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sabato 02 Novembre 2024
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Gain Report – L’Etiopia resta il massimo produttore africano

Un primato per il Paese produttore, tuttavia il suo potenziale rimane sottoutilizzato. Osserviamo l'andamento di questa zona del mondo rispetto al mercato caffeicolo

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MILANO – L’Etiopia è un paese storicamente, culturalmente e territorialmente vocato al caffè. Tuttavia, questa terra realizza soltanto in parte il proprio straordinario potenziale produttivo.

L’Etiopia vista dal Gain Report

Questa la considerazione di fondo che emerge dalla lettura del Gain Report del servizio agricolo estero di Usda, il dipartimento Usa dell’agricoltura, dedicato al settore del caffè in Etiopia.

Redatto da due specialisti locali e poi approvato da un esperto del dicastero americano. Il documento è stato reso disponibile.

Il caffè riveste un’importanza fondamentale per l’economia etiope

Infatti, dà lavoro (direttamente o indirettamente) a 15 milioni di persone. Inoltre, rimane la principale voce dell’export.

Con una produzione stimata, per il 2012/13, in 6,325 milioni di sacchi (6,5 secondo la stima ufficiale Usda dello scorso dicembre), l’Etiopia è di gran lunga ilmassimo produttore africano.

Davanti all’Uganda (3,45 milioni) e alla Costa d’Avorio (1,8 milioni). Nonché il quinto produttore mondiale; alle spalle di Brasile, Vietnam, Indonesia e Colombia.

Terra d’origine della Coffea Arabica

L’Etiopia presenta nelle due sue principali regioni di produzione (Oromia e Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud) condizioni estremamente favorevoli per la coltura del caffè.

In termini di suoli, altitudine, temperatura, regime delle precipitazioni e materiale genetico autoctono.

Ma, nonostante queste eccezionali potenzialità, le rese rimangono piuttosto basse. Appena 12 sacchi per ettaro, secondo quanto stimato da Usda.

Quali sono i fattori che limitano lo sviluppo produttivo?

Il report ne delinea principalmente tre

1) Prima di tutto, la concorrenza crescente del khat (Catha edulis). Ovvero un arbusto le cui foglie contengono un alcaloide dall’azione stimolante (catina o celastrina). I cui effetti sono assimilabili all’anfetamina.

Le foglie e gli steli teneri vengono tradizionalmente masticati allo stato fresco dalle popolazioni locali. Allo scopo di alleviare la fatica, migliorare lo stato di vigilanza e attenuare i morsi della fame.

Dal 1980, il khat è classificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra le droghe proibite

La domanda di foglie di khat è in forte aumento nei centri urbani dell’Etiopia e nei paesi vicini. In particolare, Somalia, Kenia e Yemen. I commerci sono in crescita anche nel resto del mondo, anche per effetto dei flussi migratori.

La pianta è relativamente resistente a siccità, malattie e parassiti. Non necessità di cure particolari e può dare sino a 3-4 raccolti all’anno. Vista anche la forte richiesta procura dei redditi superiori a quelli di tutte le altre cash crop (compreso il caffè).

Molti piccoli produttori – specie nella regione di Hararge – avrebbero abbandonato il caffè per dedicarsi a questa coltura.

In quanto al momento, decisamente più remunerativa.

Secondo punto. La prevalenza dei metodi di produzione tradizionali e il mantenimento di pratiche agronomiche spesso inadeguate

3) La mancanza di un’istituzione governativa specializzata. Una che quindi offra consulenza, assistenza tecnica e formazione ai produttori.

Il report delinea inoltre la presenza di diverse dimensioni produttive

Il caffè di foresta cresce spontaneamente sotto la chioma arborea e viene raccolto dalle popolazioni locali.

Nel caffè di semi-foresta, il contadino sfronda e seleziona la vegetazione arborea di copertura. Così da consentire la migliore insolazione.

Se pota gli alberi e rimuove le erbacce una volta all’anno, rivendica normalmente la proprietà del caffè cresciuto nell’area forestale di cui ha avuto cura.

Il caffè di giardino viene coltivato in piccoli appezzamenti di terreno. In vicinanza della dimora del contadino. Viene normalmente fertilizzato con materiale organico e abbinato ad altre colture intercalari.

Il caffè di piantagione viene prodotto da investitori privati o dal governo

Principalmente in funzione dell’export, con pratiche più evolute e razionali. Queste prevedono generalmente l’utilizzo di fertilizzanti e diserbanti.

Il 95% del caffè etiope proviene da piccoli produttori. (meno di 2 ettari di terreno coltivato). Seguono metodi tradizionali. Nella maggior parte dei casi, la coltivazione avviene senza l’utilizzo di prodotti chimici. (diffusi quasi esclusivamente nelle piantagioni commerciali). Inoltre, è di fatto biologica.

Il Ministero dell’agricoltura non incoraggia la diffusione dei fertilizzanti

Anche l’utilizzo dei pesticidi è inadeguato. Questo, nonostante la presenza di malattie gravi – quali la scolite del caffè, la fusariosi e le patologie da nematodi – nelle principali aree di produzione.

Consumi

Quelli interni sono stimati per il 2012/13 in poco più di 3 milioni di sacchi. Il caffè è una bevanda che fa parte della cultura e delle tradizioni dell’Etiopia.

Il suo consumo è associato alle più importanti ricorrenze familiari, religiose e conviviali. Il prodotto destinato al mercato interno è generalmente di qualità inferiore rispetto a quello esportato.

Commercio

Nei primi 9 mesi dell’anno fiscale (8 luglio-7 luglio dell’anno successivo), le esportazioni hanno portato nelle casse dell’Etiopia introiti in valuta per un totale di  2,2 miliardi di dollari.

Il caffè ha contribuito per ben 513,8 milioni riconfermandosi la massima voce dell’export. Davanti all’oro (432,1 milioni) e ai semi oleaginosi (314,5 milioni).

L’importanza di questo prodotto ha indotto il governo di Addis Ababa ad adottare politiche molto rigorose

Tutte volte a privilegiare l’export rispetto al mercato interno.

Inoltre, tutte le attività connesse al settore del caffè, sono soggette a specifiche autorizzazioni.

Da maggio 2011 è entrata in vigore una nuova normativa

Più restrittiva per quanto riguarda il magazzinaggio e l’esportazione. Nessun esportatore – pena la revoca della licenza – può detenere nei propri magazzini più di 500 tonnellate di caffè. Non senza avere un contratto con un importatore estero, che giustifichi la giacenza della merce.

È stata invece revocata la norma, introdotta nel novembre 2011, che imponeva ai commercianti la spedizione del caffè in container alla rinfusa. Anziché nei tradizionali sacchi in iuta da 60 kg.

La più grande svolta recente nei commerci della derrata è rappresentata dall’avvento dell’Ethiopia Commodity Exchange (Ecx)

L’istituzione pubblica creata nel 2008 dal governo etiope, con l’assistenza di Usaid, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale.

Si tratta di un centro d’asta, interamente informatizzato, dove le transazioni tra compratori e venditori avvengono secondo il sistema open outcry.

Il trasferimento della merce e del corrispettivo in denaro, successivi alla transazione, viene effettuato sotto la supervisione dell’Ecx.

Questo poi trattiene lo 0,2% del valore di ogni transazione, a titolo di commissione. Inoltre, si serve di moderne tecnologie elettroniche, in particolare per il trasferimento dei fondi tra conti bancari.

Il mercato è stato creato con l’intento di accrescere l’efficienza e la trasparenza della filiera

Nonché di migliorare l’accesso dei produttori al mercato garantendo compensi equi.

Oltre al caffè, la borsa tratta anche altri prodotti agricoli. Quali il granoturco, il mais e i fagioli.

L’Ecx dispone di una rete di oltre 50 magazzini di consegna localizzati in 17 regioni. La classificazione del caffè viene compiuta da un autorevole laboratorio di analisi chimico-sensoriale.

Esportazioni

L’export etiope di caffè ha raggiunto, nell’annata caffearia 2011/12, un totale di 3,141 milioni di sacchi.

La Germania è di gran lunga la principale destinazione. Con quasi un milioni di sacchi esportati.

L’Italia si colloca al 7° posto tra i principali importatori. Con un volume che ha raggiunto i 155mila sacchi.

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