MILANO – Dopo aver chiuso il 2022 con una conquista, vincendo la Moka Challenge che si è tenuta a Rho lo scorso ottobre durante l’Homi Coffee Experience, organizzata da Aicaf, Francesco Masala torna a parlare su queste pagine proprio di questa tanto amata caffettiera.
Per partire con la carica giusta in questo 2023, siamo andati a trovarlo nella scuola in cui si occupa di formazione a Sassari, The Bartenders, perché, chi meglio del campione in carica può raccontare il mondo che nasconde al suo interno?
Masala: la gara che ha convinto i giudici esperti
Tutto pronto come a casa – anche se non proprio, dato che gli strumenti da lavoro per un vero moka master non si trovano normalmente in cucina – tra bilancini, cronometro, fornelletto, ovviamente la caffettiera e un termometro che però Masala non utilizzerà durante la degustazione perché ormai, per sua stessa ammissione, è diventato un termometro umano precisissimo.
Una tazzina di vetro in attesa di esser riempita: una scelta che Masala ha spiegato, non esser ideale per quanto riguarda il mantenimento della temperatura, ma che deriva proprio dal gusto estetico. Per evitare che si raffreddi subito, verrà scaldata con dell’acqua calda poco prima di contenere la bevanda.
Si parte dalle basi, con i parametri della gara:
-La moka uguale per tutti (la My Moka Induction della Pedrini)
-Il caffè (100% Arabica Caffè Milani) uguale per tutti.
-La fonte di calore uguale (piano a induzione).
-10 minuti di tempo.
Masala spiega il suo incontro con questo strumento casalingo:
“La moka rappresenta l’italianità e io l’ho riscoperta proprio grazie a questa gara, perché non era prima uno dei miei metodi di estrazioni prediletti. Ultimamente, per via del lockdown, mi sono appassionato a questa caffettiera e l’ho ripresa in mano riuscendo a valorizzarla.”
Il premio gliel’hanno dato, quindi c’è riuscito
“Sì – ride Masala – È stato importantissimo confrontarsi coi colleghi, creare nuovi rapporti. Anche gli altri competitor hanno portato delle idee e performance molto valide e interessanti. Ci vuole innanzitutto una moka performante. In questo caso abbiamo portato tutti una Pedrini a induzione che io reputo molto valida. Lo scopo era trovare una ricetta che permettesse di realizzare un’estrazione perfetta.
Ho usato 150 grammi d’acqua per 15 grammi di caffè, con una proporzione standard del 10%, che ovviamente potrebbe variare a seconda di ciò che si predilige, più corpo, più intensità gustativa, ecc.
Una ricetta semplice e facilmente ripetibile che ho trovato adatta alla mia idea di tazzina in moka con il 100% Arabica di Caffè Milani. Una miscela di materia prima proveniente del Centro America che ci è stata fornita appositamente per la gara.
A me personalmente piace il gusto del 100% Arabica in moka, ancor meglio se specialty. Per chi cerca più corpo è possibile anche scegliere di variare con una miscela di arabica e robusta. Sotto questo punto di vista è una caffettiera molto duttile che si presta a ogni tipo di caffè , ovviamente ognuno dovrebbe utilizzare ciò che rispecchia più il proprio gusto personale, non esiste il caffè ideale.”
In cosa si è distinto?
“Intanto nella presentazione e la mise en place. Tutto ciò che è stata la cura dei dettagli nella gara, dallo speech alla giuria, all’esposizione empatica, sino ovviamente alla resa in tazza. Parliamo comunque di un metodo di estrazione alternativo, quindi entriamo nell’argomento brewing, anche se è un’invenzione italiana è una caffettiera che affascina anche i competitor stranieri.”
I baristi si stanno appassionando molto a questo metodo: Masala lei non è il primo che si è cimentato. Come mai secondo lei?
“A me fare la moka diverte tantissimo, perché preparare un espresso (metodo che adoro) è un’operazione più veloce, con un’estrazione da 30 secondi. Con questa caffettiera ho più tempo di spiegare la ricetta, di godere al meglio le sue caratteristiche, per me che sono un amante del rito e della condivisione, la moka è l’ideale.
Ovviamente quando non si è in competizione, a casa propria ci si può rilassare. Però in realtà, replico sempre tutti questi passaggi anche quando ho ospiti a casa.”
Quanti la sanno preparare e pulire a casa come lei?
Masala sorride: “Io discuto spesso in maniera scherzosa con amici e parenti anche con mia suocera proprio per colpa della moka. Si pensa che prepararla sia tutto veloce e immediato, ma non è proprio così.
Diciamo che la prendo come sfida e occasione per allenarmi ad educare il consumatore sulla giusta procedura e pulizia. Per fare questo, ho creato proprio una linea di caffè:
Una miscela ricercata per moka di Arabica e Robusta “Cane Malu” (dal nome di una bellissima piscina creata dal mare e dal vento in maniera naturale che sta sulla costa di Bosa)
Una miscela 100% Arabica “Serravalle” (dal nome del castello della mia città, Bosa) con allegato un’etichetta con alcune tips per le persone che vogliono riprodurre la moka a casa.
Insieme al “Bellavita”, monorigine del Guatemala con la quale ho vinto il Gran Premio della caffetteria italiana 2021 ho trovato un canale “comunicativo” per arrivare alla gente attraverso lo stesso prodotto.
Profumato, dal corpo medio basso, la miscela è la prima a cuocere sul fornelletto.
Si parla di acqua: “Ho voluto allenarmi con un acqua sarda, la Smeraldina, un acqua dalle proprietà eccezionali con un residuo fisso di 157 milligrammi per litro. Sul palco però abbiamo utilizzato tutti le caraffe Brita: avevamo a disposizione due opzioni e ho scelto quella con le caratteristiche più vicine alla Smeraldina o che comunque stesse nel range ideale.”
E intanto che racconta: “Aggiungo un filtro in carta che tratterrà le particelle di fines per dare un’estrazione pulita al 100%. Un altro piccolo accorgimento è mettere un goccio di acqua fredda o ambiente nel raccoglitore per stemperare la temperatura e così facendo il caffè fuoriuscito dalla canula andrà a contatto con una superfice meno bollente.
Altra cosa importante è legata invece alla pulizia: “lavate la moka il prima possibile in acqua e senza detersivo, asciugatela subito, in modo che non rimangano odori sgradevoli dell’estrazione appena conclusa.”
Dopo circa 4 minuti inizia l’erogazione vera e propria e al contrario di quello che generalmente si è abituati a casa, non si sente il tipico borbottio: il liquido fuoriesce dalla canula lento, senza bolle scoppiettanti e intanto Masala passa un cucchiaino per miscelare il tutto. “Lo scopo è quello di ottenere un’estrazione lenta e naturale”.
La prima tazzina è pronta, decantata prima in una caraffa di vetro, intensa, chiaramente da gustare senza zucchero. Ancora più gradevole via via che si raffredda, con delle punte acide.
Ci sono tante caffetterie che usano la moka al loro interno oggi
“Si sono stato a Milano e altre città nella quale le caffetterie offrono questo tipo di estrazione, ho assaggiato delle tazze interessanti. Penso che sia bellissimo e che si possa replicare anche in tempi più brevi grazie ai piani a induzione.
“La fonte di calore è l’aspetto che maggiormente da difficoltà. Aldilà della scelta del caffè è opportuno conoscere la fonte di calore scelta o comunque fare delle prove per evitare di sbagliare il grado di temperatura.”
Intanto Masala si appresta alla preparazione di un secondo giro, stavolta con la monorigine del Guatemala, una scelta piuttosto insolita rispetto alla tradizione legata a questa caffettiera. Stavolta osa e non posiziona alcun filtro di carta, per cercare di notare eventuali differenze nel risultato finale.
Stesse proporzioni rispettate anche in questo caso: “Solitamente la regola del 10% è quella da cui partire sempre per poi eventualmente modificare facendo diverse prove.”
Masala, a casa che moka ha?
“Una my moka Pedrini a induzione, una Bialetti classica che non può mancare nelle case degli italiani e una da 12 tazze da sfoggiare durante le festività e reunion familiari e ultimo acquisto una E&B Lab tutta da provare e testare”
Ma qual è il miglior caffè in moka che ha mai assaggiato?
Masala si gira verso la porta sorridente, dove sono appesi una miriade di monorigine e specialty ma un sacchetto in particolare è rimasto impresso, un marchio che nella community è già ben noto: Ditta Artigianale, Finca El Diviso Colombia. “Una buona spesa per questi 250 grammi: non so se è stata la mia competenza o la materia prima di estrema qualità, ma ho sentito in tazza tutto ciò che avevo avvertito già nel sacchetto. Era perfetto, un prufumo e un gusto incredibile a dimostrazione del fatto che la moka si sposa bene anche con gli specialty. Almeno per me: poi tutto dipende sempre dai gusti personali.”
I ragazzi a cui insegni a fare la moka, come reagiscono?
“Chi viene a scuola di solito cerca lavoro ed è spesso alle prime armi, quindi fanno dei corsi di caffetteria base. Chi segue lezioni di brewing si trova già in fase avanzata e quindi non rimane così stranito dalla moka usata in questo modo. Però mi piace dare il benvenuto a ogni inizio lezione con un metodo di estrazione alternativo diverso. Così gli mostro con leggerezza al di fuori del programma vero e proprio, un mondo insolito, oltre l’espresso.”
E più avanti cosa vorrebbe fare?
“Mi piacerebbe continuare sulla via delle competizioni e provare qualcosa di differente: magari con la categoria di cup tasters o il brewing, un po’ la prosecuzione naturale della moka volendo.
Avendo partecipato a tutte le maggiori competizioni organizzate da diversi enti – Campionato italiano di latte art, circuito Sca, Espresso Italiano Champion, circuito Iei, Gran premio della caffetteria e moka challenge, circuito Aicaf -, posso dire che sono tutte esperienze fantastiche e il livello dei competitor è sempre elevatissimo. Non c’è un circuito più semplice dell’altro.
Altri progetti per questo anno? Sicuramente continuare sulla via della formazione e consulenza, trasmettere tutta la mia esperienza è quello che più mi appassiona. Il caffè a nome mio è un metodo di comunicazione molto valido quindi è un progetto che sicuramente porterò avanti, sarebbe bello poterlo servire in tanti modi magari in un piccolo corner dove si respira aria di cultura e caffè di qualità. Le idee ci sono magari da sviluppare un po’ per volta.”
Mentre sentiamo al palato il Guatemala, più delicato rispetto alla prima tazzina, il messaggio con cui Masala vuole chiudere l’esperienza:
“Vorrei espandere il concetto di moka a livello nazionale e mi piacerebbe che la competizione si possa aprire a questo metodo legato alla filosofia di ospitalità, di gara, di condivisione e mise en place, magari entrando a far parte del circuito brewing. Adoro la moka perché consente di chiacchierare con il prossimo.
Io sono un maestro del caffè per l’Accademia italiana del caffè, ma lo studio iniziale è partito con Sca (introduction, barista skills, sensory e brewing) e poi è seguita la patente di assaggiatore con lo Iiac: sono tutti percorsi fondamentali che un operatore deve conoscere soprattutto per potersi poi confrontare con altri professionisti anche in gara.”