MILANO – I libri, il cinema, la scrittura e la narrativa, mescolate assieme dentro una tazzina. Il mondo di un barista è ben più stratificato di quanto il cliente distratto possa pensare. Perché, al suo interno, passano e a volte si fermano, tante storie, tanti personaggi. Il locale diventa un terreno fertile per qualsiasi spunto narrativo: è sufficiente avere una penna a dargli forma scritta. Di questa magia letteraria è esperto Diego Galdino, proprietario di un bar che non è un semplice bancone che serve espresso. Ma piuttosto spazio di incontro, di condivisione, nel quale nascono gli amori e le amicizie. Perché lasciare dimenticate o non sviluppate, queste tanti potenziali protagonisti di romanzi? Ne ha parlato con noi l’autore stesso dei due romanzi ispirati dal rito italiano: “Il primo caffè del mattino” e “L’ultimo caffè della sera“.
Galdino, è nata prima la passione per il caffè o per la scrittura?
“In realtà credo che la mia passione per il caffè sia endemica per un fatto genetico. Infatti, come amo ripetere sempre, nel Bar dove lavoro ci sono anche nato nel vero senso della parola. A mia madre si sono rotte le acque proprio mentre era dietro allo stesso bancone dove io tutt’ora preparo il caffè ai personaggi delle mie storie.
Quindi posso assolutamente affermare che la scrittura è arrivata molto dopo il caffè e grazie ad una ragazza che un giorno mi mise in mano un libro e mi disse: «Tieni, questo è il mio romanzo preferito. Lo so, forse è un genere che piace più alle donne, ma sono certa che lo apprezzerai, conoscendo il tuo animo sensibile». Il titolo del romanzo era Ritorno a casa e la ragazza aveva pienamente ragione. Quel libro mi conquistò a tal punto che nelle settimane a seguire lessi l’opera omnia dell’autrice.
Il mio preferito era I cercatori di conchiglie. Scoprii che il sogno più grande di questa ragazza di cui ero perdutamente innamorato, era quello di vedere di persona i posti meravigliosi in cui la Pilcher ambientava le sue storie. Ma questo non era possibile perché un grave problema fisico le impediva gli spostamenti lunghi. Così, senza pensarci due volte, le proposi: «Andrò io per te, e i miei occhi saranno i tuoi. Farò un sacco di foto e poi te le farò vedere».
Qualche giorno più tardi partii alla volta di Londra, con la benedizione della famiglia e la promessa di una camicia di forza al mio ritorno
Fu il viaggio più folle della mia vita e ancora oggi, quando ci ripenso, stento a credere di averlo fatto davvero. Due ore di aereo, sei ore di treno attraverso la Cornovaglia, un’ora di corriera per raggiungere Penzance, una delle ultime cittadine d’Inghilterra, e le mitiche scogliere di Land’s End. Decine di foto al mare, al cielo, alle verdi scogliere, al muschio sulle rocce, al vento, al tramonto, per poi all’alba del giorno dopo riprendere il treno e fare il viaggio a ritroso insieme ai pendolari di tutti i santi d’Inghilterra che andavano a lavorare a Londra.
Un giorno soltanto, ma uno di quei giorni che ti cambiano la vita. Tornato a Roma, lasciai come promesso i miei occhi, i miei ricordi, le mie emozioni a quella ragazza e forse le avrei lasciato anche il mio cuore, se lei non si fosse trasferita con la famiglia in un’altra città a causa dei suoi problemi di salute.
Non c’incontrammo mai più, ma era lei che mi aveva ispirato quel viaggio. In fin dei conti tutto ciò che letterariamente mi è successo in seguito si può ricondurre alla scintilla che lei aveva acceso in me, la voglia di scrivere una storia d’amore che a differenza della nostra finisse bene. Da allora non ho più smesso di scrivere, cercando di conciliare la mia vita da scrittore con quella da barista.”
Dopo il suo primo successo editoriale, ci sono clienti che hanno iniziato a frequentare il suo bar per finire immortalati nei suoi prossimi lavori?
“No. O almeno per il momento non me ne sono accorto, però una delle cose più belle del mio essere uno scrittore/barista è quando vengono al Bar lettori dei paesi in cui sono stati pubblicati i miei romanzi. Magari solo per farsi fare una dedica o scattarsi una foto dietro al bancone insieme a me.
Vedere le loro facce incredule quando entrano nel Bar e mi trovano dietro al bancone a fare i caffè come il protagonista dei miei romanzi è qualcosa di bello a cui non mi abituerò mai. Lì si rendono conto che è tutto vero, che non mi sono inventato niente. Insomma, che sono entrati a far parte delle mie storie come i personaggi dei libri che hanno letto. Poi quando gli presento Antonio l’idraulico, Pino il parrucchiere, Luigi il falegname, la loro realtà supera la mia fantasia.”
Ora che è approdato in Italia il colosso del caffè americano, la sua prossima opera sarà “L’amore ai tempi di Starbucks”?
“A dire il vero a Roma questo colosso non si è ancora palesato. Ho sempre pensato che di posti dove si preparano e si prendono i caffè nel mondo ce ne saranno tantissimi, ma come il Bar dove li preparo io non credo che ce ne siano tanti. Lo dimostra il fascino che suscitano i miei romanzi ambientati in questo locale di quartiere, alla vecchia maniera, nei paesi stranieri in cui sono stati pubblicati.
Forse nelle persone c’è ancora questa voglia di posti come la libreria di Meg Ryan nel film C’è posta per te. E poi la mia prossima opera ha già un titolo e stavolta i protagonisti il caffè se lo prepareranno a casa.”
C’è il primo caffè del mattino e l’ultimo caffè della sera…ma il caffè della pausa pranzo?
“Ovvero quello che viene subito prima della sigaretta dei fumatori tradizionali? Nel mio ultimo romanzo il protagonista afferma che per trovare la persona giusta servono due caffè… Il primo del mattino e l’ultimo della sera… Tra l’uno e l’altro, compresa la pausa pranzo, il caffè può essere sostituito da un bacio. Di quelli che ti restano sulle labbra e sulla lingua quanto un buon caffè… Per il resto della giornata.”
Quante coppie hai creato formando un cuore sulla crema di latte dei suoi cappuccini?
“Niente Latte art. Il mio cappucino dev’essere prima di tutto, buono, schiumoso e caldo il giusto…Con una spolverata di cacao. Lascio alle coppie ampia libertà di manovra, magari abbondo con la crema di latte. Così da lasciare a lei o a lui l’incombenza di togliere, come reputano meglio, dalla bocca dell’altro, lo sbaffo di schiuma. Un gesto che racchiude in se, sensualità, dolcezza e intimità…Le basi.”
Se potessi scegliere, rinuncerebbe a fare il barista per esser solo scrittore, o le due cose sono indivisibili?
“In effetti come direbbe lo Hugh Grant di Notting Hill tutto è un po’ surreale, ma bello. La mia è un po’ una doppia vita come quella di Clark Kent e Superman. Il Bar è casa mia e per quanto uno possa andare in giro o allontanarsi per presentare i suoi libri in giro per l’Italia e mezza Europa, alla fine a casa deve sempre tornarci.
Per questo non voglio scegliere, perché credo che a questo punto non potrebbe esistere l’uno senza l’altro… E poi mi piace troppo l’idea di dare ai miei lettori un posto dove potermi sempre trovare. Per farsi fare una dedica, una foto insieme, scambiare quattro chiacchiere, magari davanti ad un caffè alla Nutella preparato da me.”
Che cos’è il caffè per un barista/autore come Galdino?
“Una filosofia di vita, uno stile di vita. Un microcosmo di caratteri diversi, un oroscopo con il proprio caffè al posto dei segni zodiacali. Fare un buon caffè mi gratifica, mi fa sentire speciale. Capace di un qualcosa che resta nelle menti e nel cuore delle persone, come un bel libro. Il cliente abituale, quello che torna il giorno seguente, quello che raschia la tazzina con il cucchiaino, sono i premi nobel dei baristi, perché i baristi non saranno mai solo per pochi, i baristi sono di tutti.”
E per i romani?
“La tradizione, la seconda casa. Il caffè, il cappuccino: difficilmente la giornata di un romano può avere inizio senza prima di aver degustato una di queste due cose. Un romano, ovunque si trovi nel mondo, anche davanti ad un buffet grande quanto una nave da crociera con sopra ogni ben di Dio, dolce e salato, la prima domanda che si farà a colazione è… “Ma ce sarà il cappuccino e il cornetto?”
Ha mai pensato di trasformare il suo locale in un caffè letterario?
“Alla giornalista del programma televisivo polacco più visto della mattina in Polonia che mi chiese “Ma i personaggi della tua storia l’hanno letto il tuo libro?” Io risposi: “No, stanno aspettando che esca il film per vedere come va a finire.”