Francesco Sanapo ha vinto tre volte il titolo italiano di caffetteria, ora ha un locale in centro. Solo miscele selezionate, i chicchi vengono tostati in proprio. Attenzione all’acqua e al latte
di GIUSEPPE CALABRESE*
FIRENZE – Il coffee bar del campione dove l’espresso è una cosa seria«Un caffè per favore». Chissà quante volte abbiamo detto questa frase. Magari aggiungendo pure «me lo fa in tazza grande?» o piuttosto «me lo macchia?». Un rito inconsapevole.
Si va al bar, si ordina, si beve e si esce. Senza sapere nemmeno cosa c’è nella tazzina. Abitudine. Routine. Eppure quel liquido scuro e amaro che buttiamo giù velocemente ha una storia da raccontare, molto più complessa di quanto immaginiamo. Una storia che Francesco Sanapo, tre volte campione italiano di caffetteria, ha deciso di raccontare a modo suo.
Il suo luogo dell’anima è un coffee bar in via de’ Neri, il primo in Italia interamente dedicato al caffè di qualità. Una bottega 2.0 che fonde artigianalità e modernità, con un tocco di civetteria vintage come il giradischi e la collezione di vinili. Si chiama Ditta Artigianale e ha come mission aziendale quella di fare cultura del caffè.
Ci ha messo cinque anni Francesco per dare forma al suo sogno, e c’è riuscito grazie alla collaborazione e al sostegno di Patrick Hoffer, presidente della caffè Corsini. Insieme hanno aperto questo spazio che coniuga il rispetto dello spirito italiano a una visione internazionale. «Siamo artigiani del cafgfè in epoca moderna – spiega Francesco aperti agli stimoli del mondo».
Qui arriva solo caffè selezionato da piccole aziende del Sudamerica. Una quindicina di tipologie l’anno, scelte personalmente da Francesco. «Vado, assaggio, e quando trovo il caffè che mi piace incontro i produttori». Il resto della filiera se la fa da solo.
Il caffè arriva in chicchi e viene torrefatto in proprio «grazie a una piccola macchina per tostare il caffè che ha prodotto per noi Brambati ». La legge italiana dà due mesi di scadenza per il caffè tostato, «noi al massimo uno». Tutto viene fatto con la massima attenzione per esaltare la qualità del caffè.
Non solo viene pesata la polvere ogni volta che viene fatto il caffè, ma anche il liquido che esce dalla macchina. «Tutto deve essere perfetto. Non siamo velocissimi, chi viene a prende il caffè da noi non deve avere fretta, ma quello che beve da noi non lo trova da un’altra parte».
Alla Ditta Artigianale il caffè costa un po’ di più (1,50 euro), ma ne vale la pena. E poi vedere Francesco che armeggia con le sue macchine è uno spettacolo. Oltre a quella classica, fornita da un’altra azienda fiorentina, la Marzocco, qui si fa il caffè con l’aeropress, con il V60 per il Drim Coffee (filtro) o con il syphon (infusione).
Perfino l’acqua viene demineralizzata e rimineralizzata a secondo della durezza che si vuole ottenere in base alla polvere che si usa. Sciena in tazzina. «Nasciamo come micro torrefazione artigianale e vogliamo, attraverso la nostra esperienza, dare nuova luce al caffè italiano, spingendo il consumatore a una maggiore consapevolezza e rispetto per il contenuto della tazzina».
Non solo, a Sanapo piacerebbe anche creare un gruppo di baristi decisi a dare nuovo slancio al coffee break. «Basta bere il caffè come una medicina, dobbiamo dedicare più tempo alla degustazione».
Naturalmente anche il cappuccino al bancone di Sanapo entra in un’altra dimensione. «Utilizziamo il latte del Palagiaccio e stiamo studiando come ottenerne uno più dolce per esaltare ancora di più il cappuccino. Inoltre usiamo lattiere monoporzione perché scaldiamo il latte una volta sola, e mai oltre i 58 gradi altrimenti la caseina si attacca allo stomaco».
Insomma, staresti ad ascoltarlo tutto il giorno, il suo entusiasmo e la sua passione sono contagiosi. E aprono un mondo (diciamolo) sconosciuto.
Ma Ditta Artigianale non è solo caffè. La sera si trasforma in un Gin Bar, con circa cinquanta etichette diverse, sette tipi di tonica (la usa anche per preparare una bevanda a base di caffè che pare piaccia molto ai ragazzi) e un’offerta di tapas.