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giovedì 13 Marzo 2025
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Franco Bazzara celebra 50 anni nel caffè: “Col settore che subisce critiche e attacchi, spesso interni, sono ancor più determinato a difendere il chicco”

Franco Bazzara: "Se vado a Napoli, vivo la cultura del caffè napoletano, la sua gente, i suoi profumi e colori. Vale lo stesso se vado in Sicilia, in Piemonte o in Veneto: è fondamentale apprezzare la diversità e riconoscerne il valore identitario, senza per forza giudicarla. Siamo stati noi italiani ad ammaliare il signore di Starbucks, Howard Schultz, che si innamorò dei colori, dei rumori e dei profumi della caffetteria italiana entrando in un bar a Milano. Questo bisogna ricordarlo"

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TRIESTE – “Il caffè non tradisce mai: se semini 10, raccogli 100.” Con il suo amato toscano tra le dita, sul balcone del suo ufficio che si affaccia su Viale XX Settembre, vivace arteria nel cuore di Trieste, Franco Bazzara ripercorre in sintesi i suoi cinquant’anni nel mondo del caffè, riflettendo sul cammino fatto e sulle sfide che ancora lo attendono.

Un tuffo nel passato proprio nei giorni in cui il futuro bussa alla porta, con la nascita del nipote Leonardo, che segna l’inizio della quarta generazione dei Bazzara.

Bazzara, cos’è successo in questi 50 anni?

“Tante cose… era il 1975, avevo 15 anni. Da quel momento, con una media di dieci tazzine al giorno, credo di aver buttato giù quasi 200.000 cafffè… A parte gli scherzi, al tempo mi sono affacciato a un mondo che tutt’ora considero molto entusiasmante, ma mai facile, specie all’inizio, quando io e mio fratello Mauro abbiamo dovuto affrontare tante sfide per arrivare oggi, a dirigere un’azienda che, seppur piccola, porta con orgoglio un’eccellenza italiana come il caffè in decine e decine di paesi al mondo.

Un prodotto di qualità e cultura tutta italiana, accompagnato da quel cognome che collega mio padre, Dionisio, a mio nipote Leonardo (figlio di Andrea), nato proprio in questi giorni.

Papà Dionisio, con quel nome da dio del vino, tradito da una passione più forte per il caffè, ci ha regalato un mantra, ancora oggi manifesto della nostra azienda: “Come con arte va preparato, con arte va degustato”.

Era un tipo tosto, che a volte andava a sorpresa dai nostri clienti. Si faceva preparare un espresso e, da perfezionista, se qualcosa non andava bene, esclamava: “Questo caffè fa schifo!” Poi, con un ghigno, estraeva il suo documento e diceva al barista: “Sono io questo caffè”, rifiutandosi di pagare… e poi toccava a noi saldare il conto.

Con questo piccolo aneddoto penso di aver trasmesso il senso di responsabilità che noi Bazzara ci sentiamo addosso nel trattare questo elisir meraviglioso che è il caffè.

La fortuna poi di essere nato in una delle capitali di questa bevanda, Trieste, la città di Vinko Sandalj, Ernesto Illy, Primo Rovis, Alberto Hesse e tanti altri, ha sicuramente fatto il resto”.

50 anni dedicati anche alla condivisione e al “fare rete”?

Da Bazzara abbiamo sempre messo al primo posto l’importanza di fare rete, di condividere competenze ed esperienze con tutti gli attori della filiera del caffè. Proprio per questo motivo ci impegniamo a organizzare eventi come il Trieste Coffee Experts, che a dicembre arriverà all’ottava edizione, ci dedichiamo alla formazione con la nostra Academy e alla stesura di libri, strumenti capaci di trasmettere la diffusione della cultura del caffè di alta qualità, da sempre una delle nostre più importanti battaglie, supportata dai Grandi nomi del caffè italiano.

Non solo: abbiamo creato il premio “Il personaggio del Caffè dell’anno” che consegniamo alle personalità meritevoli di questo settore, che spesso non godono della visibilità che meriterebbero”.

In questi 50 anni è cambiato il rapporto con i consumatori?

“Sicuramente. In questi 50 anni abbiamo anche vissuto tutte le ondate del caffè, le cosiddette Waves, che hanno cambiato il volto dell’intero settore.

Sono cambiate le produzioni, le lavorazioni, i metodi di estrazione. Si è innovato, è nata la Specialty Coffee Association… Insomma, sono successe un sacco di cose, e tante ne succederanno.

Noi abbiamo sempre messo al primo posto la ricerca dell’eccellenza, ma oggi, in un periodo in cui il settore subisce piogge di critiche e attacchi -spesso interni-, mi sento ancora più responsabilizzato a difendere anche le tante identità del caffè: le anime che caratterizzano le diverse abitudini di consumo che rendono unico il nostro Paese.

Se vado a Napoli, vivo la cultura del caffè napoletano, la sua gente, i suoi profumi e colori. Vale lo stesso se vado in Sicilia, in Piemonte o in Veneto: è fondamentale apprezzare la diversità e riconoscerne il valore identitario, senza per forza giudicarla.

Siamo stati noi italiani ad ammaliare il signore di Starbucks, Howard Schultz, che si innamorò dei colori, dei rumori e dei profumi della caffetteria italiana entrando in un bar a Milano. Questo bisogna ricordarlo.

Motivazioni che ci spingono a intensificare il nostro lavoro, insieme al Conte Giorgio Caballini e ad altri, per insignire il caffè italiano del riconoscimento di patrimonio immateriale dell’UNESCO”.

Bazzara, cosa succederà nei prossimi 50 anni?

“Temo sarà dura lotta esserci… ma di fronte a me ho già due generazioni che saranno sicuramente più capaci di interpretare il mondo contemporaneo in cui viviamo. Non bisogna mai avere paura di niente, men che meno delle difficoltà, perché sono convinto che questo mondo nasconda ancora grandi prospettive, specie in Italia, dove il mito infinito dell’Italian lifestyle si sposa con una innovazione che basa le sue solide fondamenta su un artigianato di assoluta eccellenza e tradizione.

Approfitto di questa occasione per mandare un abbraccio agli infiniti amici che il mondo del caffè mi ha regalato, sono davvero tanti e quindi non ne nomino nessuno per evitare possibili dimenticanze.

E per tutto il resto… ci darà una mano Leonardo, che con quel nome lì, di sicuro qualcosa si inventerà.”

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