MILANO – Facciamo un viaggio in una delle terre del cacao, il Ghana, dove il business di questa materia prima comincia a trasformarsi verso la parità di genere: le donne negli ultimi anni finalmente si stanno ritagliando il proprio spazio all’interno della produzione, invertendo la tendenza che ha visto sempre gli uomini al primo posto. Leggiamo cosa sta accadendo dall’articolo di Giuliana Ferrarino su corriere.it.
Ghana: dove il cioccolato è un affare per donne
«Il Ghana è cacao e il cacao è business. Ma in passato era un affare solo per uomini. Gli uomini possedevano le fattorie e le piantagioni di cacao, perciò tutto quello che si ricavava apparteneva all’uomo. Ora invece anche noi donne possiamo fare ciò che fanno gli uomini. E questo ci rende orgogliose», afferma Waida, micro imprenditrice agricola della comunità di Nankese-Ningo grazie alla formazione ricevuta dal programma Cocoa Life, ridendo con i suoi grossi denti bianchi che risaltano sul vestito a colori sgargianti, tipico di questa terra dell’Africa occidentale.
Poiché il cacao è un prodotto stagionale, per arrotondare il reddito, le donne hanno imparato a impastare il pane e a fare i bomboloni; poi hanno aperto un forno, che ora impiega a turno 16 delle 50 donne della comunità di Nankese-Ningo. Ma hanno creato anche la Village Saving & Loan Association, una banca cooperativa locale, che fa microprestiti alle donne. Il denaro è custodito in una scatola, con tre chiavi: chi conserva la scatola, non ha chiave.
In Ghana, secondo Paese produttore al mondo, la coltivazione punta alla sostenibilità
Anche attraverso i programmi di multinazionali, come Mondelez, che coinvolgono le donne e combattono il lavoro minorile. Fra le soluzioni, l’impollinazione “a mano” che riduce la deforestazione. Dietro Cocoa Life c’è Mondelez International, multinazionale americana degli snack da circa 26 miliardi di dollari di fatturato e una collezione di marchi che includono Côte d’Or, Milka, Toblerone e Oreo. Cocoa Life, attivo in 6 Paesi (Costa d’Avorio, Repubblica dominicana, Indonesia, India e Brasile, oltre al Ghana) parte dalla produzione sostenibile del cacao, per fermare la deforestazione, ma fa perno anche sull’empowerment delle comunità agricole e in particolare delle donne e sulla scolarizzazione, per eliminare il lavoro minorile.
Il peso dei consumatori nel cambiamento
«Il nostro obiettivo è di ricavare il 100% del cacao dal programma di sostenibilità per il 2025», afferma Silvia Bagliani, ceo di Mondelez Italia. Per Cocoa Life, Mondelez ha un budget globale di 400 milioni di dollari in 10 anni, di cui 100 milioni per il Ghana. La sensibilità crescente dei consumatori su disuguaglianze, ambiente e sviluppo hanno spinto le multinazionali del settore ad adeguarsi. E questo cambiamento per il Ghana, secondo produttore mondiale dopo la Costa d’Avorio (insieme producono il 60% del cacao globale), rappresenta una grande opportunità per un futuro migliore, che il governo da solo non riesce a offrire, pur controllando, attraverso il Ghana Cocoa Board, il mercato nazionale del cacao.
L’esempio della rivoluzione portata dal programma ‘Cocoa Life’ tra le contadine del Ghana: si parte dalla produzione sostenibile, per fermare la pratica del «land grabbing»
Sapone e fertilizzante con i residui del cacao
È un’industria da 100 miliardi di dollari di fatturato a livello globale, ma le sfide nei Paesi produttori sono molteplici. Yaa Peprah Amekudzi, responsabile di Coca Life in Ghana e a metà dicembre premiata “Personaggio dell’anno per la sostenibilità” durante i Ghana Cocoa Awards del Cocoa Post, in passato lavorava in una Ong, ma ha accettato il nuovo incarico per coniugare business e sviluppo: «Perché le due cose vanno insieme», spiega. A cominciare dalle scuola, che Cocoa Life apre direttamente o indirettamente.
«La vera sfida è provocare un cambiamento fiscale, un reddito migliore», dice Yaa che immagina di «trasformare gli agricoltori in imprenditori, di portare più donne al lavoro e di non vedere più le case di fango». Con un investimento di 3 milioni di dollari da parte di una rete di 2mila agricoltori è stata creata una fabbrica per produrre sapone, dentifricio e fertilizzante con i residui del cacao, in piena economia circolare, mentre la materia prima è destinata interamente all’export.
Se il surplus produttivo deprime i prezzi
Il cacao resta al centro dell’economia del Paese, che ha mostrato la sua resilienza anche davanti alla riduzione dei consumi globali dovuta alla pandemia: il tasso di crescita è previsto in discesa dal 6% del 2019 all’1% nel 2020, ma resta positivo, anche se il deficit è stimato in rialzo fino all’11,4%. La produzione di cacao nel 2019 è aumentata del 3% a 800mila tonnellate, molto meno però del balzo di quasi il 30%, a 2,1 milioni di tonnellate, registrato dalla vicina Costa d’Avorio, che riesce a ricavare tra i 600 e i 700 chili di cacao per ettaro contro i 450 chili del Ghana. Un surplus che contribuisce a deprimere i prezzi, già in discesa prima del Covid.
Contadine-api che impollinano a mano in Ghana
Una soluzione passa dall’aumento della produttività. In chiave sostenibile. Al Giardino dei semi a Bunsu, nella regione orientale del Ghana, gestito dalla Seed Production Division del Ghana Cocoa Board, 24 persone, soprattutto donne, armate di pinzette e occhi buoni, fanno il lavoro delle api, impollinando, fiore per fiore, tra i 300 e i 400 fiori al giorno a testa. «Il cacao in teoria è una pianta ermafrodita, ma ricorriamo ai fiori di altri alberi per l’impollinazione», spiega Isaac Tetteh, responsabile della Spd mentre indica il «campo dei maschi», cioè gli alberi usati solo per i fiori, separato dal «frutteto delle femmine» da impollinare. «Usiamo piante selezionate e l’ibridazione ci permette di ottenere alberi più resistenti alle malattie, senza il ricorso ai pesticidi, una qualità di cacao migliore e una resa maggiore».
Distribuzione gratis di piantine
Nel novembre 2014 è nata la Seed nursery, il vivaio dei sementi gestito da Tree Global a Tafo, per produrre alberi ad alto valore agricolo e ambientale. Tree Global riceve i semi selezionati dal governo, per crescere le piantine in serre con terreno sterilizzato e fuori dal suolo, tecnica che elimina le contaminazioni, illustra Agbeko Ashiagbor, manager della nursery. Quando le piantine hanno 18 mesi e sono pronta a fiorire – la metà del tempo rispetto a un seme tradizionale – vengono distribuite gratis agli agricoltori. Un terreno con piante più produttive aumenta il raccolto e quindi il reddito dell’agricoltore, riducendo il rischio di deforestazione. A questo obiettivo contribuisce la meccanizzazione degli strumenti, che permette di eliminare il lavoro dei bambini nelle piantagioni, aprendo loro le porte della scuola. «Prima, durante il raccolto, i bambini venivano con noi nei campi», racconta Santos Kingsley Agudze, un agricoltore.
Un mestiere imparato da bambini, un tempo anche in Ghana
I programmi di sostenibilità ora proibiscono il lavoro minorile. «Io ho imparato a coltivare il cacao dai miei genitori: a quel tempo credevamo che fosse il modo di vivere. Adesso so che è un business, ma bisogna seguire procedure precise e prendersi cura degli alberi. Grazie al training produciamo dai 4 agli 8 sacchi di fave di cacao in più per ettaro», ogni sacco pesa 62,5 chili. È una scommessa sul futuro. Le tecniche e i processi innovativi promettono un avvenire nel cacao anche ai giovani, che invece sognavano di scappare dalle campagne. «Ora i ragazzi capiscono che il cacao è un’attività economica e può essere redditizia. E molti manifestano il desiderio di restare a occuparsene. Dopo la scuola».