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martedì 29 Aprile 2025
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Alessandro Galtieri: “Transizione del Q Grader Program da CQI a SCA? Un cambiamento coerente e comprensibile”

Galtieri: "Non solo misura in modo più sfaccettato la qualità sensoriale, ma nelle sue schede di valutazione integra aspetti intriseci e fisici, con altri culturali ed estrinseci, favorendo una visione più ricca del caffè e rispettosa delle diversità emergenti nello specialty. È comprensibile che ogni grande cambiamento generi resistenze. Tuttavia, molte critiche non riguardano il merito, bensì il metodo: una svolta per certi versi epocale che arriva come un fulmine a ciel sereno, senza una comunicazione congiunta chiara, un percorso di un coinvolgimento reale della community; tutti atteggiamenti che vengono percepiti come un difetto di inclusione verso chi sostiene queste associazioni ne divulga le pratiche e che ha costruito una carriera su sistemi consolidati da esse proposti, investendo e scegliendo un percorso formativo"

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Alessandro Galtieri, campione di caffetteria, scrittore di apprezzatissimi manuali per baristi e coffee lover, giudice e trainer, ha commentato la notizia della transizione della gestione del programma Q Grader dal Coffee Quality Institute (CQI) con il cupping protocol, alla Specialty Coffee Association (SCA) con il Coffee Value Assessment (CVA) (ne abbiamo parlato qui).

Secondo Galtieri, il Coffee Value Assessment (CVA) nasce per offrire una valutazione più completa, comprensibile e utile per tutta la filiera. Leggiamo di seguito il suo intervento.

La transizione del Q Grader Program da CQI a SCA: più utile per tutta la filiera

di Alessandro Galtieri

MILANO – “La sorprendente notizia della transizione della gestione del programma Q Grader dal Coffee Quality Institute (CQI) con il cupping protocol, alla Specialty Coffee Association (SCA) con il Coffee Value Assessment (CVA) ha generato, com’era prevedibile, numerose reazioni nel mondo dello specialty coffee.

Capisco perfettamente le perplessità di chi teme un cambiamento così radicale e il malumore di chi teme di venie danneggiato, avendo investito tempo e risorse per conseguire una certificazione Q Grader basata sul cupping protocol e che ora dovrà essere necessariamente adeguata alla diversa metodologia CVA.

L’idea di essere costretti a dover migrare verso il nuovo sistema può essere frustrante, soprattutto per chi ha consolidato esperienza e riconoscimento con quel metodo. Tuttavia, occorre guardare al quadro generale.

Per chi non lo sapesse, il Cupping Protocol fu adottato nel 2004 proprio dalla Specialty Coffee Association (SCAA) per fornire uno strumento standardizzato nella valutazione della qualità dei lotti di caffè nei paesi produttori. Permise agli agricoltori orientati alla qualità di differenziarsi, comunicando in modo più preciso il valore dei loro prodotti ai compratori internazionali.

In quel periodo rappresentò una rivoluzione e rinforzò fra l’altro iniziative come la Cup of Excellence e le aste dell’Alliance for Coffee Excellence, creando opportunità di mercato prima impensabili.

Su questo sistema si fondarono appunto programmi come il Q Grading e il Q Processing del CQI, che contribuirono a loro volta alla diffusione globale di una cultura della qualità nel caffè.

Non si può sminuire l’importanza storica del cupping protocol: è stata l’arma con cui i produttori combatterono consuetudini di mercato che avevano a lungo soffocato lo sviluppo della qualità.

Ma vero è che il cupping protocol nacque oltre vent’anni fa, in un contesto in cui il movimento specialty coffee era agli albori e serviva uno strumento chiaro di comunicazione del valore del caffè verde, principalmente tra agricoltori e trader, in mercati dominati dalle classificazioni delle borse valori, che concepiscono il caffè come commodity.

Oggi il mondo dello specialty è radicalmente cambiato: la cultura del caffè di alta qualità si è diffusa, capitalizzata e democratizzata. Non riguarda più solo trader e produttori, ma coinvolge torrefattori, baristi, formatori, consulenti e coffee lovers. In questo nuovo ecosistema, il cupping protocol ha rivelato i suoi limiti e SCA ha messo a punto il CVA.

Quali sono questi limiti? Ad esempio il cupping protocol si basa su una valutazione numerica su scala fino a 100 che, da sola, non racconta nulla delle caratteristiche organolettiche o del valore intrinseco del caffè. Solo un’indicazione, un voto — che per di più si reggeva sulla fiducia nella correttezza della valutazione effettuata.

Per un torrefattore, un trader o un consumatore oggi è molto più utile avere informazioni dettagliate: il tipo di lavorazione, il terroir, i descrittori aromatici dominanti, le pratiche ambientali ed etiche applicate durante la produzione.

È da queste informazioni che nasce il vero valore commerciale, culturale ed emozionale di un caffè.

Anche nella sua funzione originale, ormai da tempo, il cupping protocol mostrava limiti: non sono rari i casi di caffè che sarebbero stati scartati, ad esempio, per difetti fisici ancor prima dell’assaggio ma che si sono visti vincitori nelle competizioni mondiali valutate su sensorialità pura, una contraddizione che ha messo in luce quanto il sistema fosse troppo ancorato a parametri non più sufficienti a definire il carattere del caffè in tazza.

Un ulteriore mutamento: il mercato odierno non è più dominato solo da USA ed Europa come quando venne messo a punto il Cupping Protocol, ma vede anche l’Asia protagonista. E inoltre con il tempo i gusti cambiano e ancora di più, ciò che è considerato “preferito” in un mercato può non esserlo in un altro.

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Alessandro Galtieri (immagine concessa)

Non possiamo più imporre un unico modello di “caffè di qualità” o di valore.
Serve una visione più ampia di “esperienza” del caffè, dove gli attributi non sono rigidamente classificati come pregi o difetti, ma registrati come impressioni sensoriali, con la libertà di valutarli secondo il mercato di destinazione”.

Galtieri afferma: “Il Coffee Value Assessment (CVA) nasce per offrire una valutazione più completa, comprensibile e utile per tutta la filiera”.

Galtieri aggiunge: “Non solo misura in modo più sfaccettato la qualità sensoriale, ma nelle sue schede di valutazione integra aspetti intriseci e fisici, con altri culturali ed estrinseci, favorendo una visione più ricca del caffè e rispettosa delle diversità emergenti nello specialty.

È comprensibile che ogni grande cambiamento generi resistenze. Tuttavia, molte critiche non riguardano il merito, bensì il metodo: una svolta per certi versi epocale che arriva come un fulmine a ciel sereno, senza una comunicazione congiunta chiara, un percorso di un coinvolgimento reale della community; tutti atteggiamenti che vengono percepiti come un difetto di inclusione verso chi sostiene queste associazioni ne divulga le pratiche e che ha costruito una carriera su sistemi consolidati da esse proposti, investendo e scegliendo un percorso formativo.

La rigidità espressa da alcuni AST, Q Grader, produttori e formatori è da comprendere: è la reazione di chi legge una notizia che li riguarda e potrebbe significare anni di lavoro messi a rischio da decisioni calate dall’alto senza una spiegazione adeguata o un percorso di avvicinamento.

Se il mondo dello specialty vuole crescere in modo realmente inclusivo, coinvolgendo tutta la filiera per il bene del mondo del caffè, in un momento davvero difficile per tutti, nessuno escluso, SCA e le altre istituzioni dovranno ascoltare attentamente queste voci, non ignorarle e lavorare intensamente perchè il processo di integrazione tra i sistemi possa essere quanto più indolore e semplice da abbracciare.

Servono sicuramente strumenti facilitazioni e confronto costruttivo per arrivare al risultato di avere un mondo del caffè che parla la stessa lingua e che può sostenere qualità e benessere della filiera senza separazioni, ma diventando una unica voce autorevole a sostegno del settore”.

                                                                                                       Alessandro Galtieri

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