domenica 22 Dicembre 2024
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Fondazione Lavazza è con la Terra: avanti la sostenibilità nei Paesi d’origine

Fondazione Lavazza si impegna a realizzare uno tra i più significativi progetti di sostenibilità del settore: il “garden coffee”. Un modello di piantagione che evita l’avanzare della deforestazione sostenendo l’imprenditorialità dei piccoli produttori: i “giardini” sorgono nelle vicinanze delle abitazioni, nelle aree di transizione tra zone abitate e foreste. E prevedono la piantumazione di alberi da frutto che creano l’ombra necessaria alle piantine di caffè.

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MILANO – Mercoledì 22 aprile il pianeta Terra ha compiuto gli anni durante la cinquantesima Giornata mondiale dedicata proprio alla sua celebrazione. Parola d’ordine per questo 2020: sostenibilità. Il rispetto per l’ambiente passa anche per il sostegno per una filiera produttivo più attenta e responsabile. In questi termini di è mossa anche la Fondazione Lavazza, che si è impegnata a intervenire su alcuni Paesi d’origine del chicco. Leggiamo i dettagli da repubblica.it.

Fondazione Lavazza sostiene la Terra dalle origini

Quello della protezione delle foreste è un tema centrale per ogni specie del pianeta, che quindi necessita di interventi urgenti da parte di tutti, per prime le aziende che operano nella filiera alimentare su scala globale. Nella Giornata Mondiale della Terra, il pensiero va a una delle coltivazioni più apprezzate e richieste, emblematica della cultura italiana, quella del caffè. Prodotto amato e consumato praticamente in ogni parte del pianeta.

La crescente sensibilità verso i temi ambientali e di sviluppo sociale ha portato il mondo del caffè all’implementazione di buone pratiche agricole, salvaguardia del terreno e azioni per mitigare il cambiamento climatico. Proteggendo in parallelo il mantenimento degli equilibri dell’ecosistema, di cui la deforestazione è uno dei pericoli più evidenti.

Tra i più significativi progetti di sostenibilità del settore c’è quello dei “garden coffee”

Un modello di piantagione che evita l’avanzare della deforestazione sostenendo l’imprenditorialità dei piccoli produttori: i “giardini” sorgono nelle vicinanze delle abitazioni, nelle aree di transizione tra zone abitate e foreste. E prevedono la piantumazione di alberi da frutto che creano l’ombra necessaria alle piantine di caffè.

In questo modo, i contadini non solo hanno a disposizione uno spazio piu adatto alla coltivazione della pianta di caffè. Ma diventano produttori anche di altri frutti, favorendo la diversificazione della produzione, e di conseguenza, dell’economia della comunità.

Tra i maggiori fautori dell’iniziativa c’è la Fondazione Lavazza

Che oggi supporta e finanzia, sia autonomamente che attraverso collaborazioni pubbliche e private, 24 progetti in 17 paesi in 3 continenti, a beneficio di oltre 97.000 coltivatori di caffè, intensificando, tra gli altri, lo sviluppo di progetti a sostegno proprio della riforestazione.

In partnership con organizzazioni non governative e istituzioni di profilo internazionale, la Fondazione è attiva su questo fronte in Etiopia e Perù

Con iniziative dedicate, e a Cuba, Haiti, Repubblica Dominicana, Colombia con progetti che includono azioni di piantumazione, che hanno portato alla vita oltre 15 milioni di piante di caffè negli ultimi 5 anni.

“Nel celebrare la Giornata Mondiale della Terra confermiamo come la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità siano centrali nel percorso avviato dal Gruppo Lavazza per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030.

Un percorso guidato da un profondo senso di responsabilità nei confronti di tutti i nostri interlocutori chiave. Fra i quali spiccano le comunità locali nei paesi produttori di caffè”, spiega Mario Cerutti, Chief Institutional Relations & Sustainability Officer di Lavazza.

“Con la Fondazione Lavazza, stiamo intensificando quei progetti di riforestazione che hanno un impatto positivo sulle persone e l’ambiente e che rispondono a tre dei quattro Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per noi prioritari: lavoro dignitoso e crescita economica, consumo e produzione responsabile, lotta al cambiamento climatico”.

I progetti in corso sono suddivisi su un orizzonte temporale triennale

E studiati per avere un impatto di lungo periodo, con benefici sia per l’ambiente che per le condizioni socioeconomiche dei contadini. Declinati inoltre su base locale per supportare le specifiche esigenze di ogni territorio.

In Etiopia, il maggiore produttore di caffè del continente africano, la Fondazione Lavazza sostiene un progetto triennale di caffè a “deforestazione zero”. Iniziato nel 2019 nella Riserva della Biosfera Unesco di Yayu, nella regione di Oromia. E sviluppato in partnership con la Fondazione Hanns R. Neumann e con la International Climate Initiative del Ministero tedesco dell’Ambiente.

Quest’area è considerata un hotspot della biodiversità dell’ecosistema montano africano e un punto di riferimento genetico per il caffè Arabica nel mondo. Elementi che fanno sì che la riserva svolga un ruolo significativo come National Forest Priority Area nella protezione delle risorse naturali e culturali del continente.

L’obiettivo dell’iniziativa è sviluppare, testare e diffondere un modello scalabile di coltivazione di “garden coffee”

Che aiuti a migliorare la situazione socioeconomica di 3.000 famiglie di coltivatori; riducendo l’avanzare della deforestazione e contribuendo alla protezione degli alberi e al ripristino del paesaggio forestale, nonché, di conseguenza, all’assorbimento della CO2.

Nel solo 2019 sono state messe a dimora 29.000 piante. Tra gli obiettivi c’è anche la formazione per più di 2.000 produttori sulle buone pratiche agricole, per una maggiore resilienza ai cambiamenti climatici e la tutela del patrimonio forestale. “Il caffè – continua Cerutti – è un prodotto della terra e come la terra è minacciato dai cambiamenti climatici.

Anche in questo momento storico, non possiamo dimenticare che l’instabilità delle condizioni climatiche sta mettendo a repentaglio la disponibilità del caffè di alta qualità

Se non si continua ad agire per contrastare questo fenomeno, milioni di ettari rischiano di sparire in pochi decenni così come milioni di produttori di perdere la loro fonte di sussistenza, trovandosi costretti a migrare.

Non è solo la Terra a offrirci il caffè, ma anche i milioni di contadini sparsi in più di 30 Paesi: con loro, il Gruppo Lavazza vuole collaborare per contrastare gli effetti del cambiamento climatico; promuovere buone pratiche agricole e supportare uno sviluppo sociale sostenibile”.

Altra importante iniziativa avviata dalla Fondazione riguarda il Perù e la sua noce amazzonica

Risorsa per le comunità locali e respiro per il pianeta. In Perù, la Fondazione Lavazza ha infatti deciso di supportare il Cesvi, ong da oltre 20 anni attiva con progetti specifici nel cuore della foresta amazzonica.

Il progetto sostenuto dalla Fondazione, portato avanti dalla ong insieme al Ministero dell’Ambiente peruviano e alle comunità locali e indigene, ha già consentito la salvaguardia di 36.000 ettari di foresta amazzonica. In una zona fino allo scorso anno martoriata dagli incendi e dalla deforestazione.

I progetti riguardano, in particolare, gli indigeni e una pianta dalle incredibili proprietà, la noce amazzonica, appunto

Tutti siamo consapevoli dell’importanza di rispettare e salvaguardare la cultura, lo spazio vitale e l’incolumità delle antiche popolazioni locali ma forse non tutti conosciamo le proprietà della noce amazzonica (Bertholletia excelsa), risorsa ambientale preziosissima per l’ambiente: l’albero può infatti crescere fino a 50 metri di altezza, vivere fino a 700 anni e immagazzinare circa 64.000 kg di CO2 nel corso della propria vita.

Relativamente agli indigeni, l’obiettivo è quello di creare un presidio diretto da parte delle comunità locali, che diventano così i guardiani della foresta. Mentre il secondo punto mira alla piantumazione di nuove piante di noce amazzonica nelle aree già degradate della foresta. Mettendole a disposizione delle comunità locali indigene che in queste trovino una nuova fonte di reddito.

Il progetto ha anche una forte componente sociale

Perché promuove la raccolta, la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti naturali locali -la noce amazzonica, appunto, e la piantumazione di alberi da frutta – che possono rappresentare sia una fonte di autoconsumo per le comunità indigene che un’opportunità di introito economico per tutti.

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