ROMA – Che buona idea sarebbe il cappuccino al cetriolo. Tanto ormai, al bancone del bar, la fantasia anzi l’impazzimento si scatena.
Non c’è più il semplice cappuccino («Mi fa un cappuccino, per favore?») e il normalissimo caffè («Vorrei un caffè»). Macché.
Si va dal caffè con curcuma, cannella e cacao («Non troppo caldo e non troppo freddo, mi raccomando») al cappuccino vegano con latte senza lattosio; dall’americano semi-schiumato già zuccherato ma non troppo con goccia di latte ma «che sia di capra, eh…») allo schiumato freddo, che naturalmente è impossibile.
Ma a quel punto scatta la protesta contro il cameriere: «Guardi, io a casa ho una macchinetta che me lo fa!».
E il barista dovrebbe rispondere: «E se lo faccia a casa!».
E il marocchino che non dev’essere un marocchino e basta ma «aggiunga un cucchiaino di panna di soia e un po’ di acqua tiepida alla cannella»?.
C’è chi lo vuole caldo ma macchiato freddo e chi freddo ma macchiato caldo. Chi al vetro scuro con poco latte e chi al vetro scuro con più caffè.
Chi doppio caffè in tazza piccola e chi mezzo caffè in tazza grande, «ma no, credevo fosse più grande, me lo rifà allora in tazza media?».
Ma anche ristretto ma che non sia eccessivamente ristretto.
C’è chi lungo ma senza esagerare e qualcuno comincia a chiederlo così: «Vorrei un caffè finto lungo”.
E il ginseng non è un ginseng. Dev’essere «un tantino schiumato» alla nocciola o schiumatissimo al miele (d’acacia?»).
Leonardo Sciascia
Leonardo Sciascia diceva: «Che bello il tempo in cui l’idiozia era semplice».
Mario Ajello