ROMA – C’è un duro braccio di ferro in corso tra gli esercenti dei bar e la pubblica amministrazione che, attraverso il Consip, gestisce l’erogazione dei buoni pasto. Così succede che, per esempio, a Milano i bar hanno detto stop ai buoni pasto in pausa pranzo. Il motivo? «Commissioni troppo alte», dicono. E alle percentuali trattenute sul buono si aggiunge anche il canone per il pos e un costo per ogni singola transazione.
«Per evitare di perderci devo offrire un piatto che valga quello che è il reale incasso che prendo da chi paga col ticket. – ha spiegato a Il Corriere della Sera il titolare di un bar – È un meccanismo che subiamo in modo irreversibile: ci sono società come Pellegrini che chiedono solo il 7%, ma altre, come Sodexo o EdenRed che tra costi fissi e variabili prendono più del doppio. E il trend è quello. Nel nostro settore in questo momento tutti, dal governo in giù, stanno cercando di dare una mano perché il sistema riparta. Sarebbe il momento anche per le società che emettono buoni pasto di dare un segnale».
Sull’argomento è intervenuta la Fipe. Secondo la Federazione italiana dei pubblici esercizi, mentre bar e ristoranti subivano pesanti restrizioni dovuti alle misure di contrasto della pandemia con effetti devastanti sull’occupazione e sui fatturati che in migliaia di casi hanno anche portato alla definitiva chiusura delle stesse imprese, Consip, la centrale di acquisto della pubblica amministrazione, aggiudicava i primi 12 lotti per l’ennesima gara, la numero nove, per l’acquisto dei buoni pasto a favore dei dipendenti pubblici del valore di oltre 1,1 miliardi di euro.
L’acquisto dei buoni pasto e la tassa occulta
Il bando di gara è stato costruito ancora una volta con l’obiettivo di massimizzare i vantaggi per la stazione appaltante, e dunque per lo Stato, ben sapendo che per le “perverse” norme che regolano questo mercato quei vantaggi sarebbero stati pagati integralmente dagli esercizi che permettono ai lavoratori di utilizzare i buoni per avere un pasto durante la pausa pranzo.
In definitiva il risparmio preteso da Consip si è tramutato in una sorta di tassa occulta per gli esercizi di ristorazione e commerciali del valore complessivo di 190 milioni di euro.
In alcuni lotti della gara lo sconto ottenuto per aggiudicare la gara e di conseguenza la commissione a carico degli esercizi convenzionati ha addirittura sfiorato il 20%. È il caso del Lazio dove Consip ha aggiudicato i 256 milioni di euro messi a gara ottenendo uno sconto di 42 milioni di euro.
Tutto questo – dice ancora la Fipe – è inaccettabile. bar, ristoranti ed esercizi commerciali sono anni che denunciano questo stato di cose senza alcun risultato significativo.
È necessario invertire fin da subito la rotta facendo si che la prossima gara Consip, la numero dieci, che verrà bandita nel corso di quest’anno venga aggiudicata con sconti notevolmente inferiori per passare poi ad una vera e propria riforma del sistema che sottragga i buoni pasto al meccanismo della gara sul valore nominale (valore facciale) come avviene negli altri Paesi europei.
Insomma un buono pasto di 10 euro deve essere rimborsato per un valore di 10 euro e non di 8 euro come accade ora.
Sull’argomento proprio la Fipe ha organizzato una conferenza stampa dal titolo “I buoni potrebbero non essere più ‘buoni'”. L’incontro si terrà martedì 17 maggio Ore 11 Sala Cerroni, Fipe-Confcommercio aPiazza G. G. Belli 2 a Roma.
Avremo modo di riparlarne.