ROMA – L’IVA, a dispetto del nome che porta (imposta sul valore aggiunto) potrebbe trasformarsi in una seria minaccia per tutto il turismo in Europa.
Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi rende noti i risultati dell’ultimo studio condotto da Hotrec, l’Associazione che rappresenta il settore dei servizi ricettivi e di ristorazione su scala continentale, secondo cui, in seguito all’aumentata pressione fiscale, la quota di arrivi turistici in Europa è scesa dal 60% al 51% tra il 1990 e il 2015.
“Lo studio di Hotrec, conferma ulteriormente il fatto che l’ipotesi del Governo italiano di portare l’IVA dal 10% al 13% nell’ambito della legge di stabilità si conferma una soluzione che non farà che minare il nostro settore, già duramente colpito dalla pressione fiscale – è il commento di Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe -.
Accogliamo pertanto con favore questa nuova indagine e i risultati emersi, sperando possa fornire un importante contributo al dibattito in corso sul sistema di tassazione nel turismo e in particolare per quanto riguarda i pubblici esercizi che Fipe rappresenta.
Come ribadito da UNWTO, l’organizzazione mondiale del turismo, tutte le politiche in materia dovrebbero essere attentamente valutate e monitorate, tenendo conto delle specificità dei vari mercati”.
Entrando nel merito dei dati, lo studio Hotrec dimostra quanto l’applicazione e il mantenimento dell’IVA a livelli bassi sul lungo periodo sia importante per la creazione di nuovi posti di lavoro, per gli investimenti e la crescita del settore, promuovendo la competitività delle aziende e facendo dell’Europa una meta appetibile per i flussi turistici.
A questo proposito il Vecchio Continente si pone al secondo posto per i ricavi ottenuti dal turismo internazionale con 366,6 miliardi di euro (subito dopo l’Asia e la regione del Pacifico), ma con cifre che aumentano ad un livello inferiore rispetto al resto del mondo, rispettivamente dell’1,5% nel 2012 e 3,4% nel 2015 contro il 4,3% e il 4,4% registrati su scala globale.
L’indagine conferma che bassi livelli di IVA contribuiscono a sostenere il settore in un’industria che ha creato 2,5 milioni di posti di lavoro nell’ultimo decennio (con una crescita del 29% rispetto al 7,1% riscontrato a livello generale), aiutando gli investimenti per sviluppare un’offerta sempre più sostenibile e di qualità.
“Lo studio ribadisce che il settore dei servizi ricettivi e di ristorazione è per la maggior parte costituito da piccole e medie imprese, ben due milioni, di cui il 91% sono microimprese – prosegue Stoppani -.
Un universo imprenditoriale che in Italia costituisce un modello di eccellenza e qualità che deve essere il più possibile supportato e non diventare oggetto di provvedimenti fiscali sempre più stringenti.
Tenendo conto del fatto che il nostro Paese figura ai primissimi posti in Europa per la pressione fiscale, ribadiamo la nostra totale contrarietà ad una scelta sconsiderata che porterà solo ad una contrazione dei consumi con ripercussioni potenzialmente devastanti per tutto il nostro sistema”.