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GAGGIA / 8 – Il 75° anniversario dalla fondazione, storia di un marchio made in Italy

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MILANO In occasione del 75° anniversario la Gaggia ha preparato questa storia ufficiale del marchio, che è tra i più famosi, e dell’azienda. Ve la proponiamo.

Tutto ha inizio nel 1930, a Milano, quando Giovanni Achille Gaggia (1895-1961) comincia a lavorare presso il bar di famiglia che porta il suo nome, il Caffè Achille, al n. 14 di Viale Premuda. All’epoca gli affari procedevano a fatica, difficile soddisfare il gusto dei clienti, ma la provvisoria condizione di svantaggio fu per Gaggia uno stimolo a migliorare la propria attività. In quegli anni, nei bar di Milano, era diffusa la macchina da caffè espresso detta “a colonna”, la cui origine risale al diciannovesimo secolo.

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Achille Gaggia

È nel 1900 che le prime sbuffanti macchine a vapore appaiono nei bar sostituendo definitivamente le vecchie caffettiere. Il nuovo procedimento era basato sull’impiego di vapore acqueo creato all’interno di una caldaia e sul suo passaggio attraverso uno o più porta filtro. Le macchine a vapore avevano una caratteristica forma a colonna, una struttura funzionale al meccanismo tecnico poiché la caldaia aveva uno sviluppo verticale.

Tuttavia, la preparazione del caffè con la macchina a vapore non garantiva ottimi risultati, poiché spesso la nera bevanda risultava troppo amara (il caffè veniva, di fatto, “bruciato” dal vapore), la pressione di caldaia non superava mai ¾ di atmosfere, mentre la temperatura si aggirava sui 98°-100°C. Le parole di Achille Gaggia, riportate dal nipote Giampiero Gaggia, ci offrono un’idea degli inconvenienti tipici dell’epoca dovuti all’uso del vapore: “Quando si beveva un caffè, sembrava di entrare in una Milano nebbiosa”.

Partendo da queste problematiche Gaggia pensò di perfezionare, modificandolo, il sistema di estrazione e iniziò così una sperimentazione continua all’interno del bar di famiglia (sul bancone troneggiava la macchina per caffè espresso, una raffinata Victoria Arduino) con l’aiuto partecipe di alcuni amici.

Nello stesso periodo, si verifica una circostanza che ebbe ricadute importanti sulle ricerche svolte da Gaggia: l’incontro con Antonio Cremonese (1892-1936). Cremonese, di ritorno dal fronte, aveva investito le sue risorse finanziarie in un bar, il Mokasanani di via Torino. Antonio Cremonese condivideva con Achille Gaggia il medesimo obiettivo: il desiderio di affinare l’estrazione del caffè dalla macchina da bar.
Nel 1936 la morte di A.Cremonese sopraggiunge in concomitanza con la registrazione del brevetto n. 343.230 che certificava il metodo detto “rubinetto a stantuffo per macchina da caffè espresso”: una procedura di estrazione in assenza di vapore che consentiva la riuscita della crema caffè.
Achille Gaggia, appresa la notizia, acquista dalla vedova Rosetta Scorza per una somma consistente (si parla di dodicimila lire, ma non esiste documentazione scritta che attesti la cifra versata) il brevetto depositato.

Nonostante la certificazione brevettata, l’invenzione è ancora da perfezionare. Gaggia intuisce la genialità del nuovo sistema e ne intraprende il miglioramento, conseguendo, fin da subito, un successo inaspettato. Egli riuscì a gestire l’intero processo mediante il quale l’acqua calda sotto pressione passava attraverso il caffè macinato.

Grazie a questo procedimento soprannominato “a torchio” (il sistema Lampo), si controllava con precisione la riuscita del caffè e il risultato era differente rispetto a quello ottenibile con il vapore delle macchine “a colonna”.

Achille in data 5.9.1938 deposita il brevetto n. 365726 che, rilasciato il 12.12.1938, rivoluzionò definitivamente il modo di estrarre il caffè. Il Brevetto presentava come intestazione tale dicitura: “Rubinetto a stantuffo per macchine per produrre istantaneamente infusi in genere (per esempio caffè thè camomilla e simili)”.

Nel 1938 Gaggia apre un ufficio con annesso un piccolo laboratorio (via Pietro Calvi, n.2), fonda la ”Brevetti Gaggia G.A.” e dà inizio alla promozione del gruppo erogatore da lui brevettato.

La registrazione del brevetto può essere interpretata come un vero e proprio “mito fondativo”: da questo momento inizia non solo la storia unica di un marchio rappresentativo dell’eccellenza italiana, ma anche un imprescindibile modo di assaporare il caffè, l’espresso con crema naturale, che non ha precedenti.

Artefice di questa “rivoluzione copernicana” del gusto è Achille Gaggia, originale inventore della crema caffè. Per il momento, l’obiettivo principale di Gaggia è vendere i nuovi gruppi erogatori ai baristi sostituendoli a quelli vecchi ancora presenti, ma la permuta non è agevole, visto il costo che il singolo gestore deve affrontare.

All’epoca le macchine per caffè erano pezzi artigianali non ancora costruiti in serie e presenti solo nelle grandi città italiane. Avviare una produzione di macchine da bar in quel frangente storico non era cosa facile.

Nel 1947 Achille Gaggia deposita il secondo brevetto riguardante l’introduzione del pistone: il funzionamento “a torchio” viene sostituito grazie all’inserimento di una leva in grado di pompare acqua sotto pressione sulla polvere di caffè. L’innovazione fa sì che il caffè sia attraversato dalla sola acqua calda a una pressione elevata (circa 9/10 atmosfere), consentendo di estrarre gli aromi che danno pienezza al gusto e le componenti atte a produrre la crema tipica della tazzina di espresso.

Con questo innovativo apparato “a leva”, il controllo delle fasi è principalmente affidato alla macchina. All’operatore compete la scelta della qualità di caffè, del suo grado di macinatura e il compito di pressare nel filtro i 7-8 grammi di macinato. La temperatura dell’acqua che attraversa la polvere è di circa 90-92° C; la pressione è determinata dalla forza della molla (caricata dalla leva) che spinge il pistone verso il filtro per estrarre, in 25-30 secondi, l’espresso guarnito di crema.

L’aroma intenso sancisce in breve tempo il successo della crema caffè espresso e decreta il caratteristico modo di bere il caffè all’italiana.

La produzione in serie del brevetto è oramai vicina. Gaggia propone il gruppo perfezionato ad altri produttori che inizialmente lo rifiutano, ritenendo bizzarra e costosa la recente tecnica di estrazione. Achille non si affligge e palesando uno spiccato fiuto per il marketing installa nei bar che accolgono le sue macchine un’insegna (Crema caffè di caffè naturale funziona senza vapore) volta ad attirare potenziali avventori.

Le resistenze iniziali dei clienti erano, tutto sommato, comprensibili e giustificabili. Achille Gaggia indicava un modo nuovo di assaporare il caffè. La nuova bevanda era contraddistinta da un voluttuoso aroma, un sapore corposo e un’inedita crema color nocciola: si trattava di un trucco ingegnoso o l’infuso erogato era davvero caffè? I successivi eventi spazzarono via ritrosie e dubbi…

In breve tempo il sistema è adottato da alcuni famosi bar di Milano quali Motta e Biffi dislocati nell’elegante Galleria Vittorio Emanuele. In pochi giorni si formano lunghe code contenute a stento dalla forza pubblica: tutta Milano è in fila per degustare la crema caffè naturale ideata da Gaggia.

Nonostante l’evidente successo, Gaggia non possiede ancora un’officina in grado di produrre macchine in serie. Il progetto è realizzabile solo dopo l’incontro con l’imprenditore Carlo Ernesto Valente, che mette a disposizione la propria azienda per la costruzione delle macchine per espresso.

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Gaggia Classica

Da questo fruttuoso incontro nasce “Classica” (1948), che segna un passaggio importante da un punto di vista tecnologico (l’introduzione della leva), ma anche funzionale ed estetico. “Classica” è tra le prime macchine ad avere uno sviluppo orizzontale, una soluzione che ne aumenta la praticità. Tale formato, infatti, permette di avere più gruppi in linea, consente maggiore accessibilità al barista ed è capace di garantire una produttività elevata; il modello, inoltre, presenta un piano poggia tazze capace di riscaldarle sfruttando il calore delle due caldaie.

Il successo della “Classica” è sancito dall’incredibile qualità del caffè che è in grado di realizzare, più cremoso e aromatico rispetto al passato.

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Il logo Gaggia

Assieme alle prime macchine nasce anche il celebre logo che d’ora in avanti contraddistinguerà il brand Gaggia: una caffettiera dalle linee retrò affiancata al disegno di un moderno gruppo-leva.

La rappresentazione grafica del marchio Gaggia suggerisce all’istante il binomio classicità/cambiamento. Il connubio tra una caffettiera tradizionale e un innovativo pistone non è casuale. Il logo è, infatti, una perfetta sintesi del concept che anima, fin dalle origini, la filosofia aziendale – tradizione in continua evoluzione – ma è anche esempio della vena comunicativa di Achille Gaggia: il fondatore del marchio aveva compreso, in anticipo sui tempi, l’importanza di una comunicazione promozionale fatta di asserzioni chiare e di segni grafici evocativi.

Gaggia si organizza per la vendita diretta ai bar: durante la notte vengono portate via le macchine verticali e cilindriche oramai obsolete, sostituite da quelle larghe e orizzontali. Un cambiamento progressivo che muterà gradualmente anche la storia del caffè espresso.

Nel 1950 termina la cooperazione tra Achille Gaggia e Carlo Ernesto Valente: i due, avendo idee commerciali differenti, decidono di porre fine alla loro collaborazione.

Per Achille Gaggia inizia una nuova stagione produttiva in società al 50% con l’ing. Armando Migliorini. Nella nuova sede milanese situata in via Archimede 69 (trasferita poi al n. 9 di via Cadolini), la fabbricazione di macchine da caffè viene ampliata in maniera esponenziale.

Il rito quotidiano del caffè, tipico di ogni italiano (e non solo), è consumato nei bar da un numero crescente di clienti. L’esigenza di un orientamento verso grandi produzioni in serie e la voglia di sperimentare, caratteristica di questo momento storico fortemente creativo, inducono gli imprenditori a rivolgersi ad architetti e designer per studiare prodotti mirati, in linea con le mutate esigenze.

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Gaggia Esposizione

Dopo “Classica”, Gaggia avvia la produzione di diversi modelli da bar di grande successo, con caratteristiche estetiche di forte impatto; utilizza rifiniture color oro e pannelli cromati retroilluminati, per mettere in risalto l’eleganza di tali apparecchi destinati ad ambienti pubblici di un certo decoro. I primissimi modelli risentono, in certa misura, delle influenze di un orientamento streamline d’importazione americana. Ne è un esempio il modello Gaggia Esportazione 1950.

Nel 1952 il successo delle Officine Gaggia può dirsi consolidato. La fabbrica produce a pieno ritmo un’ampia gamma di prodotti quali macinadosatori e gruppi multipli.

Nasce ora l’esigenza di creare un mercato rivolto all’ambito domestico, impiegando l’esperienza maturata con la produzione di macchine a leva.

Partendo dal sistema a pistone vengono sperimentati differenti prototipi che condurranno all’ideazione del modello “Gilda”. Il marchio Gaggia entra così nelle case degli italiani portando il bar a domicilio. Il gusto deciso del caffè espresso affiancherà quello più tradizionale erogato dalla classica moka.

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Baby Gaggia

Non essendo creati in serie, i primi modelli hanno un costo elevato e sono quindi accessibili a una clientela ristretta che farà della macchina un vero status symbol, un oggetto di culto rappresentativo della “dolcevita” dell’epoca.

Intorno alla metà degli anni Cinquanta, in quasi tutto il paese sono presenti macchine con sistema a leva. La moda del caffè espresso oramai dilaga. Numerose sono le case costruttrici dedicate a questo settore: se ne contano registrate quasi una cinquantina.
L’azienda Gaggia comincia a indirizzare la produzione all’export d’oltralpe.

Nel 1952, presso il quartiere londinese di Soho, arriva al Moka Bar e di seguito al Bar Italia, la prima macchina Gaggia (modello “Classica”) e con essa la novità della crema caffè: è un successo immediato che si propaga rapidamente grazie all’ambiente creativo della capitale inglese, da sempre centro di irradiazione di gusti alternativi e tendenze. Gaggia è il primo brand italiano a essere importato nel Regno Unito.

In pochi anni, al di fuori dei confini italici, quella dell’espresso diventa una vera e propria moda in forte crescita (così come il consumo del cappuccino) strettamente congiunta all’idea di italian style. La diffusione del rito dell’espresso raggiunge l’Africa (in passato terra di colonizzazione italiana) e i paesi d’oltreoceano, in particolare l’America settentrionale, il Sud America e l’Australia, per la massiccia presenza di emigrati italiani.

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Bar con Gaggia Classica a 4 gruppi

Nello stesso periodo (1957), a Milano, presso la sede di via Cadolini, viene avviata la produzione in serie del modello “America” assemblato per la prima volta nelle rulliere a ciclo continuo. Gaggia perfeziona ulteriormente, proprio sul modello “America”, l’efficienza del sistema a leva; questa tipologia di macchina verrà prodotta in migliaia di esemplari riscuotendo un grande successo di pubblico.

Nel 1961 scompare prematuramente Giovanni Achille Gaggia, illustre fondatore del marchio nonché inventore della crema caffè. Le responsabilità di gestione passano al figlio Camillo e al socio Armando Migliorini, i quali ereditano un’impresa divenuta con il tempo leader nel settore.

Il successo raggiunto dall’azienda con i modelli “America” e “Orione” (prima serie) – migliaia di esemplari prodotti ogni anno – comporta il trasferimento presso edifici più ampi, per accrescere la produzione e migliorare la logistica.
La rinnovata area produttiva inaugurata nel ‘62 a Robecco Sul Naviglio (MI) diventa in breve un’unica struttura aziendale, poiché gli uffici amministrativi di Milano vengono integrati presso la nuova sede.

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Gaggia Tel 70

La prima esperienza con i designer è datata 1968, quando l’architetto Giuseppe De Gotzen elabora per Gaggia il progetto della macchina per caffè da bar “Tel 70”. Nel 1968 è esibita alla Fiera di Milano in occasione del ventennale Gaggia.
Agli inizi degli anni Settanta, la crisi finanziaria crea non pochi disagi anche all’azienda Gaggia e ai suoi dipendenti. Nel 1976 l’azienda intraprende un’importante sperimentazione che avrà, a distanza di un anno, esiti di eccezionale rilevanza.

Nel 1977 mettendo a frutto l’esperienza maturata avvia una nuova fase di ricerca indirizzata all’ambito domestico. Si studia un sistema che possa soddisfare il destinatario di questo peculiare settore: l’intento è produrre un caffè simile all’espresso erogato nei bar, ma da gustare comodamente tra le mura di casa. Questa intensa fase di progettazione approderà al lancio della prima macchina domestica per espresso senza collegamento idrico. La piccola e compatta macchina da caffè è concepita per racchiudere in sé il cuore tecnologico di un apparato professionale. Distribuito su larga scala, il nuovo modello diventa in breve tempo un prodotto cult capace di determinare lo sviluppo di un nuovo business per i decenni successivi.

Una volta testato il prodotto, Gaggia affida il progetto estetico a Makio Hasuike, architetto e designer giapponese operante in Italia fin dal 1963.

Dalla collaborazione tra Gaggia e Hasuike nasce nel 1977 “Baby Gaggia”, una macchina da caffè analoga ai modelli per bar, la cui utenza è rappresentata però da piccole comunità (circoli, uffici di dimensioni ridotte, etc…) o da semplici famiglie: il rito del caffè espresso da bar entra definitivamente tra le mura domestiche.

“Baby Gaggia” rappresenta una svolta decisiva per l’azienda, che entra da protagonista nel mercato destinato all’ambito domestico. Nei primi mesi dall’entrata in produzione vengono fabbricate circa quarantamila unità seguite, nel secondo trimestre, da sessantamila nuovi pezzi.

La popolarità della “Baby Gaggia” oltrepassa in breve i confini nazionali.

Nel contempo, viene sviluppato il progetto di un macinadosatore costruito con un materiale innovativo: alluminio pressofuso (verniciato elettrostaticamente) associato al makrolon, materia plastica per alimenti (ideata in concorso con il marchio Bayer) capace di contrastare l’usura del tempo. La concezione del design viene affidata nuovamente a Makio Hasuike.

Nel frattempo, i prototipi per nuove macchine da bar si moltiplicano.

Negli anni Ottanta, periodo di profondi cambiamenti sociali ed economici, la produzione di nuovi modelli per uso domestico è segnata da un ampio utilizzo della plastica, materiale di facile realizzazione in grado di offrire soluzioni estetiche molteplici. I designer sfruttano appieno la duttilità della plastica alla ricerca di nuovi stili, che raggiungono la massima espressione nel decennio successivo.

In questo contesto di sviluppo indirizzato all’incremento di rinnovati modelli, Gaggia lancia tre linee di prodotti in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori: si va dalla entry level, la piccola “Gran Gaggia”, fino all’alta gamma.

Nel contempo “Baby Gaggia” subisce un primo restyling: le forme diventano più morbide, il pannello-comandi è sostituito da una mascherina con tasti trasparenti in plastica rossa, secondo gli innovativi canoni estetici proposti anche da Kartell.

“Baby re-design”, “Espresso” e “Gran Gaggia” (con vaschetta di raccolta dell’acqua a forma di L) sono i nuovi prodotti lanciati sul mercato negli anni ’80, capaci di offrire qualità tecnologica e originali cromatismi. Le carrozzerie delle macchine presentano varianti di colore che vanno dal classico bianco o nero alle tonalità più accese del blu, del rosso e del giallo.
Nel 1986 la progettista Giulia Moselli concepisce i modelli “Fantastico” ed “Espresso”.

All’inizio degli anni Novanta, la sperimentazione riguardante il design elabora scelte stilistiche inaspettate: la direttiva è “non esistono regole”. Questa libertà di ricerca porta ad audaci combinazioni di plastica e acciaio e a finiture ricche e insolite.
Nel ‘91 l’azienda crea il rinomato modello “Classic”, ancora oggi il prodotto Gaggia più venduto al mondo, esempio tangibile di valori quali affidabilità e tradizione, da sempre elementi distintivi della casa costruttrice.

In seguito l’azienda si farà anticipatrice di nuove espressioni formali allontanandosi dall’abituale struttura a “C” della macchina espresso “Classic”: il tipo “Carezza”, ad esempio, presenterà una carrozzeria in ABS dalle linee arrotondate e dai colori tenui.

Nel 1993 nasce la macchina per impiego domestico “Paros”, progettata nuovamente da Makio Hasuike.
Dopo la realizzazione di “Paros”, prosegue l’ideazione di un’ampia gamma di modelli destinati all’uso domestico, tra questi “Tebe” e “Topazio”. Nel 1997 l’architetto Fabio Rezzonico accosta linee sinuose e morbide, quasi a goccia, a tenui cromatismi: nasce così il modello “Carezza”.

Come già accennato, le scelte estetiche dei primi anni ’90 privilegiano forme arrotondate e minimali e l’impiego di acciaio (inox puro o nichelato) e materiali plastici. Il passo successivo sarà l’esecuzione di modelli interamente in acciaio, capaci di interpretare il mutato gusto della clientela orientato verso un’estetica postmoderna sempre più high tech.

Nel 1993 la Andlinger & Company, Inc. proprietaria di Gaggia S.p.A vende la società alla Fox Bompani. Un “passaggio di testimone” che non inficia le capacità di innovazione che da sempre contraddistinguono il marchio Gaggia. Tre anni più tardi (1996) l’ufficio di progettazione programma l’esecuzione di macchine per caffè automatiche; l’esito conclusivo di questa fase sperimentale è il primo modello di “Automatica Gaggia”.

Nel 1999 avviene un ulteriore cambio di proprietà: Gaggia viene venduta a Saeco, azienda leader nella produzione di macchine per caffè, che rileva il 60% del capitale.

L’entrata di Gaggia nel gruppo Saeco è un passaggio fondamentale per lo sviluppo del business delle macchine da caffè per impiego domestico; grazie alla possibilità di sfruttare il brevetto Saeco, è possibile realizzare una nuova gamma di macchine automatiche a marchio Gaggia.

Il primo decennio del nuovo millennio coincide con uno stadio di progettualità improntato alla ricerca di un design sempre più innovativo e di una tecnologia affidabile e all’avanguardia: nella fase 1999-2012 Gaggia irrompe sul mercato delle macchine per caffè espresso automatiche. È l’inizio di una nuova epoca. Basta premere un pulsante e la macchina, in passaggi consequenziali, compie un intero ciclo automatizzato: macina, dosa, e porta in tazza un espresso perfetto.

Anche le macchine manuali beneficiano delle tecnologie sviluppate per gli apparati automatici. Nascono nuovi modelli i cui nomi evocano l’idea di sviluppo, cambiamento, dinamicità: “Evolution”, “New Baby 06” (un restyling della linea Baby con cinque modelli diversi), “Viva”, “New Espresso”.

Nel 2009 Gaggia S.p.A controllata da Saeco viene acquisita dalla multinazionale olandese Royal Philips Electronics.
La recente acquisizione costituisce l’ultima tappa della storia e dell’evoluzione del marchio Gaggia. Attualmente, la casa costruttrice prosegue il proprio iter produttivo nel segno della tradizione degli esordi, coniugando qualità, innovazione ed eleganza, requisiti classici del made in Italy.

 

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