VENEZIA – La parola a Gabriella Scarpa, fondatrice di Ar-Tea, da ormai sei anni a Venezia, Dorsoduro 2799, alla fermata vaporetto Ca’ Rezzonico, ma inizialmente nata a Treviso come Associazione culturale e ora diventata S.r.l., insieme al supporto di colei che è stata la sua prima allieva e oggi divenuta socia, Federica Lazzarini.
È in corso l’evoluzione della Academy provvista anche di uno shop, sempre nel centro storico di Venezia.
L’avventura di Scarpa segna l’undicesimo anno di attività. Sommelier del Tè certificata a Londra presso l’Uk Tea Academy e trainer autorizzata UKTA per l’Italia, Tea Evaluator e Tea Taster Livello 1 e Livello 2 per la conoscenza del Tè Cinese, ufficialmente riconosciuto dal Governo Cinese a Livello Nazionale. Il curriculum non manca.
Scarpa, com’è cambiato il mondo del tè in Italia dal momento in cui ha deciso di fondare Art-Tea ad oggi?
“Si sta evolvendo rapidamente. Ho aperto la mia prima sala da tè oltre dieci anni fa a Treviso, non prima di aver studiato questa bevanda, senza improvvisazione. Non erano in tanti ad avvicinarsi al tè, in Italia ancora considerato come una bevanda legata al benessere e non al piacere e alla convivialità.
Il motivo per cui ho voluto fare divulgazione nasce proprio dalla volontà di raccontare questa cultura millenaria, spiegando i tè artigianali in foglie prodotti in piccola scala, e la loro preparazione.
La mia missione è sempre stata questa. Da allora le cose sono decisamente migliorate: oggi, grazie all’azione congiunta di diversi professionisti come me, la conoscenza dei tè in commercio e della sua cultura sono aumentati. Anche i media si stanno occupando sempre più spesso di questa realtà: da quest’anno inoltre, a causa della tolleranza zero per
l’alcol alla guida, il tè viene ulteriormente vissuto come alternativa al vino durante i pasti, anche nei ristoranti di un certo calibro, che si stanno interessando a questa soluzione sostitutiva necessitando sempre più anche di formazione.

Il tè è naturalmente privo di alcol e sta iniziando ad occupare nuovi spazi, lo si nota anche dal numero sempre crescente di persone che si avvicinano allo studio di questa materia attraverso i miei corsi per diventare Tea Sommelier.
Inizialmente si iscrivevano per lo più donne appassionate, ora invece non c’è differenza di genere nella percentuale di iscritti. La fascia anagrafica dei più giovani, che intravede un futuro davanti a sé, investe volentieri in soluzioni applicabili in modo effettivo nel mondo del lavoro.
In effetti le opportunità esistono, soprattutto se si scelgono le giuste Academy: come in tutti i campi, anche in questo, molti si improvvisano insegnanti, ma per essere docenti è necessario come minimo aver in precedenza studiato ed essere certificati da realtà consistenti. Chi si avvicina a questo mondo non sa però come orientarsi e come selezionare il percorso formativo più idoneo.
Noi rilasciamo certificazioni riconosciute internazionalmente da anni, con metodi di insegnamento che trasmettono le giuste competenze e che, per questo, offrono anche degli sbocchi professionali importanti.”
Quindi il sommelier del tè che ruolo può avere in Italia?
“Oggi la figura di sommelier del tè è ancora molto rara, si viene però di recente assunti in alcuni alberghi importanti e in città ricche di cultura e turismo, come Roma o Venezia. Si può quindi trovare spazio in realtà che vogliono proporre un tea time studiato, una carta del tè, una consulenza. Come sommelier si può decidere anche di aprire uno shop o essere assunti da catene internazionali che hanno bisogno di operatori formati. In Italia non siamo in tanti ad essere certificati, c’è quindi posto per tutti.”
Scarpa, ma da dove arriva il tè in Italia? Quali sono le proporzioni tra il tè in foglie e quello in bustina?

“Sicuramente il tè arriva in Italia in bustina più di quanto arrivi in foglia: le persone sono abituate per la maggiore ad assumerlo in questa forma, pensando che sia molto più veloce e facile da preparare, acquistandolo spesso presso la grande distribuzione, dove normalmente si trovano tè industriali.
I Paesi produttori sono molti e in Italia il tè può arrivare dall’India, dalla Cina, dal Giappone (che spesso fornisce il tè in foglia all’Italia), dallo Sri Lanka, ancora chiamato “Ceylon” nel mondo del tè (in bustina ma di qualità più elevata). I grossisti del tè europei, forniscono tè sia in foglia che in bustina, blend in purezza e tè aromatizzati, ma si trovano quasi tutti in Germania. La maggior parte dei commercianti si rivolge a questi grossisti.
Lo scambio diretto con i coltivatori può essere una strada alternativa, questa scelta è però molto impegnativa perché necessita di creare prima una rete di fornitori direttamente nei paesi di origine del tè, come il Giappone, la Cina, l’India, o lo Sri Lanka, costruita nel tempo tramite viaggi, ricerca, connessioni tra professionisti, continuo aggiornamento, supporto di internet. L’apertura politica di alcuni paesi, che prima erano chiusi, ora consente anche un maggiore scambio di informazioni sul prodotto.
Bisogna però sapere sempre cosa scegliere, e come dialogare con i produttori, i rivenditori e con gli enti garanti nei vari luoghi del mondo.”
L’horeca come vede il tè oggi, la situazione è migliorata?
“Purtroppo non molto, vedo che si continuano spesso ad usare l’acqua del rubinetto e la macchina del caffè per infondere tè di bassa qualità in bustina. La maggior parte dei gestori dei bar ancora non è interessata ad evolversi, pur non conoscendo molto di questa bevanda. Ciononostante il tè in questi locali costa molto, considerando la scarsa qualità, molto meglio bere un tè a casa propria a questo punto.
Va detto però che, negli ultimi anni, alcuni giovani imprenditori stanno aprendo bar in stile internazionale, influenzati delle tendenze che arrivano dal nord Europa, dove il tè viene introdotto con maggiore consapevolezza. Sono spesso locali specializzati, con una maggior cura del particolare e per tutta la gamma offerta.
Anche per il caffè in Italia, nonostante sia in realtà è una bevanda molto consumata, resta comunque difficile abbattere il muro costruito da una consuetudine nella consumazione in quantità e non in qualità, è quello che si vede nel mondo horeca. Una crescita qualitativa di proposta nell’offerta si vede invece soltanto a livelli molto elevati. Per questo Ar-Tea offre anche corsi di formazione specifici che si rivolgono proprio al mondo Horeca.
Il consumatore finale spesso, non conoscendo il mondo del tè, si accontenta di quello che trova, ma soltanto imparando ad affinare il palato non torna un più indietro perché la qualità si sente.”
Scarpa: “Ora inserirò dei corsi meno strutturati e più alla portata di tutti.”
“Mi è stato consigliato da alcuni allievi che lavorano nel mondo horeca, di proporre i corsi horeca il lunedì e il martedì, ovvero durante le giornate libere per i gestori. Quindi, a partire da questa primavera, sarà disponibile un percorso horeca composto da singole
degustazioni mirate proposte su base mensile il lunedì pomeriggio. Le brevi lezioni possono essere scelte singolarmente oppure tutte assieme come pacchetto formativo.

Parallelamente offriamo consulenze aziendali sartoriali, spesso anche formando il personale degli alberghi e insegnando loro ad utilizzare correttamente le attrezzature disponibili in loco, e a rapportarsi in modo professionale in base anche alle richieste della clientela.”
Come si crea una carta del tè?
“Una carta del tè va progettata accuratamente, considerando innanzitutto il target di riferimento, capendo se vale la pena di servire sofisticati tè speciali e costosi, oppure se optare per soluzioni più accessibili per palati meno esperti, ma anche per prezzo e preparazione. Diverse proposte vanno considerate anche in base al luogo, ad esempio i locali di passaggio sono obbligati da tempistiche serrate, ma se si trovano invece in luoghi in cui il pubblico si può fermare a lungo possono essere più slow.
Anche la quantità e la tipologia delle proposte, come ad esempio tè in purezza che vanno spiegati, oppure tè aromatizzati che si vendono da soli, e l’aggiunta magari di qualche classico e di alcune alternative senza caffeina potrebbero essere considerati oppure no. Poi si valuta la scelta dei fornitori adeguati, oppure l’eventuale personalizzazione del prodotto e infine, se questo deve essere anche venduto o soltanto somministrato.
La carta del tè si rivolge al pubblico, dovrà quindi fornire brevi e suggestive spiegazioni oltre ai nomi dei tè e ai prezzi, va consigliato il momento ideale per la sua consumazione, vanno suggeriti gli aromi principali, e infine un accenno al terroir, come si fa per il vino.
È inoltre necessario fornire informazioni aggiuntive dedicate solo al personale che lo serve, lo prepara, lo racconta, come ad esempio i parametri corretti per l’infusione, l’uso dell’acqua e qualche informazione da raccontare alla clientela, spesso non esperta della materia.”
Scarpa, la sua collaborazione con Carpigiani le ha fatto esplorare il tè nel gelato: ci può parlare di questo abbinamento a prima vista insolito?
“Collaboro con la Carpigiani Gelato University da poco più di due anni, una realtà straordinaria, che eroga corsi di formazione per i propri clienti unendo alla propria conoscenza quella di altri professionisti esperti nelle materie prime utilizzate per la preparazione dei vari gusti di gelato: ad esempio caffè, cioccolato, nocciole e tè.
Hanno contattato la Uk tea Academy a Londra, che mi ha direttamente incaricata di creare le ricette di gelato al tè insieme ad un corso di formazione professionale in italiano e in inglese da erogare in questo settore. Ne è uscito un ricettario creato da me e dal maestro gelatiere Stefano Tarquinio, fornito sia chi acquista il corso che venduto separatamente. I corsi vengono erogati online in diretta, non sono video corsi preregistrati, servono a guidare, chi acquista i noti macchinari Carpigiani nella produzione di gelati al tè.
Non tutte le categorie del tè comunque vengono valorizzate dalle basse temperature: quelli bianchi sono talmente delicati, che nel gelato non funzionano, anche i tè fermentati, come i Puer ricchi di note di sottobosco, non si prestano molto a queste preparazioni, ma alcune tipologie di tè verdi, molti tè neri e Oolong, sia in purezza che aromatizzati, funzionano molto bene.
Il Chai indiano, essendo un tè nero robusto e arricchito da varie spezie, che in India viene preparato con il latte e lo zucchero, richiama già l’idea di un gelato. Ispirati da questo, abbiamo compreso che anche la comunicazione è importante per la scelta dei tè per i gelati, che non devono essere totalmente sconosciuti, ma essere invece riconosciuti, come un Earl Grey o di un English Breakfast che risultano subito più semplici da comprendere. L’Hojicha è un tè meno conosciuto, seppure strepitoso nel gelato, ricordando il cappuccino (parola che si dovrebbe usare con i clienti per avvicinarli al prodotto).”
Il Matcha in Italia: che sta succedendo?
“Il Matcha è un tè verde giapponese che si presenta in polvere. Purtroppo il nome Matcha non è stato protetto e oggi, come definizione, può legalmente includere anche altre tipologie di tè verde in polvere.
Quando si acquista un Matcha, se non si sa cosa si sta cercando esattamente, si potrebbe facilmente acquistare un prodotto di scarsa qualità, che nulla ha a che fare con un Matcha originale. Spesso le persone si avvicinano a questo tè per i suoi benefici sulla salute, questo però non funziona se si assume un prodotto di scarsa qualità, privo delle caratteristiche salutari e organolettiche che ci si aspetta da un Matcha originale.
I Matcha sono costosi, in primis perché la loro lavorazione richiede tanto tempo e professionalità. Devono provenire dal Giappone, non da altri Paesi del mondo. Quindi, quanto può costare? Ci sono diversi livelli qualitativi e ognuno di questi è adatto a determinate preparazioni: il Matcha cerimoniale per fare il gelato è un po’ sprecato, anche se il risultato è davvero spettacolare.
Per il Matcha latte o il tiramisù, bisogna acquistarne comunque uno di buona qualità, giapponese, ma di grado latte oppure culinary, che si prestano bene a queste ricette anche per il prezzo. Il Matcha Latte può già contenere a volte anche edulcoranti e vaniglia.
Personalmente sono propensa a fare acquistare quello in purezza a cui poi aggiungere, eventualmente, altri ingredienti e utilizzarlo anche per altre preparazioni. Poi ci sono i gradi Premium, ottimi Matcha da usare sia in modo tradizionale sbattuti in tazza (Chawan) con il tradizionale frustino di bambù (Chasen), oppure per il matchaccino o il matchamisù al posto del cafffè.
Infine il grado cerimoniale rappresenta il top, scegliendo tra differenti blend o monocultivar e origini, imparando a identificarne i diversi sentori che offrono. Approfondendo, si può trovare il prodotto giusto per la specifica necessità. Nei bar è possibile valorizzare il Matcha tradizionale ma ci si deve attrezzare bene e soprattutto imparare a conservarlo adegiatamente.
La bevanda di qualità deve avere un bel colore verde brillante, e si può ottenere un ottimo risultato in tazza anche utilizzando bassi quantitativi della polvere di tè: tutto questo però si raggiunge attraverso una giusta formazione dell’operatore. Un vero Matcha proviene da piantagioni oscurate per almeno tre settimane filtrando fino al 90% dei raggi solari, prima che le foglie vengano raccolte in primavera.
Questo consente agli aminoacidi contenuti nel tè di non convertirsi in polifenoli, in favore di uno spiccato gusto dolce e umami e di una bassa presenza di amarezza e astringenza. Un vero Matcha è il risultato di un’attenta coltivazione e lavorazione, i matcha economici invece, essendo privi delle corrette caratteristiche, danno origine a bevande amare e astringenti.”
Il te in Italia, come lo vede lei in futuro?
“Lo vedo in via di sviluppo nei prossimi anni. C’è voglia da parte degli italiani di approfondire questo mondo.
Con la pandemia c’è stata la necessità di comprendere meglio ciò che fa bene all’organismo: il consumo di tè è esploso in questo senso aumentato tantissimo, e da lì è rimasto piuttosto elevato. Oggi inoltre vista, la tolleranza zero per il consumo di alcol, prevedo un’ulteriore crescita del consumo di tè e, di conseguenza, anche il maggior desiderio di esplorare questa bevanda dal punto di vista professionale, acquistando di più
sia in quantità che in qualità.
Gli italiani acquistano prima di tutto ciò che già conoscono, ovvero tè in bustina, neri e aromatizzati. Molti però si avvicinano al tè verde per questioni di salute, senza però avere competenza in materia.
Il problema con il tè verde è dato dal fatto che è molto più sensibile ad una cattiva preparazione. Quelli aromatizzati sono ricchi di aromi sintetici che spesso coprono i difetti di tè di bassa qualità, i tè neri invece sono più robusti e quindi ci si accorge meno degli errori nell’infusione.
In realtà però qualunque tè infuso con acqua di rubinetto piena di cloro, con tempi di infusione e temperature errati, risulta sgradevole. Inoltre, spesso non si utilizza la corretta attrezzatura, facendo poca attenzione al risultato finale. Quindi un buon tè in tazza è il risultato di una serie di semplici accortezze.
Uk Tea Academy ora sta cambiando il percorso formativo, e sta creando corsi molto più brevi e sezionati. Il primissimo livello, il Tea Essentials, sarà una porta di ingresso facilitata sul mondo del tè alla portata di tutti tutti. A questo, si potranno poi aggiungere i livelli successivi, per approfondire sempre di più questo argomento.”
La mappa in Italia del tè
“Stanno nascendo diverse realtà in Italia che offrono sia la somministrazione che l’acquisto del tè, ognuna con la propria identità.
Attraverso i social noto rapidi cambiamenti, e vedo una maggiore diversificazione tra i fruitori dei nostri corsi. Sono convinta che nei prossimi anni si potranno bere e trovare buoni tè molto più di quanto si possa pensare, per questo ci sarà più lavoro e spazio per tutti.
Ci sono città più internazionali come Milano, che ospitano già una comunità cinese importante, ma ci sono anche luoghi più contenuti, come Venezia, che stanno assumendo una certa rilevanza nel mondo del tè: ho svolto alcuni eventi culturali insieme al Museo Nazionale del tè cinese per la commemorazione dei 700 anni della morte di Marco Polo, iniziata lo scorso anno ma che durerà tre anni.
A marzo si svolgerà a Venezia un Festival dedicato all’acqua che verrà poi riproposto su base biennale, anche il tè sarà protagonista. Stanno sorgendo, anche sul piano culturale, delle manifestazioni che si rivolgono a questa bevanda che non è più solo una commodity, ma che si lega fortemente a tante culture del mondo.
Questa è una finestra importante dalla quale affacciarsi verso i consumatori: è affascinante studiare anche la storia di questa bevanda che ha cambiato la storia culturale ed economica di molti popoli e nazioni.
A Venezia si può pasteggiare a tè sapientemente abbinato ai piatti locali. Local è un ristorante stellato veneziano gestito da titolari giovani e appassionati che propongono percorsi di degustazione, tra questi uno è dedicato al tè. Il riscontro sembra per ora essere ottimo e sempre più clienti ora richiedono questa piacevole combinazione.
Un altro esempio è Zanze XVI, in cui il tè viene inserito nella preparazione delle pietanze e proposto come abbinamento.
Entrambi hanno scelto tè di elevatissima qualità e sono stati formati da Ar-Tea Academy nella mia persona, per imparare la conservazione, la preparazione e la selezione dei tè pregiati che utilizzano.”
Il mondo del tè nella mixology
“Viene utilizzato sempre più spesso, ma raramente con cognizione di causa. Conoscere la materia prima farebbe la differenza nella riuscita finale del cocktail, basterebbe prestare la stessa attenzione che si utilizza nella qualità degli spiriti, anche nella scelta della qualità del tè. Ma per ora ci accontentiamo del fatto che venga utilizzato come ingrediente e che questo renda interessante e innovativa anche una carta dei cocktail.
Il tè viene infine utilizzato anche nel mondo dei cosmetici per le sue proprietà antiossidanti e disinfettanti, e nella profumeria. Proprio una famosa azienda veneziana “The Merchant of Venice” ha dedicato alcuni profumi al tè, custoditi gelosamente in splendide bottiglie di vetro di Murano.”