ROMA – A illustrare lo stato di salute del comparto ci ha pensato l’ufficio studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, nel suo tradizionale rapporto annuale, realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab, presentato a Roma alla presenza del presidente Lino Enrico Stoppani e di Romina Mura, presidente della Commissione Lavoro della camera dei deputati.
La tempesta perfetta che da oltre due anni si sta abbattendo sui pubblici esercizi non accenna a placarsi: mentre le restrizioni imposte per il contenimento della pandemia stanno ancora facendo sentire i loro effetti, l’improvviso e perdurante rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia sta determinando una incertezza crescente tra gli imprenditori. Quello che doveva essere l’anno della ripartenza, il 2021, ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese, i cui fatturati sono cresciuti, mai però più del 10%. Per il 73% degli imprenditori, invece, il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi. Gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalente al 27,9%.
Naturale conseguenza di questa dinamica, e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato attorno al settore, è stata la scomparsa di 194mila posti di lavoro rispetto al periodo pre-covid.
Fipe fotografa il comparto
Dopo l’emergenza Covid, l’impennata dei costi di materie prime ed energia paralizza il settore: l’87% degli imprenditori ha registrato un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari.
Rimangono tuttavia contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: nel febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.
L’impennata dei costi di gestione incide però sulle previsioni di crescita, con il 62% delle imprese che ritiene verosimile un ritorno ai livelli pre-crisi solo nel 2023. Incertezza che si acuisce a causa della minore propensione degli italiani a spendere in bar e ristoranti dovuta principalmente, secondo il 43% degli imprenditori, agli effetti del carovita e al perdurare di un indice di fiducia negativo.
Focus di Fipe-Confcommercio e Format Research sul Green Pass
Il 72% delle imprese ha dovuto registrare qualche inconveniente, in particolare per la richiesta di esibizione del certificato. Imprese attente ai controlli: quasi irrilevante il numero di imprese sanzionate per non aver chiesto il certificato verde ai clienti (solo lo 0,8% è stata multata per l’omissione, a fronte di controlli estesi a oltre il 55% dei pubblici esercizi italiani).
Per il secondo anno consecutivo si conferma la forte frenata della nascita di nuove imprese, 8.942 nel 2021, a fronte di un’impennata delle cessazioni di attività, 23mila. Tra 2020 e 2021 le imprese che hanno chiuso i battenti sono oltre 45mila. Per l’86% delle imprese il fatturato nel 2021 è ancora al di sotto dei livelli del 2019. Nel 2021 i consumi si sono ulteriormente ridotti di 24 miliardi di euro rispetto al 2019.
Il lavoro resta l’emergenza più grave generata dal Covid: 193mila occupati in meno rispetto al 2019 e il 21% delle imprese lamenta di aver perso manodopera professionalizzata e formata. Per 4 imprenditori su dieci mancano candidati e competenze adeguate.“La fotografia scattata attraverso il nostro rapporto – sottolinea il presidente Stoppani – si arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità.
Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina
Sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia e sia per l’effetto domino sui flussi turistici, linfa vitale per il nostro settore. Stante così la situazione non è più rinviabile l’eliminazione delle misure restrittive adottate in Italia per mitigare la pandemia.
Misure che oggi, grazie ai vaccini, possiamo e dobbiamo cancellare, anche per ricostruire un clima di fiducia in grado di riavviare i consumi in forte sofferenza. Alle emergenze prezzi e consumi se ne aggiunge una terza, l’occupazione. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività ed attrattività. Senza produttività non si fanno investimenti, non si attraggono capitali e non si remunera meglio il lavoro. E senza attrattività non si investe nelle sue professioni, creando i problemi di reperimento del personale che le aziende denunciano. Ma quello che manca è una vera politica di settore che ne riconosca il valore per lo sviluppo del Paese. Su questo obiettivo concentreremo la nostra iniziativa e il nostro impegno.”
Il dettaglio sui bar