in unico punto (foto concessa)

E’ stato dimostrato dall’Università di Zurigo che se le prime gocce del caffè estratto entrano a contatto con una superfice sotto lo zero, si può trattenere oltre il 40% in più degli aromi in tazza.

Quindi ci siamo detti: la tazza è interessante con una base piatta che conferisce una maggiore dolcezza e corpo, ma in questo modo non funzionerebbe sul Paragon, perché il caffè non cadrebbe perfettamente sulla sfera ghiacciata – proprio per questo sin qui veniva utilizzato solo con i brewers method conici -. Noi invece volevamo non solo unire i benefici dei due metodi – conico e piatto -, ma anche l’estrazione piatta con il Paragon. E da qui nasce l’accessorio di aggancio che permette di adattare il D.ONE sul Paragon.

Partiremo contemporaneamente su vari Paesi, per lanciare il D.ONE in tutto il mondo. Sicuramente l’Italia sarà uno dei target di punta.

L’oggetto avrà un prezzo accessibile a tutti. Rispecchia sempre la filosofia delle nostre due aziende: migliorare o promuovere quello che è il caffè di qualità ma per tutti i baristi non solo per un’élite. Il prezzo sul mercato sarà in linea con altri brewers methods.”

Quanto tempo ci avete messo per progettarlo e realizzarlo?

“E’ stato difficile. Io e Pietro abbiamo lavorato circa 8 mesi per realizzare il D.ONE, cercando di disegnare quello che secondo noi poteva esser il risultato migliore. La parte di aggancio, chiusura, il modo di rendere le nostre idee concrete, è stata eseguita dai progettisti della Pietro Grinders che mi hanno seguito costantemente in questi mesi.

Hanno studiato di volta in volta soluzione diverse per agganciare gli accessori e venire incontro a ciò che erano le necessità tecniche. Senza il loro know-how di ricerca e sviluppo, sarebbe stato ancora più difficile e meno performante.

Un grazie particolare va sicuramente a loro per l’impegno e la disponibilità messo in questo oggetto ancor prima di una gara e quindi del riconoscimento di un mondiale. Oggi l’interesse è maggiore e loro ci hanno investito per primi con noi. La collaborazione tra Vannelli Coffee e Pietro Grinders è nata da poco ma è già molto forte, concentrata su vari aspetti.”

E i suoi colleghi ai mondiali che hanno detto del D.ONE?

Vannelli: “Mi hanno chiesto già tutti quando sarà disponibile sul mercato e non manca molto: potrà esser sotto gli alberi di Natale di molti. La distribuzione verrà gestita da Pietro Grinders.

Giacomo Vannelli durante la gara (foto concessa)
Giacomo Vannelli durante la gara (foto concessa)

E’ molto semplice da usare: è piccolo, permette di avere un’estrazione molto costante e semplifica l’ultizzo come un flat bottom. Nel nostro caso però ci permette di ottenere una tazza complessa. Ha alti risultati sensoriali.

I feedback fin qua sono stati molto positivi.”

Vannelli vuole chiudere con i dovuti e sentiti ringraziamenti

Il lavoro di squadra vince (foto concessa)

“Sicuramente ci sono sempre molte persone da ringraziare, ma in primis mio fratello Pietro, roaster dei caffè della gara ma anche mio coach che mi segue costantemente nella creazione della tazza, della gara, del brewers method. Ringrazio anche la nostra brand manager Barbara, coinvolta sempre in prima fila.

Io sono soltanto la punta dell’iceberg, sono lo show man che va a finalizzare il lavoro in pedana. Che è un po’ il ruolo del barista, a prescindere da quanto uno sia portato o meno, si deve lavorare su se stessi per far sì che le performance siano chiare, pulite, naturali.

Noi non estraiamo solo una tazza di caffè, quello che facciamo è utilizzare un palcoscenico di risonanza internazionale per diffondere i valori della comunità dello specialty coffee. Il ruolo del barista in pedana è quello di un attore che recita una parte importante. E deve essere comprensibile a tutti.

Ringrazio la mia famiglia, la mia compagna per il loro incondizionato supporto. Le gare prendono via tanto tempo soprattutto alle persone a noi più vicine e questo è un qualcosa in più da sottolineare. Grazie anche alle tante aziende che mi stanno sempre vicino. Da Sanremo Coffee Machines a BWT Water & More, a Daniele Ricci con cui ci siamo spalleggiati a vicenda da una competizione all’altra. L’Italia in questa avventura mondiale ha fatto squadra e questo forte legame che abbiamo creato ha dimostrato che unire le forze può renderci competitivi.”

 

 

Gi

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