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Il genoma della robusta e la storia della caffeina

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MILANO – Il sequenziamento del genoma di Coffea canephora, da cui si ottiene la varietà robusta di caffè, apre la strada a un miglioramento delle qualità organolettiche. Della resistenza ai cambiamenti climatici e alle malattie di questa pianta. Inoltre, il sequenziamento ha permesso di scoprire che nel caffè la sintesi di caffeina è evoluta in modo indipendente rispetto alle piante di cacao e tè.

Coffea canephora. Il sequenziamento del genoma del caffè

Ha messo in luce la singolare evoluzione della capacità di produrre caffeina della pianta e ha chiarito alcuni complessi rapporti fra numerosi diversi geni.

Entrambi i risultati permetteranno un miglioramento sia delle qualità organolettiche del prodotto sia la resistenza della pianta del caffè alle malattie.

La ricerca – pubblicata su “Science”

Condotta da un gruppo internazionale di ricercatori afferenti a diversi istituti, fra cui il centro dell’Enea della Casaccia (Roma) e l’Università di Trieste. – si è concentrata sulla specie Coffea canephora.

Da cui deriva la varietà robusta del caffè, e non su Coffea arabica, quella domesticata in tempi più antichi e considerata più pregiata. Perché la prima è diploide (ossia ha due copie per ciascun cromosoma), mentre C. arabica è tetraploide (quattro copie del corredo cromosomico). Una circostanza che rende molto più complessa la lettura e l’interpretazione dei dati ottenuti.

Alcune scoperte

La prima sorpresa che ha riservato il sequenziamento è stata la scoperta del fatto che rispetto ad altre specie di piante, come per esempio il pomodoro o l’uva, il caffè ha un numero molto più elevato di grandi classi di geni responsabili della produzione di alcaloidi e flavonoidi.

Per esempio, il principale acido grasso insaturo dei semi di caffè, l’acido linoleicocontribuisce significativamente al suo aroma. Questo è controllato da ben sei geni. Contro l’unico gene destinato a questo scopo della maggior parte delle piante che lo producono.

Ma la sorpresa più grande è venuta dall’analisi dei percorsi di biosintesi della caffeina da parte di Coffea canephora.

I ricercatori hanno scoperto che la caffeina è prodotta in modo differente. Almeno rispetto ad altre piante che contengono questa sostanza, come cacao e tè.

In altre parole, la capacità di sintetizzare la caffeina non è stata ereditata. Non esiste un antenato comune di caffè, cacao e tè; ma si è evoluta in momenti diversi e in maniera indipendente.

Si ritiene che la caffeina aiuti le piante a tenere lontano i parassiti. A frenare la crescita di altri vegetali che competono per le risorse.

Un altro recente studio ha dimostrato che, al pari degli umani, gli insetti impollinatori possono sviluppare l’abitudine alla caffeina; inducendoli a prediligere le piante che sintetizzano questo composto.

In un articolo di commento al sequenziamento, Dani Zamir della Hebrew University of Jerusalem a Rehovot, sottolinea l’importanza di tradurre il sequenziamento del genoma del caffè in un’opportunità per la coltivazione della pianta.

La diversità delle sue varietà sta diminuendo a livello globale. La causa è la pressione di cambiamenti climatici, la deforestazione e la diffusione di malattie.

Zamir osserva che sarebbe importante sviluppare e condividere una mappa. Qualcosa che colleghi i dati genetici ottenuti e quelli fenotipici; soprattutto quelli relativi a tratti come aroma e sapore.

In questo modo sarebbe possibile sfruttare la ricca riserva di diversità genetica. Oggi ancora disponibile nelle varietà di caffè meno sfruttate presenti in Africa, terra d’origine della pianta. Per assicurare un futuro a un settore agricolo che per molti paesi tropicali rappresenta la principale fonte di guadagno.

L’attuale produzione mondiale di caffè arabica, ricorda Zamir, si basa infatti su un piccolo numero di cultivar; con una diversità genomica e fenotipica estremamente ridotta.

Fonte: http://www.lescienze.it/news/2014/09/05/news/genoma_caff_evoluzione_caffeina_robusta_arabica-2272248/

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