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martedì 05 Novembre 2024
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Gabriele Pezzaioli, parla il campione italiano brewers 2024: “Vittoria nata da una ragnatela di connessioni”

Il neo campione: "Il mio concetto è stato quello di servire una tazza incredibilmente bilanciata e per questo ho creato un blend di due Colombia"

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IMINI – Gabriele Pezzaioli, campione italiano brewers del 2024, è arrivato in pedana in questa categoria conquistando la giuria, che gli ha conferito il primo posto, conquistata dalla sua presentazione e dal caffè presentato. La ricerca del verde, lo studio sull’acqua, la scelta delle attrezzature: ecco cosa ha fatto la differenza.

Pezzaioli, partiamo proprio dalla gara: come l’ha pensata?

“La gara è nata per trasmettere il messaggio che il mondo del caffè non è soltanto il bere un espresso volante al banco, come una medicina.

La degustazione in Italia non è ancora concepita. Il mio concetto è stato quello di servire una tazza incredibilmente bilanciata e per questo ho creato un blend di due Colombia – il mio paese di produzione preferito, perché mi piace la diversità che si trova in questa origine – uno dalla Finca Mikava – produttore incredibile che fa soltanto Geisha portati ad altre competizioni tra cui un mondiale vinto di brewers cup – e l’altro dalla Finca las Flores – produttore che ha creato un varietale pazzesco che si chiama Chiroso -.

L’ho scoperto tramite degli amici e dopo averne assaggiato dei campioni, mi ha travolto: sembra di bere delle fragole con yogurt, mango pesca e un’intensità che resta molto sia nel caldo sia a freddo.

Quindi ho preso il Geisha, complesso, per unirlo al Chiroso per conferirgli un’ulteriore intensità di fragola. Due profili sensoriali simili che uniti hanno ottenuto un punteggio molto alto (tutti 8 e tutti 9).

I giudici non avevano altro da aggiungere: il caffè era perfetto.

Poi ho portato un concept di gara un po’ diverso dal solito: si tende a partire con temperature più alte nelle versate e a finire con le più basse, mentre io ho fatto l’opposto. Una prima versata a 80 gradi, tre versate a 94 gradi centrali, e l’ultima di nuovo sugli 80.

Sono arrivato a questa soluzione grazie a uno dei miei idoli del mondo del caffè nonché roastery preferita, Lex Wenneker, che ha portato questa tecnica con una pre infusione a 60 gradi e due versate con temperatura più alta. Ideale per trattare caffè complessi.

Questa gara è stata una ragnatela di connessioni che hanno portato alla routine finale. Il problema è che la gara era a gennaio in Italia e novembre-dicembre sono stati mesi tosti a lavoro. Ho fatto almeno una novantina di ore dedicate solo a quello.

Partecipare mi ha fatto venire un po’ d’ansia. Prima delle selezioni ero intrattabile. Poi però salendo sul palco sono diventato un’altra persona, mi sono sentito in una zona confort e questo ha aiutato i giudici anche nella valutazione della presentazione.”

Era il suo primo tentativo nella categoria brewers?

“Era la prima volta che gareggiavo e quindi non me l’aspettavo. Ho scelto questa categoria proprio perché la mia passione per il caffè è sbocciata in Inghilterra, a Londra, quando ho bevuto il mio primo filtro.

Ho scoperto che c’era qualcosa di diverso da quello bruciato che ero abituato a bere. Da 15 anni la mia famiglia ha una caffetteria a Brescia, Checchi Brunch&SpecialtyCoffee, che prima offriva una proposta classica e che poi, grazie a me, è passata allo specialty, alle monorigini e facciamo soltanto quello dal 2017. I miei genitori supportano da sempre il mio progetto.”

Altri aspetti che hanno fatto la differenza?

“Una cosa che viene messa un po’ da parte dai competitor e che invece aiuta molto è stato curare la parte dell’acqua: ho investito molto sullo studio dell’acqua, più ancora che nel caffè. Sono partito dall’utilizzare una Lauretana super leggera, rimineralizzata poi con varie soluzioni per creare il connubio perfetto di quello che volevo. Avrò impiegato almeno 100 litri di acqua.

Questa comprensione di un elemento che rispetto al caffè spesso viene un po’ tralasciato, è stato importante: alla fine il caffè è composto dall’acqua e questa ha un ruolo primario nell’estrazione finale.”

I suoi competitor com’erano?

“Il livello quest’anno era molto alto ed è stato un podio bellissimo: siamo arrivati in tre outsider, giovani e ai primi tentativi. Il clima era molto positivo.”

Ha usato attrezzature particolari?

“Ho utilizzato un dripper particolare, l’Orea, sono stato tra i primi a comprarlo quando è uscito. Sono andato al nazionale non sponsorizzato, perchè volevo portarlo a tutti i costi in quanto dripper eccezionale.

Dovendo gestire due temperature, la stabilità termica del materiale è stata fondamentale. E altro focus è stato il filtro in carta della Sibarist azienda spagnola, che ne producono uno specifico per l’Orea che aumenta ancora più il flow rate. Macino molto stretto per un’estrazione veloce, sui 2 minuti e 20 secondi.”

Pezzaioli sta già pensando ai mondiali di Chicago?

“Sto ancora metabolizzando la vittoria nazionale, ma sto anche pensando ai mondiali per capire cosa e se cambiare. Vedendo i punteggi ottenuti potrei mantenere il caffè e concentrarmi molto di più sulla parte della compulsory, in cui ho fatto un punteggio meno alto. E’ sempre un po’ un’incognita, perché non si sa mai il caffè che utilizzerai e quindi bisogna settare ricette ben precise ed essere molto preparato, con un piano a, b e c.”

Chi vuole ringraziare?

Pezzaioli: “Sicuramente la community di SCA Italy che ogni anno organizza questo evento incredibile, con uno dei palchi più belli tra le competizioni estere. Poi certo tutta la mia famiglia Checchi, la mia ragazza – è stata lei il mio grande supporto mentale – e tutti coloro che mi hanno aiutato in questo percorso.”

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