giovedì 19 Dicembre 2024
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Francesco Giordano si aggiunge al coro: “C’è molta ignoranza nel settore a tutti i livelli dal torrefattore al consumatore finale”

Francesco Giordano: "Iniziate oggi, rimandate indietro quel caffè scadente, fate caso a quanto sia sporca la campana, dite al barista che la tazzina così bollente non serve assolutamente a niente, che la macchina a leva è la Fiat 127 delle macchine espresso e che quel caffè così ristretto, così scuro è come una pizza bruciata. La deve rifare o meglio ancora deve cambiare fornitore. Pretendete di più. Il caffè lo merita, e anche voi”

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Dall’aprile del 2022 Francesco Giordano ricopre il ruolo di general manager della torrefazione campana, dove è approdato dopo oltre vent’anni di esperienza al servizio di primari brand italiani del food&beverage e del caffè, esperto di mercati internazionali, Stati Uniti in particolare, dove ha vissuto dieci anni.

Commenta così – nell’articolo pubblicato il 17 dicembre dal suo profilo LinkedIN – il servizio sul caffè andato in onda nella puntata di domenica 15 dicembre della trasmissione REPORT.

Il caffè italiano, Report e il segreto di Pulcinella

di Francesco Giordano

“Ci sarebbe così tanto da dire su questa ultima puntata di Report sul caffè che un post non basterebbe.

Certo, Report mostra solo un aspetto del mondo del caffè italiano (il più brutto) ma mette a nudo una cosa innegabile quanto eclatante: c’è molta ignoranza nel settore a tutti i livelli dal torrefattore al consumatore finale. Ci sono regole igieniche non rispettate in molti bar da nord a sud e pratiche commerciali opache in tutta Italia.

Già, perché quello che tutti sanno ma che nessuno vuole dire – nemmeno Report – è che il mercato del caffè è condizionato da un sistema di finanziamenti che lega a doppio filo i bar ai torrefattori.

In Italia esistono circa 150.000 bar, e c’è un motivo per cui sono così tanti: la maggior parte di questi è stata aperta grazie a finanziamenti provenienti dalle torrefazioni. E’ tutto legale certo. Ma un bar che sceglie il caffè in base alla cifra che riceve è interessato a una pratica finanziaria semplificata più che alla somministrazione di un prodotto di qualità ai propri clienti.

Un torrefattore che chiude un contratto (in alcuni casi capestro) con un bar grazie al finanziamento, lega il suo cliente né più né meno di come una banca tiene legati i propri clienti ad un mutuo.

Il caffè in questa pratica è uno strumento più che un prodotto. Il primario interesse diventa massimizzare lo spread, e quindi vendere il caffè al prezzo più alto possibile pagando la materia prima il meno possibile in modo da poter recuperare quanto prima il proprio investimento. un circolo vizioso che spinge la qualità verso il basso.

Infatti in questo scenario vanno più che bene i caffè difettati, che costano meno, ci penserà la tostatura scura a coprire la maggior parte dei difetti.

Va bene non fare formazione che è prima di tutto un costo ma soprattutto che genera consapevolezza, tanto il cliente ha firmato per 5 anni e non può uscirsene se non pagando penali che in molti casi non può permettersi.

Va bene la macchina a leva che ha una tecnologia vecchia 40 anni, consuma più energia, e richiede una dose di caffè più alta e una manutenzione più bassa ma è anche una delle poche macchine in commercio che fa il caffè con la stessa acqua che ha stagnato in caldaia per tutta la notte.

Se dopo un caffè vi fa male la pancia non è una nuova intolleranza ma solo una normale reazione del vostro corpo a un prodotto scadente.

Quindi, non sono i bar napoletani ad aver inquinato il mondo del caffè ma tutti quei torrefattori che hanno spostato il loro focus dalla materia prima alla erogazione di servizi finanziari. Esiste in Italia un’intera filiera che ha privilegiato il finanziamento alla qualità e fanno sorridere le spiegazioni fantasiose o gli arrampicamenti sugli specchi di chi si sente attaccato.

Giordano: “Chi è di questo settore non si può sorprendere della scarsa qualità in tazza. Sa perfettamente da dove arriva”.

Giordano aggiunge: “Negli ultimi 15 anni tutti i prodotti marcatamente italiani hanno fatto grandi passi verso una qualità alta. Basti pensare alla pizza, ormai se non ti spiegano quante ore di lievitazione ha fatto e da dove proviene il pomodoro che è stato utilizzato non è considerata commestibile; la pasta, ormai anche le più grandi aziende si sono ricostruite una reputazione e dopo anni di teflon e importazione di grano al glifosato ora usano la trafila al bronzo e solo grano italiano, l’olio di oliva monocultivar, Dop e olive solo provenienti da colline illuminate dal sole mentre dei bambini cantano le canzoncine nei prati che li circondano…

Il caffè no, il caffè è rimasto al palo, tranne qualche timido tentativo, o qualche pecora bianca che fa il proprio mestiere appassionandosi alla materia prima, il caffè servito nella maggior parte dei bar italiani è scarso, è scadente e quando anche è scelto bene viene rovinato da estrazioni fatte con approssimazione e sciatteria.

I torrefattori non cambieranno, i bar non cambieranno, le pratiche di finanziamento sono troppo redditizie per entrambi, i virtuosi sono ancora troppo pochi.

Il cambiamento può arrivare solo dai consumatori, da una maggiore consapevolezza e da una domanda di qualità.

E allora, ben venga un servizio come quello di Report, che accende i riflettori sul lato peggiore del caffè italiano e stimola un po’ di coscienza critica.

Quindi, se già passate il tempo a scegliere tra le uova allevate a terra o all’aperto, se preferite il burro chiarificato a quello del parmigiano reggiano, alternate le alici di Cetara a quelle del cantabrico, esigete la trafila al bronzo, il pomodoro del piennolo, il fiordilatte di Agerola e “io il pistacchio solo se è di Bronte” perché non dare al caffè la stessa attenzione?

Iniziate oggi, rimandate indietro quel caffè scadente, fate caso a quanto sia sporca la campana, dite al barista che la tazzina così bollente non serve assolutamente a niente, che la macchina a leva è la Fiat 127 delle macchine espresso e che quel caffè così ristretto, così scuro è come una pizza bruciata. La deve rifare o meglio ancora deve cambiare fornitore. Pretendete di più. Il caffè lo merita, e anche voi”.

                                                                                                 Francesco Giordano

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