ROMA – La circolare con cui il Ministero dell’Interno interpreta la possibilità di consumo al banco prevista dal DL “Riaperture”, non dà certo la risposta che chiedono e meritano le decine di migliaia di bar e locali che si vedono messi ulteriormente in difficoltà proprio nel momento in cui si parla di riaperture. La circolare introduce una limitazione ulteriore che non esiste nel DPCM del 2 marzo u.s., al quale l’ultimo decreto fa riferimento, introducendo una penalizzante restrizione e ulteriore caos interpretativo.
Il consumo al banco, regolato dai protocolli su distanziamento e capienza degli esercizi, permette in molti casi di snellire il servizio evitando assembramenti all’esterno ed è l’unica modalità di lavoro per numerosissime attività che non dispongono di spazi esterni. Oltre alla questione dell’importanza di regole chiare e sensate per garantire l’ordine pubblico e la legalità, vi è anche un tema non secondario di sopravvivenza delle imprese.
“Viene chiamato DL Riaperture – dichiara Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe-Confcommercio – e poi invece si trovano sempre nuovi fantasiosi modi per restringere la possibilità alle nostre imprese di lavorare bene. Le imprese sono esauste e i cittadini sempre meno attenti a seguire regole che cambiano senza senso.
Secondo l’interpretazione del Ministero dell’Interno, per i bar al 26 aprile le misure restrittive sono addirittura peggiori di quelle che per mesi hanno adottato in zona gialla, perfino quando di vaccini non c’era traccia.
Oggi, con oltre 17 milioni di somministrazioni vaccinali e 4 milioni di persone guarite dal Covid, si impedisce di effettuare il consumo al banco e lo si fa con un’interpretazione ministeriale.
È una mancanza di rispetto e un danno secco verso 130 mila imprese che hanno già pagato un prezzo altissimo per le misure di contenimento della pandemia, senza alcun beneficio evidente sul piano sanitario. Per questo chiediamo al più presto un intervento del MISE.”
In serata la Fipe ha emesso un ulteriore comunicato
«Si chiudono i pubblici esercizi ma il virus circola altrove»
ROMA – “Da mesi dinanzi ai contagi che crescono denunciamo l’inefficacia di misure di contrasto della pandemia che hanno un unico leit motiv: la chiusura dei pubblici esercizi.
Oggi abbiamo appreso che da un’operazione condotta dai Nas in un migliaio di imprese mai sottoposte a misure restrittive in tutta Italia emerge che il Covid-19 circola abbondantemente in questi luoghi frequentati ogni giorno da milioni di persone. In poche parole, si è scoperta l’acqua calda”.
Così Aldo Cursano, vice presidente vicario di Fipe Confcommercio, Federazione italiana dei Pubblici esercizi.
“È ora di abbandonare la politica delle chiusure – aggiunge la Federazione – e concentrarsi sui controlli che vanno estesi e rafforzati a tutte le attività perché se si rispettano i protocolli tutti possono lavorare in sicurezza.
È inaccettabile che dinanzi alla circolazione del virus si utilizzino le nostre attività come capro espiatorio per dire che si sta facendo tutto il possibile, mentre non è affatto così”.